venerdì 22 settembre 2023

#Costume&Società: La fantastica idea di America in Stephen King

Tra i molti autori di best-seller è impossibile non citare Stephen King, un vero e proprio “signore” delle idee collettive che, a partire dalla fine degli anni Settanta, ha costruito e alimentato un mito americano fatto di città di provincia accoglienti e allo stesso tempo misteriose, persone semplici ma speciali e un’identità statunitense che forse non è mai davvero esistita…Analizzare tutta la produzione di King è davvero impossibile, men che meno in un solo articolo. Tuttavia, quello che oggi vogliamo proporvi è una breve analisi del “mondo americano” che lo zio Steph ha contribuito, negli anni, a fabbricare.
Un suo libro, infatti, è qualcosa che attrae non soltanto per la trama quasi sempre interessante, spaventosa o ben strutturata; e nemmeno per plot twist particolarmente inaspettati. Forse ci sentiamo a casa tra le pagine che narrano di Castel Rock, di Derry e della vita di provincia del Maine perché assaporiamo una casa che è “nostra”, anche se non siamo americani.

Nonostante non sia un autore particolarmente noto per il suo realismo, è davvero difficile trovare qualcuno che sia riuscito a descrivere una certa identità statunitense meglio di lui.
E così ci ritroviamo a essere contenti nel leggere del tizio Y che, indossando dei pantaloni color kaki, tracanna una birra in una stazione di servizio poco fuori Haven, mentre riflette sui drammi della sua vita, sulla sua traballante condizione lavorativa e su quegli strani fenomeni che stanno sconquassando la cittadina… (Stranger Things, su questo, ci ha fatto la sua fortuna).
E poco importa se, in fondo, questa “fanciullezza” americana è forse ipocrita e stucchevole, perché, ben consci di questo, possiamo osservarne le ambivalenze e i paradossi nella morale dei suoi scritti e dei suoi racconti.


Cosa non è “Cose Preziose” se non una descrizione dell’ottusità e dell’invidia che aleggia su una cittadina di provincia americana, dietro la sua maschera da perfetto idillio pseudo-borghese?
Non ha nemmeno tanta importanza pensare che forse sia arrivata l’ora di una (meritatissima) pensione per il nostro zio Steph, la cui produzione è più veloce di Netflix nel pubblicare nuova robaccia woke, perché il mito degli Stati Uniti è ancora vivo e vegeto.
Un’America che ci viene raccontata da King come pragmatica e “semplice”, fatta di gente che, a dispetto di quanto possa suggerire il senso comune, non è assuefatta dal mito del capitalismo apocalittico che causa sogni inquieti a molti europei, ma vive le sue giornate tra un lavoro sottopagato e un hamburger “da Joe”.


Un Maine che si fa linguaggio universale di provincia, che con i suoi pettegolezzi e chiacchiere, è anche accogliente e piacevole e che ci accoglie a braccia aperte mentre tutto il nostro mondo cambia troppo velocemente.

 

Joe Lansdale riprendendo Steinbeck ha detto che “Il Texas è uno stato mentale”. Forse è tutta l’America iperreale di Stephen King a esserlo…

Nessun commento:

Posta un commento