Scrivere questa cosa, che ancora una volta non riesco a definire un articolo ma una pagina di diario, mi costa un coraggio immenso e so che probabilmente si porterà dietro una scia di critiche e scetticismo; in molti non hanno la più pallida idea di tutte le cose che sto per scrivere e per tanti altri sono solo quella che ricerca attenzioni e farebbe di tutto per ottenerle.
Di solito non inserisco dei trigger warning nei miei articoli, ma parlerò piuttosto apertamente di alcune cose che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno, quindi nel caso vi pregherei di bloccarvi e di non procedere con la lettura.
Fin da piccola la scrittura è sempre stata la mia valvola di sfogo, e chi mi conosce da anni lo sa; nel corso del tempo ho scritto una mole di lettere indefinita, che non ho fatto arrivare ai destinatari nella maggior parte dei casi e che sono perlopiù infilate in qualche cartella del mio computer, chiuse in qualche cassetto o perse per sempre.
Ne ho scritte alla mia prima cotta delle elementari nonché migliore amica dell’epoca, alle ragazze mie amiche del fanclub degli One Direction, ai miei compagni delle medie che credevo miei amici ma in fondo così tanto amici non erano, ai miei familiari, alle host families che mi hanno accolto per cinque mesi a Londra e a quell’ex che è riuscito a togliermi in pochi semplici gesti ogni briciolo di umanità.
L’ho sempre fatto perché io a parlare e a esprimere quel che provo non sono capace e non lo sono mai stata; basti pensare solo al fatto che per dire “Ti voglio bene” chiedo “Mi vuoi bene?”.
Insomma, per essere una scrittrice direi che sulle mie capacità comunicative ci si può ancora lavorare.
Due settimane e un giorno, ovvero quindici giorni, trecentosessanta ore e ventunomilaseicento minuti. A volte non ci rendiamo conto di quanti siano veramente quindici giorni, troppo abituati a dare per scontato la vita e troppo occupati nella frenesia delle nostre giornate, ma personalmente questi ultimi li ho sentiti tutti e non c’è stato minuto che non mi sia pesato.
Ho avuto molto tempo libero, quindi mi sono fatta due conticini: negli ultimi quindici giorni nove volte sono stata vicina all’ingerire sessanta pasticche di Quetiapina, (che so per certo mi avrebbero mandata in overdose) e tre volte ho avuto attacchi di panico che mi hanno portata per tre volte a ricadere nel circolo vizioso dell’autolesionismo.
Ho avuto due attacchi di rabbia di cui non ricordo assolutamente niente e uno di cui mi ricordo solo altro autolesionismo, cinque notti insonni di fila e tredici giorni in cui non sono riuscita ad alzarmi dal letto se non per compiere azioni di primaria importanza e vedere persone con cui non potevo disdire appuntamenti (un abbraccio alla mia psicologa e alla mia psichiatra).
Ah sì, ho anche scritto una lettera che poi a un certo punto ho eliminato; sapete, una di quelle lettere che uno scrive quando vuole ammazzarsi ma non sa se lo farà in quel momento preciso o il giorno dopo.
Che dire, sono una che tende a mettere le mani avanti.
Non sono mai stata una da logica o calcoli e motivo dell’esistenza di tutti questi numeri e di tutti questi conteggi non l’ho ancora capito, forse avevo veramente troppo tempo per me stessa o forse è il mio cervello che fa semplicemente il suo lavoro da cervello, e che per non farmi rimuovere il tutto mi fa razionalizzare, ma sta di fatto che questa cosa dei quindici giorni mi è rimasta veramente tanto impressa, un po' come se me la dovessi ricordare e utilizzarla per ripetere un mantra per un qualche strano tipo di tortura che io stessa mi voglio imporre; ammetto che non mi stupirebbe, è da me.
Sarà che mi sono resa conto per la prima volta di quanto il tempo non passa, siamo solo noi che pensiamo sia tutto in movimento.
P.S: questo scritto non ha un vero e proprio senso e non ha una morale come di solito succede nei nostri articoli, ma se proprio volete potete prenderlo come una sorta di sensibilizzazione alla depressione o alle malattie mentali che sono caratterizzate anche episodi depressivi, alla fine anche se confusionaria e breve, è pur sempre una testimonianza.
Ah, ricordatevi anche che chi vi dice che per avere una crisi depressiva dovete avere un motivo valido e comprensibile vi sta dicendo una marea di balle.
Io torno a cercare di capire perché per nove volte mi sono fermata ma comunque non ho ancora buttato le pasticche.
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