Tra i film in concorso selezionati per Venezia80 abbiamo avuto modo di vedere “Origin”: una pellicola che interseca vita privata e ricerca della scrittrice vincitrice al Premio Pulitzer Isabel Wilkerson. Una storia, quella racchiusa all’interno dei suoi centotrenta minuti, che cerca di scoprire l’origine più arcaica di tutte le ingiustizie.
La narrazione ricorre le principali fasi della vita della Wilkerson: dalla vittoria del premio Pulitzer fino all’ideazione della propria ipotesi. Il tutto parte da un tarlo che si insinua nella mente: “E se ci fosse qualcosa di più profondo alla radice di ciò che viene definito comunemente razzismo?”, “Se ci fosse un collegamento tra ciò che, nel corso del tempo ha caratterizzato le più grandi tragedie umane?”. Nasce, in questo modo, “Caste, le origini del nostro malcontento” un testo che conduce a una profonda e attenta riflessione su diversi fenomeni sociali.
Ava DuVernay, dunque, torna a parlare di razzismo (dopo la serie When they see us) e lo fa raccontando una storia vera. Ricostruisce i fatti e indaga esattamente come ha fatto la sua protagonista. Per farlo sceglie uno stile quasi “mokumentaristico” lasciando alle dirette testimonianze la condensazione di tutte le informazioni scritte dalla Wilkerson.
La vita privata della scrittrice, dunque, si interseca con la ricerca e l’analisi. Una ricostruzione dal ritmo spezzato che unisce passato e il presente. Vediamo, in questo modo, quanto sia stato complicato per la scrittrice riuscire a ponderare la propria ipotesi, così come la lavorazione alla stessa. La sua vita privata, il suo dolore, divengono tutti motori e sprint per arrivare a una tesi.
Nonostante la sua “macchinosità”, però, questo è un film che lascia molto allo spettatore e che fa venir voglia di recuperare il testo della Wilkerson. La tesi è interessante, tanto quanto effettivamente rilevante e vera. La radice, dunque, risiede in quella malsana voglia di relegare l’altro in uno stato di subalternanza. Il sistema delle caste si riverbera in ogni più piccolo aspetto della nostra quotidianità e diviene lampante nei casi più estremi. Una pellicola di cui sentiremo parlare a lungo.
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