mercoledì 15 maggio 2024

#TheBeatles: Piggies

Immagine creata con l'IA
Il White Album (1968) è pieno di brani leggendari e iconici, molti rimasti nella storia, come “Back in the U.S.S.R.”, “Ob-La-Di Ob-La-Da”, “Blackbird” o “Julia”, altri meno conosciuti anche se di qualità ugualmente alta, come il caso di “Piggies”, scritto da George Harrison.


Il Beatle definito più silenzioso dei quattro era in realtà il meno capito, proprio perché i suoi testi sembrano banali e superficiali ma solo perché non si ha la voglia di esplorare il loro interno, come succede per “Something” o “Here Comes the Sun”, dove tutti le cantano con leggerezza, senza concentrarsi sul vero significato.

Personalmente ho sempre trovato “Piggies” geniale e ho sempre riso tanto ascoltandola perché George ha messo in musica ciò che un altro George (Orwell) ha scritto nel 1945 nella sua “La fattoria degli animali” e cioè la condizione dell’uomo in questa grande gabbia che è la società.

Se Orwell, però, con la fattoria dà più l’idea di libertà, Harrison non ci lascia scuse: viviamo in un porcile e ci crogioliamo nello sporco che creiamo. 
 
Have you seen the little piggies
(Hai visto i maialini)
Crawling in the dirt?
(Strisciare nella sporcizia?)
And for all the little piggies
(E per tutti quei maialini)
Life is getting worse,
(La vita andrà peggiorando)
Always having dirt to play around it.
(Avranno sempre la sporcizia con cui giocare.)

Have you seen the bigger piggies
(Hai visto i maialini più grandi)
In their starched white shirts?
(Nelle loro camicie bianche inamidate?)
You will find the bigger piggies
(Troverai i maialini più grandi)
Stirring up the dirt,
(Agitando lo sporco)
Always have clean shirts to play around in.
(Avranno sempre le loro camicie pulite con cui giocare.)

In their styes with all their backing
(Nei loro porcili, con tutto il loro supporto)
They don’t care what goes on around
(A loro non importa niente di quello che accade attorno)
In their eyes there’s something lacking
(Nei loro occhi c’è qualcosa che manca)
What they need’s a damn good whacking
(Quello di cui hanno bisogno è un fottuto bel colpo)

Everywhere there’s lots of piggies
(Ci sono un sacco di maialini ovunque)
Living piggy lives
(Che vivono le loro vite da maialini)
You can see them out for dinner
(Li puoi vedere uscire per la cena)
With their piggy wives
(Con le loro mogli maialine)
Clutching forks and knives to eat the bacon
(Stringendo forchette e coltelli per mangiare il bacon)

One more time
(Ancora una volta)

Immagine presa da Pinterest
Diretto come solo un Pesci/Scorpione/Scorpione sa essere, George Harrison osserva la società da un punto più esterno e la vede per come realmente è: una catena di montaggio dove ogni essere umano è il mandante e il ricevente dello sporco. Inizia da bambino, ci gioca, e poi crescendo, seppur all’apparenza è un adulto pulito e immacolato, continua a divertirsi con quello sporco, agitandolo. Di questo ha il supporto di tutta l’intera società che non è interessata a sapere che c’è molto altro invece della sporcizia. Gli occhi, però, parlano: c’è qualcosa che manca, il maialino non sa cos’è, non sa che può vivere in libertà e così questa è rappresentata solo dalla morte.

Se questo è vincolato solo al porcile, come se anche noi stessimo osservando dei maialini grugnire in mezzo al fango, ecco che i maiali siamo proprio noi: che usciamo di casa, lavoriamo, viviamo, ci nutriamo di loro inconsapevoli quanto loro che esiste una libertà che non sappiamo neanche assaporare.

George stava cominciando a farsi conoscere come autore e già da “Taxman” (Revolver, 1966) “Think for Yourself” (Rubber Soul, 1967) si capiva che i moti della sua anima si contorcevano verso la società che, proprio come detto in “While my Guitar Gently Weeps” presente sempre sul White Album, era alla base del suo malessere.

Non riusciva a capire come l’Ego potesse prendere così tanto il sopravvento sugli esseri umani da annullare la loro natura e rinchiuderli in una vita fatta solo di casa-lavoro volta all’adorazione del materiale.

Non lo dice esplicitamente, ma possiamo leggerlo tra le righe: bambini che giocano nello sporco (i giochi si comprano), adulti che sembrano essere puliti ma smuovono lo sporco (la vita da adulti è fatta dal comprare, vendere, di nuovo comprare) e il tutto è supportato dai simili, perché chiunque dirà: “Beh, questa è la vita”.


Immagine presa da Pinterest
Siamo sicuri? Siamo davvero sicuri che siamo venuti su questo pianeta per avere un lavoro così da comprare casa a trent’anni, facendo un mutuo che ci indebiti e mettere al mondo altre creature a cui insegnare questo tremendo gioco? E chissà cosa direbbe George Harrison oggi nel sapere che nel mondo social vengono venduti soldi facili in cambio di “seguaci”, altro che chitarra piangente.


Altri che come George Harrison osservano il porcile vengono visti come i folli, ma di questo abbiamo già parlato in “The Fool on the Hill”, eppure lasciateci dire che a noi poco interessa perché ci facciamo solo una grande risata quando non rispecchiamo i canoni imposti dalla società.

Questo non significa che non ci sentiamo parte del mondo, siamo anche ben consapevoli che a nostro modo rimaniamo dei piccoli maialini, ma almeno sappiamo ogni tanto scendere dalla giostra.

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