Ogni volta che si entra in una stanza di un hotel accade qualcosa di meraviglioso. Si instaura un senso provvisorio dell’abitare che ridefinisce i rapporti con lo spazio.
In quel momento, un luogo sconosciuto diventa una casa provvisoria. Le camere sembrano tutte uguali, specialmente quelle più economiche, eppure sono tutte diverse. Normalmente guardi una camera come guarderesti tutte le altre… Normalmente guardi il posto con distacco, ma quando ci ritorni dopo qualche ora e lo senti già tuo. Si è creato un legame effimero che dimenticherai, una piccola ancora a un ricordo che verrà schiacciato da molti altri.
Ma non sono qui per parlarvi di una camera d’hotel, sono qui per raccontarvi la storia di una vita. Una vita in una stanza d’hotel, una nuova ri-nascita in un luogo per me estraneo, ma divenuto familiare in poco tempo. È letteralmente divenuto il mio mondo.
Sarà stata forse una notte, ma quella notte non è mai finita, anche se ora sono qui a raccontarlo.
Questa bolla era talmente confortevole che fermava il mio tempo, i giorni passavano, ma io rimanevo lì a nutrirmi dell’illusione di un orologio che si muoveva lentamente, forse troppo lentamente.
In questa camera l’orologio esisteva eccome, sembrava rotto perché le lancette si muovevano con una lentezza inaudita. Eppure l’orario era corretto quando sono arrivato ne sono sicuro.
Forse quell’orologio era l’unica cosa che mi mettesse davvero ansia, un costante promemoria che lì fuori non solo esisteva un altro mondo che aveva istituto il tempo, ma che la mia permanenza qui sarebbe stata limitata. Difatti era vero, ma non mi rendevo ancora conto con quanti istanti infiniti si sarebbe appesantito il tempo.
Mi ero chiesto: per quale motivo non sarei dovuto rimanere? Il letto era morbido e accogliente, le luci eleganti e della mia tonalità preferita, le pareti erano intrise di motivi che suscitavano calma al senso della vista. Anche il bagno era migliore di casa mia, nonostante l’angoscia che mi suscitava il sapone nelle bustine.
Ma non avrei potuto dormire per sempre. Appunto, in quella lunga notte, mi ero svegliato con un forte prurito. Una zanzara era posata sul mio braccio, sembrava stranamente silenziosa. Subito dopo, l’avevo uccisa di istinto, ma mi terrorizzai alla vista del sangue. Il sangue era di colore paglierino, lo stesso delle foglie che stanno per appassire. Possibile che quello fosse il mio sangue? Ebbene sì, il mio sangue era di quel colore. Ero sconvolto, senza accorgervene avevo insozzato anche le lenzuola con quel sangue. D’un tratto la stanza aveva smesso di essere bella, il letto era diventato terribilmente scomodo, i motivi sulle pareti ora mi sembravano talmente intricati da farmi venire il mal di testa, mentre la busta aperta di sapone nel bagno stava sanguinando come me.
Ho lasciato lì tutto, sono fuggito via per perdere traccia di quelle ore eterne. Il mondo esterno era decaduto, i miei ricordi erano vaghi e confusi. Oppresso dalla sconfortante visione, in quel momento avevo già deciso. Avrei raccontato alcuni dettagli di questa storia agli alberi, sussurrando al vento l’illusione che mi ha tenuto a lungo prigioniero. La foresta avrebbe accolto la fine del mio mondo, ed è proprio il prologo ciò che ho appena raccontato. La storia travagliata che non avreste voluto sapere.
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