Ci sono giornate particolarmente dure, momenti di estremo stress che ci costringono a ridisporre le nostre priorità.
Nel flusso continuo di impegni, doveri, appuntamenti, riunioni e informazioni che ci sovrasta facciamo nostri ritmi sempre più impegnativi.
Le logiche algoritmiche che governano il rimbalzo di bit tra un server e l’altro, matrice di funzionamento di internet, ormai sono chiaramente ciò che guida anche i nostri pensieri.
In tutto questo, chi scrive, non nasconde di riflettere sempre di più sul significato di quello che succede. Quando tutto sembra sovrastarci appare con maggiore lucidità la totale arbitrarietà del nostro quotidiano e, in un certo senso, anche l’insignificanza dello stesso.
Accanto alla diagnosi “del problema”, tuttavia, sentiamo sempre più la necessità di pensare ad una soluzione.
Pensiamo di poter dire, con una certa sicurezza, che fuggire, per qualche istante, ora o giorno, dal continuo incedere delle incombenze quotidiane, sia una valida alternativa.
Ma fuggire verso dove?
Una risposta a questa domanda l’abbiamo trovata nelle “cose semplici”. Non sapremmo come altro definirle. Quello che possiamo fare, tuttavia, è provare a descrivere la sensazione di riconnessione al mondo che certe pratiche riescono a restituirci.
Pronunciare una parola gentile a una persona, passeggiare sulla spiaggia, apprezzare il profumo del caffè, perdersi nell’osservazione di un ramo di albero stuzzicato dal vento, sorridere, ballare, coccolarsi con un tè, perdersi tra i giochi fiammeggianti di un camino, seguire con lo sguardo il volo di una farfalla…
Se il ritmo produttivo dell’esistenza contemporanea ci impone di resettare i nostri orologi biologici per sincronizzarli con quelli del capitalismo globale, una soluzione radicale e quasi rivoluzionaria è quella di rigettare, almeno temporaneamente, questa temporalità.
Possiamo essere, tutto sommato, felicemente leggeri e consapevoli di essere soltanto un mucchio di organi e pensieri (a brevissima scadenza) su un enorme sasso nello spazio che compie un giro su sé stesso. Quindi perché preoccuparsi troppo? Godetevi il viaggio!
Ci allontaniamo dal conflitto descritto da Eco tra “Apocalittici e Integrati” e cerchiamo di dialogare con quell’invisibile nucleo fondativo che ci rende umani e che, troppo spesso, finiamo per dimenticare.
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