Il pensiero della filosofia antica si è spesso basato su un’intuizione metafisica della realtà, portando a costruzioni del mondo che viste oggi possono apparire anche bizzarre. Sono consapevole dell’alto valore culturale contenuto nei frammenti della filosofia antica, io stesso ne apprezzo l’originalità cogliendo in essi le radici del pensiero occidentale. Qui, dunque, il mio intento non è quello di sminuire tali teorie filosofiche, ma di costruirne altre con tono puramente parodistico, senza mancare di rispetto nei confronti della filosofia antica. Ripetere aiuta: non pretendo di essere preso sul serio. Prima che questo possa causare problemi, sottolineo che non è una mia intenzione creare una nuova fede religiosa.
Cosmogonia
Un muro invisibile ai confini dell’universo ne delinea i contorni in una geometria sconosciuta all’uomo. Un giardino onirico è il soffitto di mille altri mondi. Tutte queste realtà distinte seguono le leggi naturali del Primo Giardino senza mai comprenderle del tutto. La nostra quarta dimensione è letteralmente una pianta, precisamente un tubero. Essa si trova sotto la superficie del Primo Giardino.
Il vuoto non esiste, ciò che definiamo tale esula dalla nostra capacità di discernere, in senso stretto, ciò che è concreto. Tutto ciò che esiste è tale perché è compreso nel Primo Giardino, iperluogo immanente che esiste al di là del concetto di tempo e che contiene tale concetto. Al di fuori del Primo Giardino nulla esiste, ma poiché il nulla non può esistere e il concetto di nulla è insito nel Giardino stesso, allora il Giardino è infinito.
Possiamo definire la metafisica tutto ciò che è al di sopra del Primo Giardino (non in senso spaziale, ma in senso concettuale), Tutto ciò che riguarda il terreno di tale iperluogo è materia in senso lato.
Lo spazio è parte della totalità del giardino, la nostra coscienza materiale è capace di comprenderne solo tre dimensioni. Il tempo, in realtà, fa parte della totalità spaziale del primo giardino, ma noi siamo capaci solo di percepirlo come dimensione a sé stante.
Il Primo Giardino precede la nostra realtà (e tutte le altre), possiamo percepire il reale come qualcosa di nato a posteriori. Dobbiamo pensare il reale come un frutto di un albero, in tale metafora l’albero sarà il primo giardino. Nessuno direbbe che il frutto sia qualcosa di separato dall’albero, dall’albero stesso il frutto attinge i nutrienti e si è generato.
Libero arbitrio
Nel Primo Giardino, niente è casuale, ma nello stesso momento, nulla è causale. Non esiste lì forza o principio in un senso che sia a noi comprensibile.
Il libero arbitrio è un concetto del tutto irrilevante, ma ciò non deve costituire una preoccupazione. Anche senza libero arbitrio, nel nostro mondo è ancora possibile la scelta, per via della struttura ambivalente del Primo Giardino. La materia è limitata ma coesiste con la dimensione metafisica che ne dispiega le restrizioni, pur mantenendole.
Le sfumature della morale sono anche esse comprese nel primo giardino. La nostra morale è un organismo sofisticato che discende dalla morale originaria. Di questo organismo ne sentiamo solamente l’influsso in un linguaggio che travalica le strutture grammaticali di qualsiasi lingua. È certamente possibile il tentativo di concettualizzare la morale, lo facciamo quotidianamente e abbiamo definito termini come “buono” o “cattivo”.
Tuttavia, sono concetti che costituiscono pallidi riflessi del simulacro dell’organismo originario. L’organismo in questione è una componente del primo giardino, così come lo sarebbe un filo d’erba, ma esso esula dai concetti di vivente e non vivente, così come esula dal contenuto delle nostre scelte.
Vita ultraterrena
Essendo il primo giardino eternamente eterno e infinitamente infinito, la morte in senso lato non può avere luogo. Esiste la morte fisica come concetto interno al Primo Giardino, ma questa è comunque inclusa nelle cose che sono. Morte non è sinonimo di inesistenza, poiché l’inesistenza è inconcepibile per la struttura del Giardino stesso, mentre la morte è qualcosa che ne fa parte. La morte non cancella, ma rinnova e ricicla attraverso l’entropia del tutto. Allo stesso modo di un frutto che diviene nuovo cibo per la terra, la morte trasferisce le sostanze all’interno del primo giardino, per rimescolarle secondo i principi dell’organismo originario della morale. Tutto ciò, sottolineamo nuovamente, non è un processo né causale e né casuale, ma agisce ed è agito secondo principi a noi ignoti.
Lo scopo finale esiste, ma ciò avviene affinché ogni singola particella, ogni singolo mondo e ogni singolo essere senziente possa avere uno scopo particolare. Ringraziamo i frutti del primo giardino, che rendono possibile l’esperienza in quanto tale.
N.B.
Anche se può sembrare strano, Gianluca non ha assunto stupefacenti per immaginare questa cosa, né tantomeno per scriverla. Ma forse, gli stupefacenti li hai assunti tu, caro lettore che sei arrivato alla fine del testo.
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