giovedì 19 settembre 2024

#Pensieri: E se poi finisce?

Ritrovarmi in questa categoria è un po’ come andare in una seduta dallo psicologo e imponendomi di dire la verità, nient’altro che la verità senza alcun filtro. Mi preparo con il migliore dei propositi, ma quando poi me lo ritrovo davanti non so più quello che vorrei dire.

La pagina bianca della categoria Pensieri è lo stesso vuoto mentale che provo quando mi accoglie con un gran sorriso e mi chiede: “Allora, come va?

Già, come va? Bene, che è ormai la risposta standard che do in automatico persino a chi sa che non va bene.
 
Non voglio mentire: se guardiamo il piano materiale e quello spirituale va davvero tutto bene. Non mi manca nulla e soprattutto non sento la mancanza di nulla. Eppure c’è quel tormento interiore che proprio non riesco a spiegarmi.

Sarà che sono una scrittrice e questo lavoro sblocca inevitabilmente i tratti: introspettivo, malinconico, tumultuoso nei sentimenti… sarà che l’estate non è la stagione ideale per chi soffre di depressione o ansia, sarà che da brava Pesci ho passato anche io Mercurio retrogrado – decisamente con meno prove rispetto ai commenti che ho letto sul web – sarà che la situazione mondiale mi piace così poco da aver deciso di chiudere ogni contatto con le notizie del giorno, sarà tutto questo? No, so che sono solo scuse.

Nella realtà dei fatti non ho un valido motivo per rincorrere la spirale dei pensieri tumultuosi che mi ripetono: “Sì, va tutto bene, ma se poi finisce?”
Allora esco, prendo un treno o mi siedo su una panchina. Osservo le persone, che a Roma o in qualsiasi altra città italiana sembrano così uguali e distanti da me da chiedermi: “Anche loro vivono questo tormento?” Vedo una donna appoggiarsi al finestrino, osservare il telefono mentre giocano con il piercing sul labbro e poi farsi un selfie; vedo una ragazza guardarsi una gara di scherma delle paraolimpiadi. Chissà cosa pensano. Chissà se anche loro si stanno chiedendo quando tutto questo finirà. Se hanno paura che un lato della loro vita che hanno amato possa interrompersi da un momento all’altro, senza nessun preavviso.

Vedo dei bambini saltare sulle pozzanghere, una cornacchia che vola decisa davanti a me, un gruppo di ragazzi darsi le pacche sulle spalle e gridarsi che si vedranno domani, con l’intramontabile “Bella” a risuonare nelle serate di fine estate. Mi chiedo se anche loro, che hanno così tanta vita davanti da avere solo il presente come unico riferimento, abbiano paura di perdere ciò che stanno vivendo.

Allora ritorno al mio, di presente. Un salotto illuminato dalla luce soffusa di una lampada e qualche candela, l’odore di una ricetta straniera provenire dalla piccola cucina in stile inglese e il libro che mi cade sul petto, o forse sono io che l’ho appoggiato lì, per concentrarmi sul respiro e ripetermi che ora non sta finendo nulla, perché ora lo sto vivendo.

Mi sporgo dalla poltrona, parlando un inglese sporcato dall’accento italiano che inizialmente mi faceva vergognare, ma che ora è motivo d’orgoglio. Lui si gira, sorride, e persino da qui vedo illuminarsi i suoi occhi blu.

«Se poi finisce?» ripete la mia stessa domanda, con il suo italiano sporcato dall’accento britannico. «Non saprei,» continua in inglese «suppongo non si tratterà della fine del mondo, ma mi mancherà».

Riprendo a leggere il libro, l’imperatore Tito arriva a Pompei dopo il disastro a dare un po’ di sostegno a tutti gli sfollati che piangono sulle macerie di una vita ormai finita. Neanche per loro pochi superstiti si è trattato della fine del mondo, pur con tutta la nostalgia che il loro cuore deve aver custodito negli anni a venire.

Già.

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