mercoledì 18 settembre 2024

#TheBeatles: Back in the U.S.S.R.

Se pensate che solo John Lennon abbia saputo fare canzoni politiche e polemiche… beh, forse è perché non avete mai ascoltato attentamente quelle di Paul McCartney.     
Un grande esempio è proprio “Back in the U.S.S.R.”, accreditato alla coppia ma in realtà scritta e composta solo dal secondo.

Il brano è contenuto nel White Album (1968) e, ovviamente, fu censurato in Unione Sovietica.

Prima di procedere con la lettura del testo, e con l’ascolto, immaginiamoci in piena Guerra Fredda e capiamo, quindi, la grandezza dei Beatles nel raccontare con sincera ironia i reali problemi del mondo.

Piccolo appunto polemico: quanto siamo tornati indietro, se pensiamo che nel 2024 al Festival di Sanremo Ghali presenta “Casa Mia”, brano che viene pesantemente criticato solo per i versi: “Ma, come fate a dire che qui è tutto normale/Per tracciare un confine/Con linee immaginarie bombardate un ospedale”? 

Flew in from Miami Beach BOAC
(Ho volato da Miami con un volo B.O.A.C.)
Didn’t get to bed last night
(Ieri sera non sono andato a dormire)
On the way the paper bag was on my knee
(Durante il tragitto il sacchetto di carta era sulle mie ginocchia)
Man I had a dreadful flight
(Amico, il volo era terribile)

I’m back in the U.S.S.R.
(Sono tornato in U.R.S.S.)
You don’t know how lucky you are, boy
(Amico, non sai quanto sei fortunato)
Back in the U.S.S.R.
(Sono tornato in U.R.S.S.)

Been away so long I hardly knew the place
(Sono stato via così a lung oche quasi non ho riconosciuto il posto)
Gee it’s good to be back home

(Cristo, è bello essere di nuovo a casa)
Leave it till tomorrow unpack my case
(Aspetto fino a domani per disfare la valigia)
Honey disconnect the phone
(Tesoro, stacco il telefono)

[RIT.]

Well the Ukraine girls really knock me out
(Beh, le ragazze ucraine mi mettono ko)
They leave the West behind
(Fanno dimenticare l’occidente)
And Moscow girls make me sing and shout
(e le ragazze moscovite mi fanno cantare e gridare)
That Georgia’s always on my mind
(che la Georgia è sempre nella mia mente)

Oh show me round your snow-peaked mountains way down south
(Fammi visitare i tuoi monti dai pacchi nevosi laggù al Sud)
Take me to your daddy’s farm
(Portami alla fattoria del tuo papino)
Let me hear your balalaikas ringing out
(Fammi ascoltare il suono delle balalaiche)
Come and keep your comrade warm
(Vieni a riscaldare il tuo compagno)

Quando penso agli anni Sessanta, alla cultura pop e alla Rivoluzione Giovanile, quello che mi rimane più impresso è la presa in prestito. Il decennio era caratterizzato dal rubacchiare qua e là, senza che nessuno se la prendesse troppo, perché tutti ben consapevoli che prendere un’idea, lavorarci nel renderla propria, è solo uno spunto.


Paul McCartney lo ha fatto spesso con i versetti di Shakespeare, e a metà anni Sessanta inizia a farlo anche con il gruppo statunitense Beach Boys.
Se all’inizio per i Beatles non prestavano particolare interesse, con l’uscita di Pet Sounds (1966) la situazione cambia. L’album ha brani come “Wouldn’t It Be Nice”, “You Still Believe in Me” e “God Only Knows”, quest’ultimo il preferito da Paul e il gruppo britannico capisce che quello statunitense è diventato un degno rivale.


Pet Sounds alza l’asticella della competitività e grazie a questo se noi poi avremo Sgt. Pepper’s, ma prima di questo iconico album, “Back in the U.S.S.R.”

Così Paul prende carta e penna, si lascia trasportare dal sano agonismo e ripesca nella sua memoria le musicalità di “Georgia on My Mind” di Ray Charles (1950) “Back in the U.S.A.” di Chuck Berry (1959), “California Girls” (1965) e “Surfin’ USA” (1963) dei Beach Boys. Mischia il tutto con quanto si diceva dell’Unione Sovietica: le intercettazioni telefoniche, il cameratismo travestito da “compagni”, la collettivizzazione imposta da Stalin o Bréžnev, senza però escludere le frecciatine contro gli Stati Uniti, definendo fortunati gli abitanti sovietici, con le ragazze così attraenti da far dimenticare l’intero occidente.

Il titolo, poi, diviene un’altra presa in giro, questa volta nei confronti dello stesso Regno Unito che proprio nello stesso anno di pubblicazione del brano aveva organizzato la campagna “I’m backing Britain”, voluta dal primo ministro Harold Wilson e volta al sostegno del commercio e della produzione interna della Gran Bretagna. La campagna, però, è un grande flop e chiude dopo pochi mesi.

In qualsiasi tipo di guerra i Beatles si sono sempre dimostrati più che pacifisti, a costo di prendere in giro il volere dei capi di stato e la manipolazione dei mass media.

La denuncia satirica funzionò alla perfezione, perché se per ovvie ragioni in Unione Sovietica non passò mai un brano dei Beatles, con l’uscita di questo brano ci fu per loro la conferma che il gruppo rappresentava in pieno il più becero capitalismo occidentale, che vende e compra su tutto.     
D’altra parte, negli Stati Uniti, il brano fu accusato di propaganda comunista e filosovietica.


Se entrambe le parti se la prendono, si conferma solamente la genialità di McCartney.

Non possiamo non citare le parole di Paul in riferimento alla prima volta in cui si è ritrovato a cantare il brano proprio nella Piazza Rossa di Mosca nel 2003:

I Beatles sono stati censurati in Unione Sovietica, inutile dirlo, e questo ha avuto, come sempre capita, l’effetto di farci diventare ancora più popolari. Quando per la prima volta ho cantato Back in the U.S.S.R. sulla Piazza Rossa, nel 2003, è stato un momento tutto da gustare.

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