giovedì 16 maggio 2024

Intervista: Riovale

Quando il mio agente mi ha parlato di Riovale ho sentito l’impulso di conoscere la sua musica. Come spesso accade nel mio lavoro, il piacere della scoperta è una sensazione che cerco di godermi pienamente, perché se è vero che nei primi cinque secondi ci si fa un’idea sulla persona che abbiamo davanti, è anche vero che per me sono i primi cinque, sette ascolti che mi fanno capire se un artista vale la pena di essere seguito.

Riovale ha pienamente superato il mio test, soprattutto con il suo ultimo singolo “Barceloneta”, prodotto da Alxndr Morou e uscito il 13 aprile 2024, chissà se proprio in occasione del trentesim…ehm, ventunesimo compleanno dell’artista. 

 
Riovale è Valerio, anzi è Valerio al contrario. Comincia ad approcciarsi alla musica da piccolissimo, cantando sopra qualsiasi canzone italiana, e facendo lo stesso con quelle inglesi, inventandosi le parole, ovviamente.
Ai tempi della scuola Valerio canta in diverse band rock, metal e pop con i suoi amici, buttando le corde vocali in ogni sala prove di Roma Sud.
Finalmente nel 2019 nasce il progetto Riovale, con cui pubblica il primo disco registrato in cameretta.
Nei due anni successivi escono 4 video ufficiali su YouTube e una decina di tracce su Spotify.

Innanzitutto grazie mille per questa intervista. Partiamo dal principio: come hai iniziato con la musica?


Ho iniziato da bambino cantando una canzone dei Velvet “Una settimana un giorno” che passava spesso in pubblicità. Cantandoci sopra mi sono accorto che ero abbastanza intonato e che mi veniva simile a loro, e da quel momento ho iniziato a canticchiare su qualsiasi cosa.
Diciamo che da piccoli si cambia spesso interessi, ma nel mio caso la musica ha fatto sempre parte di me in qualche modo.
Vedevo gli artisti stare sul palco davanti a tutte quelle persone, e volevo tanto starci anche io, un po’ come quando un bambino vede una partita della sua squadra del cuore e sogna di diventare un calciatore. Ecco, a me è successo con la musica invece che con il calcio.

Quand’è che hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada? C’è stato un momento particolare o è venuto tutto piano piano?

Ti direi dai tempi della scuola. Suonavo in diverse band con i miei amici, e per suonavo intendo cantavo. Non ho mai avuto difficoltà o vergogna nell’esibirmi davanti a persone che mi guardano, anzi era il momento in cui mi sentivo meglio. Poi ho iniziato a voler suonare qualche strumento, chitarra e piano. Da lì ho deciso di iniziare anche a scrivere e mi sono buttato nel fare musica da solo e cercare una mia identità che in realtà ho trovato solo nel 2020, lavorando insieme ad Alxndr Morou, il mio attuale producer.
Ricapitolando: dai tempi della scuola ci ho provato ma dal 2020 ho capito veramente che era la mia strada.

In “Barceloneta”, tuo ultimo singolo, c’è un verso che più di tutti mi ha colpita: “Sogni diventano grandi” che mi fa pensare molto alla razionalità che prima o poi pretende il sopravvento su quello che vuole davvero l’anima. Credo che l’arte sia far parlare spesso il bambino interiore, in un tentare di rimanere in equilibrio tra genio e follia. Secondo te è possibile intraprendere questa strada abbandonando l’impulso?

Intanto grazie per la citazione di Barceloneta, la mia traccia preferita. Rispondendo alla domanda: sono una persona estremamente razionale, sicuramente anche troppo, ma questo mi ha sempre aiutato sia a livello personale che a livello artistico. L’unico vero momento in cui abbandono la razionalità è quando salgo su un palco. Lì forse esce fuori la versione più naturale e vera di Rio.

Qual è, secondo te, il muro più grande da abbattere in Italia quando si parla di arte?

È innegabile dire che anche il mondo dell’arte sia vittima delle raccomandazioni. Quanti diventano “famosi” perchè conoscono X, perchè sono nel giro di Y, e quanti invece riescono a farcela senza nessun tipo di spinta?

Fin da bambino cantavi sopra le voci degli artisti italiani e non con quali, però, sogni tuttora di poter collaborare un giorno?

Sì, e lo faccio ancora! Ora ti faró due nomi che rappresentano perfettamente ció che amo dell’arte: il primo è un gruppo americano, un duo per l’esattezza, grazie al quale mi sono avvicinato a un sound e un immaginario che comunque mi ha influenzato tantissimo a livello artistico; sto parlando dei Twenty One Pilots. Il secondo invece è un artista italiano, un rapper, al quale mi sono ispirato a livello di scrittura, di melodie e di metriche. Il più forte in Italia secondo me a oggi. Ed è Lazza.

Riovale è Valerio al contrario, ma questo vale anche per persona e personaggio? O non ci sono particolari differenze?


Più passa il tempo e più diventano la stessa persona, diciamo che Rio è la forma esponenziale di Valerio ormai. Mi ha reso più forte e più sicuro di me. Cerco di essere Rio il più possibile, fino a che non riuscirò a esserlo sempre.

Ringrazio ancora tantissimo Riovale per la sua disponibilità e professionalità. Visto che ormai lo seguo quasi ai limiti dello stalking, potrei già spoilerarvi che mi sentirete ancora parlare di lui.

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