lunedì 4 settembre 2023

#Mitologia: La pestilenza Egina

Ritratto di Ferdinand Bol
Quando arriveremo al ventinovesimo canto della Divina Commedia (l’ultimo venerdì di settembre) avremo a che fare con dei dannati affetti da quelli che sembrano gravi sintomi di altrettante gravi malattie, tanto che Dante paragona lamenti, puzzo e umore alla pestilenza Egina.


Quando affrontiamo i canti non sempre abbiamo abbastanza spazio e tempo per poter approfondire i miti – forse – meno conosciuti ai più, quindi ecco perché oggi abbiamo deciso di parlarne.

Questo mito è narrato da Ovidio, nelle sue Metamorfosi (VII 523-660) e Dante lo riporta in questo modo: “Non credo ch’a veder maggior tristizia/fosse in Egina il popol tutto infermo” spiegando che neanche gli abitanti dell’isola greca fossero così afflitti come i dannati della decima bolgia.

Egina era una meravigliosa ninfa, nata a Filo dal padre Asopo (probabilmente un dio dei fiumi) e dalla madre (anch’essa ninfa) Metope. La sua bellezza non passava di certo inosservata a crescendo attirò le attenzioni di Zeus – ovviamente – che, ossessionato dalla sua figura, decise di trasformarsi in un’aquila per rapirla.
Quando Egina sparì, Asopo la cercò ovunque, fino ad arrivare a Corinto dove il re Sisifo gli confidò chi fosse il suo rapitore. Spinto dall’amore verso la figlia, Asopo non si fece intimorire dal pensiero di andare contro il padre degli dèi e continuò il viaggio per riprendersi la figlia, ma Zeus, in una lotta tra fulmini e saette scappò con Egina nell’isola di Enone, dove fu impossibile recuperarla.

Ritratto di Marcantonio Franceschini
Nel frattempo la ninfa diede al dio due figli: Eaco e Damocrateia. Quando Era (per i romani Giunone), la moglie di Zeus (Giove, nella mitologia romana), venne a sapere della notizia, Eaco era ormai grande, tanto da essere divenuto re dell’isola. Questo, però, non fece in modo che la dea mettesse una pietra sopra all’ennesimo tradimento del marito, tutt’altro; mossa dall’ira e dalla gelosia decise di vendicarsi ma, non potendo raggiungere l’isola, mandò su di essa una grave pestilenza attraverso le acque che portò la morte di tutta la popolazione. Le piaghe erano disumane, quindi possiamo immaginare il dolore provocato.


Era, sadica quanto intelligente, ordinò ai venti meridionali di soffiare impetuosi, senza fermarsi mai. Questo provocò un terribile caldo e una siccità tali da costringere gli abitanti a bere più del necessario, portando chiunque a una rapida quanto dolorosa morte.
Zeus tentò di salvare la popolazione per volere del figlio: mandò una pioggia rinfrescante, fece fermare i venti e l’acqua tornò purificata; purtroppo, però, il tutto avvenne troppo tardi: erano tutti morti. Così il dio, per ridare un regno al figlio, trasformò tutte le formiche in uomini. I nuovi abitanti crebbero e l’isola, ora rinominata con il nome della madre Eaco: Egina, tornò a essere florida come un tempo.

La mitologia vuole per la stessa ninfa anche il matrimonio con Attore (figlio di Deioneo e Diomeda) da cui nacque l’argonauta Menezio.

Ritratto di Peter Paul Rubens
Eaco si dimostrerà un personaggio fondamentale per la mitologia greca: dalla moglie Endeide (figlia probabilmente di Chirone), ebbe i due argonauti Telamone e Peleo. Quest’ultimo sarà il padre del celebre Achille che poi condurrà proprio lesercito dei Mirmidoni (uomini-formiche) nelle loro battaglie.
Da un’unione extraconiugale con la ninfa Psmate ebbe il figlio Foco, il quale – sempre per gelosia – fu ucciso da Telamone, con l’aiuto di Peleo.
Eaco, però, non è solo il nonno di Achille. A lui è dovuta la costruzione delle mura di Troia, con l’aiuto di Apollo e Poseidone, ovviamente.

Conosciuto nella mitologia per il suo alto senso del dovere e della giustizia, alla sua morte Zeus lo mette come giudice degli inferi assieme ad Ade, Minosse, Radamante e Trittolemo. È Eaco ad avere le chiavi del Regno dei Morti, occupandosi principalmente delle anime di origine europea.

Di tutto questo mito ci è rimasto impresso un pensiero non da poco: non importa quante altre volte dovremo ricominciare tutto nella nostra vita: finché ci sarà data una nuova alba è perché dobbiamo fare qualcosa di davvero importante, anche solo mettere al mondo chi un giorno metterà al mondo un eroe come Achille. O avere le chiavi di un Regno oltre al materiale. chissà…

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