La sesta tappa del festival culturale Come Un’Armonia è stata dedicata alla trasposizione teatrale del libro “Noi, tre italiani”, scritto da Massimo Simonini. La regia di Mariagabriella Chinè mi aveva già preparata alle lacrime, ma la scrittura di Simonini ha dato il colpo di grazia alla mia anima ormai abituata, purtroppo, a storie di guerra.
Del primo conflitto mondiale, forse sappiamo ben poco. Io ho la fortuna di avere il diario del mio bisnonno a darmi un lascito di quello che è stato, dai conflitti all’essere stato prigioniero degli austriaci (non dirò qui come è riuscito a scappare, ma è un aneddoto che può risultare divertente).
A parte qualche romanzo, però, sono pochi gli autori che hanno reso giustizia alle giovanissime vittime. In Canada la Montgomery lo fa bene nell’ultimo capitolo dedicato alla saga di Anna Shirley: “Rilla di Ingleside”, dove Jem, Walter e Shirley partono per il fronte; il romanzo è considerato in patria il più grande tra quelli sull’argomento. Anche in Italia abbiamo una sfilza di autori meritevoli, e Simonini si aggrega a loro.
Del primo conflitto mondiale, forse sappiamo ben poco. Io ho la fortuna di avere il diario del mio bisnonno a darmi un lascito di quello che è stato, dai conflitti all’essere stato prigioniero degli austriaci (non dirò qui come è riuscito a scappare, ma è un aneddoto che può risultare divertente).
A parte qualche romanzo, però, sono pochi gli autori che hanno reso giustizia alle giovanissime vittime. In Canada la Montgomery lo fa bene nell’ultimo capitolo dedicato alla saga di Anna Shirley: “Rilla di Ingleside”, dove Jem, Walter e Shirley partono per il fronte; il romanzo è considerato in patria il più grande tra quelli sull’argomento. Anche in Italia abbiamo una sfilza di autori meritevoli, e Simonini si aggrega a loro.
Riccardo Giusto, Giovanni Coppola e Ciro Scianna rispettivamente provenienti dal Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia, sono tre giovani dalle vite diverse eppure comuni. Ragazzi semplici, di piccoli paesi; immersi tra campi e bestiame, con il grande sogno di evadere, di vedere il mondo, anche se questo vuol dire semplicemente andare nelle altre città limitrofe. Solo Ciro riesce a trascorrere del tempo negli Stati Uniti.
L’Unità d’Italia è stata combattuta dai loro nonni, dagli anziani vicini, ma loro non sanno davvero cosa significhi. Esiste solo la loro quotidianità, fatta di racconti e tradizioni popolari, con piccoli spiragli d’apertura quando si legge un giornale, almeno per i pochi che lo sanno fare. È proprio dal giornale che arrivano le notizie più disparate. La coscienza si mette in modo, la consapevolezza di essere parte di qualcosa di grande, anche se si hanno appena vent’anni e nessuna prospettiva di grandezza, è sempre più reale. Teste coronate dominano le antichissime monarchie europee, nulla sembra scalfire la calma piatta del panorama mondiale, eppure in un attimo tutto cambia.
28 giugno 1914, Sarajevo. L’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero austro-ungarico e sua moglie Sofia vengono colpiti da dei colpi d’arma da fuoco. Muoiono sul colpo.
Esattamente un mese dopo l’Impero austro-ungarico dichiara guerra al Regno di Serbia e, date le alleanza stipulate in precedenza, a scendere in campo sono anche le altre potenze europee. Con il primo troviamo l’impero tedesco e quello ottomano; con il secondo Francia, Regno Unito, l’mpero russo e giapponese e ovviamente il neonato Regno d’Italia.
Dall’Unità d’Italia sono passati appena cinquantatré anni, nessuno vuole tornare alla guerra ma allo stesso tempo tutti hanno il sentore che questa famosa Unità non si sia compiuta del tutto. Ci vorrà ancora un anno prima di arrivare al 24 maggio 1915, data che sancirà ufficialmente l’entrata in guerra dell’Italia e che vedrà per la prima volta ragazzi di tutte le regioni dello stivale l’uno accanto all’altro.
Diversi nei dialetti e nelle mentalità, si scopriranno uniti dalla voglia di tornare a casa dai propri affetti e dal primissimo germe d’orgoglio nazionale che dalle Alpi al Mediterraneo non vuole più far avanzare lo straniero. Sempre alto il tricolore, sempre alto il nome dei Savoia.
Partiranno in più di cinque milioni, seicentomila dei quali non torneranno più nelle loro case.
Numeri che sono solo numeri finché non si legge “Noi, tre italiani” e ci si addentra negli universi di chi sono stati. Riccardo, Giovanni e Ciro avevano sogni, ambizioni, amori… ancora prima sono stati bambini che hanno vissuto di giochi, fantasie, storie, risate, pianti…
La freddezza delle cifre annulla il calore delle anime, ci fa credere all’ossimoro più disumano che ci possa essere: “le guerre sono necessarie per mantenere la pace”. Una frase tremendamente manipolatoria, alla pari di “gli schiaffi sono necessari per l’educazione”.
Eppure al fronte non esistono nemici, solo ragazzi alle soglie della maturità che si sparano l’un l’altro senza sapere esattamente perché. Come Riccardo, Giovanni e Ciro così il qualsiasi ungherese o austriaco aveva la sua vita che avrebbe potuto e dovuto vivere appieno, se solo più di cent’anni fa ne avesse avuto l’occasione.
Libri come questi, che mischiano l’accuratezza storica con la delicatezza nel descrivere emozioni e sensazioni, andrebbero fatti leggere a chiunque e siamo davvero grati che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca supporti l’opera.
Per i giorni nostri, ancora pieni di conflitto con un’Italia che resta a guardare in attesa, proprio come accaduto in passato, mi viene da dire, ancora più forte: diamo una possibilità alla pace. Se non ora, quando?
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