martedì 5 settembre 2023

#Libri: Appetricchio

Magia
, commozione, nostalgia, felicità, rabbia… sono tutte le emozioni che più ci hanno accompagnati nella lettura di “Appetricchio”, di Fabienne Agliardi, che esce oggi in tutte le librerie.


Noi lo abbiamo letto in anteprima grazie alla Fazi Editore sul finire delle nostre vacanze estive che, come solo l’ironico e misterioso universo sa fare, hanno visto il nostro ritorno al paese della nostra infanzia dopo poco più di vent’anni.


Ma andiamo con calma e in ordine, così da capire il perché di questo importantissimo dettaglio.
Prima, però, vi lasciamo una piccola, grande preghiera: non fate a meno di questo libro!
 
 
Mapi e Lupo sono due fratelli bresciani con metà dna di Appetricchio, un paese sconosciuto e sperduto sul fianco di una montagna in Basilicata, dal quale proviene la loro madre Rosa. I primi anni della loro vita sono stati divisi equamente tra il paese e Brescia ed è proprio grazie a questa scelta di vita che in loro si fa strada l’animo paesano.
Con l’inizio della scuola, le vacanze si sono ridotte ai mesi estivi e alle capatine natalizie, eppure non hanno mai perso del tutto la voglia di tornare, anche perché Appetricchio è una realtà del tutto magica dove il tempo sembra fermarsi, senza sentire il bisogno di tecnologie e di modernità.
Solo Guidodario, il padre dei ragazzi e nordico fin nel profondo, non riesce adattarsi a quella vita, eppure torna perché forse sa che Appetricchio ha un suo insegnamento da dare…

Passano gli anni, Mapi e Lupo da bambini diventano adolescenti, finiscono il liceo e la vita recide quel legame di appartenenza, fino a quando la stessa vita si impone e fa nascere la nostalgia del posto, ma soprattutto dei suoi abitanti rigorosamente senza cognome e per lo più dal nome Rocco, come il santo patrono.

Ed ecco che la macchina parte, compie i suoi infiniti chilometri tra il riaffiorare di un dialetto che ricorda più una vera e propria lingua – con tanto di glossario a nostra disposizione, ma che si consulta poco, perché diviene presto una parte di noi – e di misteri che hanno tenuto attive le menti fanciullesche dei gemelli.

I paesani sono a tutti gli effetti famigliari, tutti sanno tutto di tutti, ma non tutti parlano e così le storie degli appena venti abitanti riescono a essere avvolte nella nebbia di dubbi che Mapi e Lupo provano a dissipare con le loro domande. Non riuscendoci, i due diventano complici, formano un team che solo il legame gemellare può capire.

Vent’anni di vacanze passate con vista sul mare e vent’anni lontani, cosa significa per i protagonisti tornare lì? Quanto sarà cambiato Appetricchio e quali abitanti sono rimasti vincitori contro la battaglia del tempo?

Essere italiani vuol dire anche avere legami con i numerosi paesi che stanno piano piano scomparendo e che rivivono in una sorta di resurrezione proprio durante l’estate. Che siano legami di sangue o di affetto, poco conta e non vi mentiremo, a rischio di sembrare un po’ boomer: che si stia perdendo la tradizione della vacanza in paese un po’ ci dispiace.


Comunque, l’Agliardi ha dato descritto meravigliosamente e in modo impeccabile di un luogo che non esiste, eppure è così vicino a tutte le realtà paesane che abbiamo vissuto. Gli abitanti sono straordinariamente reali, vivi. Le loro storie al limite del fantastico che si accavallano ci hanno ricordato proprio quelle della nostra infanzia, quando i nonni ci facevano conoscere, attraverso i loro racconti, i loro paesi di provenienza, sognando di tornare, un giorno, e poter dire che appartengoa, figliodi.


Chi sta scrivendo questa recensione è romana de Roma, ma durante l’infanzia ha passato gran parte delle sue vacanze estive nei piccoli paesi dell’Abruzzo, uno in particolare, con assolutamente nulla da fare se non aspettare eccitata il passaggio delle mucche al pascolo, giocare all’aperto o al chiuso – a seconda del tempo – con i propri cugini, e attendere paziente il segnale dell’antenna davanti a una televisione che gracchiava uno schermo grigio. Ancora adesso quando parla del luogo lo descrive entusiasta come: “Il luogo dove non c’è niente. Dimmi una cosa, una farmacia? Non c’è. Un ferramenta? Neanche. Qualsiasi altra cosa? Non c’è”; eppure, Illuogodovenoncèniente è proprio come Appetricchio: nasconde in sé un grande insegnamento, che forse si apprende dopo due decenni di lontananza.

Lo stile di scrittura è scorrevole, assolutamente azzeccato ed è proprio questo dettaglio a farci entrare a trecentosessanta gradi nel cuore del tutto. Tanti dialoghi, intervallati da quel dialetto che è un vero e proprio lampo di genio, perché non c’è modo migliore di conoscere un personaggio se non attraverso le parole che utilizza e non c’è modo migliore di conoscere una zona se non attraverso le sfumature fonetiche della sua lingua.

Appetricchio è quell’ossimoro di chi non accetta nessuno, integrando tutti. È quella parte di noi che non accetta il cambiamento, pur invocandolo a gran voce. È un’eco di un’Italia che sta scomparendo ma che scalpita per poter rimanere.

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