Quando ero bambina pensavo che la mattina appartenesse solo ai veri fortunati. Capitava di rado che non andassi a scuola pur stando bene, gli scioperi ai miei tempi non erano così frequenti. Con entrambi i miei genitori al lavoro ero affidata ai miei quattro nonni, che fortunatamente andavano tutti d’accordo tra di loro.
Arrivavo sotto il portone dei genitori di papà, Costanza e Tonio, e con quest’ultimo andavo al bar a fare la seconda colazione, “Mi raccomando, leggera, che ha già mangiato a casa” così ho pensato fino ai quindici anni che il maritozzo con la panna e il succo di frutta alle otto e mezza del mattino, dopo il latte e Nesquik con cinque Abbracci si potesse considerare una colazione leggera.
Nonno Tonio mi portava tutto al tavolino, mentre lanciava occhiate felici e soddisfatte ai suoi amici, seduti a qualche metro di distanza. All’epoca le ignoravo, oggi non so se erano dovute al fatto che fosse davvero orgoglioso di me o se semplicemente era felice di non avere a che fare, almeno per una mattinata, con discorsi di acciacchi o ricordi sui bei tempi andati, quando erano al fronte e avevano fatto vedere agli altri di che pasta erano fatti gli italiani. Se penso che quelle conversazioni un tempo erano la normalità, mi vengono i brividi.