Grazie alla Fazi Editore abbiamo avuto modo di leggere in anteprima la loro prossima uscita nelle librerie: “Capitalismo Woke”, un saggio che opera un discernimento in quella metafora di “risveglio” e consapevolezza che a oggi viene spesso adoperata.
Il termine viene associato a quella sorta di “responsabilità sociale” che, già negli anni sessanta, iniziava a muovere le masse. Coniato col suo significato più attuale alla fine del XX secolo ed esploso agli inizi del XXI, il Capitalismo Woke deve necessariamente essere analizzato per poterne comprendere le sue più intrinseche implicazioni.
Carl Rhodes è un professore di studi Organizzativi ed è preside di una Business School a Sydney. Si è interrogato su come e in che modalità le grandi aziende si adoperano sposando le grandi cause sociali. Dalla lotta alla mascolinità tossica di Gillette, marchio che ha aiutato la promulgazione dell’epilazione femminile; alla battaglia per il cambiamento climatico proposta da Jeff Bezos, sono tante le incoerenze che permeano il mondo economico. “Woke”, tradotto letteralmente come “risveglio”, è un termine che si connota del significato più profondo di “destamento”. Una ricerca spasmodica di consapevolezza che spinge la massa verso il polo opposto, cioè a urlare “washing” (lavaggio) davanti a tutte le diverse iniziative aziendali.
Rhodes, nel suo saggio, apporta numerosi esempio di strategie aziendali che si sono promulgate di motivazioni politicamente corrette. Facendo, così, luce su tutti i diversi distingui che andrebbero fatti davanti alle diverse campagne di marketing che non fanno altro che consolidare i guadagni delle stesse. Lungi, ovviamente, dal trovare una vera e propria soluzione ai problemi della nostra società, il capitalismo woke trasforma la moralità in profitto.
Come nota Carlo Galli nella prefazione, «il capitalismo woke qui è criticato non perché le campagne che sponsorizza sono sbagliate, o perché fa politica invece che profitti, né perché è poco coerente, ma perché è una funesta degenerazione delle forme politiche occidentale […] manifesta, dandola per ovvia e irreversibile, la fine della distinzione tra politica, società e terzo settore […] L’economia non si limita a invadere l’intera società, ma si sostituisce direttamente allo Stato».
In questo testo vi è tutto l’invito, dunque, ad aprire gli occhi e a restare ancor più svegli di quanto non facciano le multinazionali. Un modo per poter costituire una vera e propria resistenza del tutto condivisibile. Storia, causa ed effetti vengono così analizzati per poter costituire una società pronta alle azioni del politicamente corretto. Sperando che ciò, nel mentre, non distrugga il concetto di democrazia.
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