Non è raro imbattersi in dialoghi che utilizzano come perno la dicotomia tra natura e cultura. In altre parole, consideriamo (spesso implicitamente) questi due termini come antitetici: “Ho bisogno di una settimana in mezzo alla natura” è una frase che già implica l’ambiente urbano come qualcosa di non naturale. Si potrebbero fare anche altri esempi, ma questo calza a dovere e vorremmo che lo teniate in mente mentre leggerete il resto dell’articolo.
Partiamo dalla scomposizione di quella che può essere la visione più diffusa della natura: quella di ambiente non intaccato dagli esseri umani. Possiamo assumerla come un insieme di elementi vegetali, animali e anche minerali che in qualche modo creano uno scenario coerente che si riflette nel nostro immaginario. L’insieme dei luoghi ormai residuali, situati al di fuori dell’ecumene.
Prima di tutto vorremmo prendere questa immagine e notare come sia culturalmente costruita: quanto di romantico è presente in questa idea di “natura”? È alquanto buffo pensare che solo negli ultimi secoli l’essere umano viene considerato dalla scienza un animale, ossia è entrato in un sistema di classificazione che suddivide in maniera coerente tutti gli esseri viventi. Si tratta della cosiddetta “Tassonomia linneiana”, strutturata appunto da Linneo.
Nonostante questo, gli sviluppi degli ultimi secoli ci hanno portato sempre di più a sottrarci semanticamente dall’insieme che definiamo natura. Ciò potrebbe essere dovuto all’urbanizzazione e alla massiccia creazione di ambienti artificiali che fanno sempre più parte della nostra quotidianità. Potremmo includere anche il web e i social in questo concetto di “ambiente quotidiano”.
Qui ora proponiamo di capovolgere il concetto stesso di natura che abbiamo delineato come immaginario comune, ossia la natura come fattore estrinseco all’uomo.
Dopo una breve riflessione, non sembrerà neanche strano e verrà del tutto “naturale”. Il concetto di natura è in realtà intrinseco nell’uomo. In primo luogo, è un concetto strutturato dall’immaginario collettivo e dalla nostra esperienza quotidiano, tale concetto (con tutte le sue tradizioni possibili nelle molteplici lingue umane) perde di significato se viene meno il linguaggio stesso della nostra specie. In secondo luogo, in un discorso puramente biologico, non abbiamo motivo di pensarci al di fuori della natura. In terzo luogo, sono esse stesse natura tutte le opere umane che in un certo senso ci fanno sentire lontani da ciò che è natura per il nostro immaginario.
La cultura è la natura degli esseri umani, l’elemento creativo e originale che ci permette di adattarci all’ambiente e alle circostanze sociali. Il filoso Arnold Gehlen nel suo studio “L’uomo la sua natura e il suo posto nel mondo” è stato chiarificatore in tal senso. Gehlen sostiene che i modi attraverso i quali creiamo, trasformiamo e interagiamo con le nostre risorse sono per l’uomo una seconda natura. Al nostro sostrato biologico, si affianca quello simbolico e culturale.
Le grandi città, internet e le automobili sono in un certo senso prodotti “naturali”, dato che derivano dal complesso meccanismo di adattamento all’ambiente proprio della nostra specie. Con ciò però non vogliamo svalutare ciò che rientra nel concetto di natura più diffuso.
Vorremmo invece promuovere una cultura (e quindi una seconda natura) che permetta la coesistenza pacifica della nostra specie con gli ecosistemi terrestri. Le nostre capacità di adattarci non dovrebbero mai rompere degli equilibri, non dovrebbero mai danneggiare le altre specie o la nostra. L’atto di ricomprendere (a livello immaginario) l’essere umano nella natura consente di sviluppare la propria sensibilità riguardo un concetto che verrebbe altrimenti percepito come un oggetto esterno e lontano. Noi facciamo parte di quel tutto ed è nostro interesse personale e morale proteggere l’insieme che ci accoglie e che lega noi umani alle altre creature viventi.
“Isola ogni parte di te, davvero
E in ogni minima parte vedrai l'intero”.
- Luca Ferrazzi, Ologramma
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