Stavo camminando per la strada (Viale Ippocrate a Roma per la precisione), quando all’improvviso mi ricordo l’esistenza di altro. Ora non ricordo se si sia trattato solo di un sogno, ma il ricordo era qualcosa di… onirico e reale allo stesso tempo. Forse sarà stato il gusto di marmellata o forse un odore particolare…
Quel luogo dista nel tempo e nello spazio, e se dobbiamo dirla tutta, non si tratta neanche di un luogo particolare ma di un insieme di essi. Una ragnatela psicogeografica si è disposta nella mia mente e i vari teli del filo sono luoghi di un tempo perduto.
Col passare degli anni, l’esperienza quotidiana sembra che si complichi e banalizzi allo stesso tempo. Si complica le diverse tare che si accumulano su di noi, si banalizza perché è sempre più disillusa.
Per cui cosa, se non una distorsione, può restaurare il senso di meraviglia? Certo, non sarà più meraviglia autentica, solo un intercedere di stupore verso l’insolito.
Ma sarà qualcosa di contorto, blasfemo e al di fuori di ogni costume. Forse avevo in mente questo quando scrissi “Confetti in macelleria” (articolo che avevo scordato, e che ora mi sembra redatto da un folle).
E poi, chi sarebbe il pazzo che organizzerebbe mai una grigliata al cimitero?
La frase che avete appena letto, di per sé, non ha senso nel contesto. Ha senso se la ricollegate alla metanarrazione di ciò che voglio esprimere.
Qualcosa di perverso che suscita stupore, una versione distorta della meraviglia infantile nei confronti del mondo.
Tra realtà e finzione, c'è qualcosa che tiene insieme il tutto, costruendolo.
E sarà forse il racconto che pubblicheremo domani a spiegarlo meglio. Non sempre quello che scrivo ha una morale consapevole, ma può essere rintracciato un frammento di senso archetipico volto a definire un intero immaginario su cui costruire un mondo.
E vale sia per i ricordi e sia per i racconti inventati. Che si tratti del pane con acqua e zucchero che mangiavo da bambino, o che si tratti di una fantasia iper-reale (e allo stesso tempo, anche palesemente finta).
Qualcosa è sicuramente stato perduto nel processo, ma quel qualcosa ha creato il nostro mondo umano.
È il primo archetipo, è la prima parola a essere diventata storia.
Nessun commento:
Posta un commento