Ritratto di Ottavio Leoni, 1621 |
Nei suoi quadri, ne avete sicuramente sentito parlare, l’attenzione che viene data all’illuminazione la fa da padrona. Procediamo, però, con ordine.
Nato a Milano il 29 settembre del 1571, il suo è uno pseudonimo che per lungo tempo ha fatto supporre che il paese del bergamasco fosse il luogo dei suoi natali. Grazie alla scoperta archivistica nel Liber Baptizatorum della parrocchia della Basilica di Santo Stefano Maggiore, è stato accertato che fosse nato proprio a Milano. Sulla sua effettiva datazione, ovviamente, si procede a tentoni: si suppone che sia il 29 settembre per via del suo nome, visto che è il giorno dedicato a San Michele Arcangelo. Con minor probabilità, si suppone anche che possa esser nato il 25 settembre, ma sono calcoli approssimativi che vengono fatti sulla datazione del giorno del suo battesimo.
Madonna dei Palafrenieri, 1605-06 Roma, Galleria Borghese. |
I soggetti scelti come modelli erano peccatori: ubriachi che vivevano ai margini della strada, cadaveri ripescati dal fondo del fiume, prostitute nelle loro ore più libere. Peccatori che venivano eretti a santi dal pennello dell’artista, quasi come una forma di blasfemia per l’occhio dell’apostolica chiesa. In realtà, nella verità dei soggetti che egli sceglieva, vi era proprio quella presenza a cui accennavamo prima. Il suo drammatico realismo, infatti, riusciva a cogliere la verità del pentimento religioso, ma ne evidenziava i caratteri sociali e la contraddizione che molto spesso questo comporta. Gli “ultimi” non sono mai lasciati da soli, al contrario sono loro stessi il reale vessillo del divino.
Giuditta e Oloferne, 1599 ca. Roma, Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d’Arte Antica |
La luce illumina il peccatore e il suo peccato. L’ombra cela, in bella vista, gli egoici sensi di colpa. Dallo scuro si passa al chiaro così come dal peccato si diviene penitenti e successivamente si viene eretti al paradiso. La religione, quindi, incontra la prospettiva e si riversa sui dipinti del dissoluto maestro. Le sue influenze sono state molteplici nel corso del tempo, ma in pochi sono stati in grado di cogliere aspetti tanto profondi tra noto e ignoto. La vita e la morte danzano sulle tele di Caravaggio, una lenta danza che porta alla fine di ogni singolo dubbio. Quasi come se la morte fosse la reale ricompensa all’esperienza che viene fatta su questa terra.
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