È quasi impossibile, dai nati dal 1982 al 2016, non conoscere Doraemon, anche perché la sigla cantata da Cristina D’Avena è diventata un vero e proprio classico delle sigle tv. C’è da dire, però, che i nati anni ’80 – come la sottoscritta – ricordano ancora molto bene la prima sigla, ormai probabilmente confinata nelle rarità sonore.
Doraemon è un successo a livello planetario, tanto che sono stati creati musical, videogiochi, persino ristoranti e ricette a tema, seguito da tantissimo altro ancora di sua ispirazione; per questo è considerata una delle serie d’animazione giapponesi più conosciute all’estero. Il gatto Doraemon, infatti, è una vera e propria icona a della cultura pop giapponese e sarà sicuramente capitato a tutti noi di andare in un ristorante giapponese e assaggiare i dorayaki, meglio conosciuti come: “i dolcetti di Doraemon” solo perché sempre presenti in ogni puntata.
Come ogni opera importante che si rispetti sono tanti gli interrogativi che ha suscitato in ogni generazione: cos’è il cocktail di bambù? Ma soprattutto: il gatto più simpatico dell’animazione giapponese, è davvero solo un sogno di Nobita? Andiamolo a scoprire.
Ma prima, le solite informazioni: il manga è scritto e disegnato da Fujiko F. Fujio (tra le sue opere più famose anche in Italia troviamo “Carletto, il principe dei mostri” e “Nino, il mio amico ninja”. Scende una lacrima anche solo a ricordare le sigle, visto che entrambi gli anime li vedevamo su Super3) e viene pubblicato per la prima volta in Giappone dalla rivista mensile CoroCoro Comic dal dicembre 1969 all’aprile del 1996. In Italia arriva moltissimi anni dopo, nel 2005, per la Star Comics.
Da questo manga sono state fatte tre serie anime: la prima andata in onda sulla Nippon Television nel 1973, la seconda trasmessa su Tv Asahi dal 1979 al 2005 e la terza, sempre sulla stessa rete, andata in onda dal 2005 ai giorni nostri.
In Italia la seconda serie è stata trasmessa prima da Rai 2, poi dalle reti private e infine da Italia 1 e Boing, dal 1982 al 2013. La terza serie, trasmessa solo su Boing, arriva nel nostro Paese nel 2014, con le puntate che sono ancora in corso.
Io conosco un grosso gatto
sempre allegro e soddisfatto
con la testa rotondissima.
È davvero intelligente, furbo e sorridente:
Doraemon, the cat.
sempre allegro e soddisfatto
con la testa rotondissima.
È davvero intelligente, furbo e sorridente:
Doraemon, the cat.
Nobita Nobi ha dieci anni e frequenta la scuola elementare. È un ragazzino estremamente pigro e insicuro, forse per questo motivo non riesce a portare a termine alcuna attività, né a professare il suo amore la sua compagna di classe Shizuka Minamoto.
Nelle opere giapponesi è spesso il nome a dire tutto: in questo caso Nobita riprende il detto nobi-nobi in riferimento sia a una persona che sembra non avere problemi, prendendo tutto alla leggerezza, sia a chi ama prendersela comoda.
La sua vita è comune a quella di molti bambini giapponesi dell’epoca: madre casalinga, padre assente per le lunghe ore passate a lavorare, spesso da un luogo all’altro del Giappone. La famiglia proviene da una condizione media, insomma, e Nobita, secondo le intenzioni dell’autore, ne incarna proprio il suo essere: una generazione (quella dei boomer, essendo il ragazzino nato a fine anni Cinquanta) che non ha lottato per nulla e che si è a lungo crogiolata nell’abbondanza costruita da quelle precedenti, senza pensare minimamente a quelle future. (Thank you, boomers!)
Al disinteresse per la vita del bambino si aggiungono i due bulletti Takeshi Gōda e Suneo Honekawa: il primo, soprannominato Gian, è facilmente irascibile e il suo fisico massiccio lo rende anche estremamente forte; il secondo è il classico figlio di ricco e viziato, che è amico del primo solo per godere del suo rispetto di riflesso, perché senza non saprebbe come cavarsela. A completare il quadro si aggiunge la presenza del bello, intelligente e affascinante Dekisugi Hidetoshi di cui Shizuka è più che attratta.
Insomma, Nobita è il classico sfigatello ma che non fa assolutamente nulla per poter cambiare la sua vita se non lamentarsi.
Nelle opere giapponesi è spesso il nome a dire tutto: in questo caso Nobita riprende il detto nobi-nobi in riferimento sia a una persona che sembra non avere problemi, prendendo tutto alla leggerezza, sia a chi ama prendersela comoda.
La sua vita è comune a quella di molti bambini giapponesi dell’epoca: madre casalinga, padre assente per le lunghe ore passate a lavorare, spesso da un luogo all’altro del Giappone. La famiglia proviene da una condizione media, insomma, e Nobita, secondo le intenzioni dell’autore, ne incarna proprio il suo essere: una generazione (quella dei boomer, essendo il ragazzino nato a fine anni Cinquanta) che non ha lottato per nulla e che si è a lungo crogiolata nell’abbondanza costruita da quelle precedenti, senza pensare minimamente a quelle future. (Thank you, boomers!)
Al disinteresse per la vita del bambino si aggiungono i due bulletti Takeshi Gōda e Suneo Honekawa: il primo, soprannominato Gian, è facilmente irascibile e il suo fisico massiccio lo rende anche estremamente forte; il secondo è il classico figlio di ricco e viziato, che è amico del primo solo per godere del suo rispetto di riflesso, perché senza non saprebbe come cavarsela. A completare il quadro si aggiunge la presenza del bello, intelligente e affascinante Dekisugi Hidetoshi di cui Shizuka è più che attratta.
Insomma, Nobita è il classico sfigatello ma che non fa assolutamente nulla per poter cambiare la sua vita se non lamentarsi.
Questo micio bianco e azzurro è arrivato dal futuro
traboccante di novità.
Ha una tasca eccezionale, super funzionale
Doraemon, oh yes.
traboccante di novità.
Ha una tasca eccezionale, super funzionale
Doraemon, oh yes.
Con queste basi la vita del giovane è decisamente segnata. Sia i genitori (Tamako e Nobisuke) che il suo insegnante provano a spronarlo con ogni mezzo, ma lui rimane sordo a tali ammonimenti. Così il tempo passa, Nobita cresce, non prosegue i suoi studi, mette su un’azienda di fuochi d’artificio che fallisce in breve tempo e in più si sposa con Jaiko, sorella di Gian. Anno dopo anno, fallimento dopo fallimento, Nobita porta la sua intera discendenza in una condizione di estrema povertà. (Oh, guardate: come hanno fatto i boomer con noi!)
Arriviamo così al XXII secolo e tra i pronipoti di un Nobita ormai morto troviamo Sewashi Nobi che, seppur essendo identico fisicamente al trisavolo, così non è nel lato caratteriale: Sewashi è responsabile, ottimista, divertente e premuroso. Si rende conto che tocca a lui trovare la chiave di volta che aiuterà la famiglia a elevarsi e per farlo dovrà andare indietro nel tempo per migliorare il suo antenato. Non potendo rimanerci a lungo, però, gli affida il suo gatto robot Doraemon, dotato di una speciale tasca quadri-dimensionale dalla quale può tirare fuori diversi gadget – chiamati chiusky – in grado di aiutare il ragazzo, trasformando del tutto la sua vita e di conseguenza quelle di chi verrà.
Arriviamo così al XXII secolo e tra i pronipoti di un Nobita ormai morto troviamo Sewashi Nobi che, seppur essendo identico fisicamente al trisavolo, così non è nel lato caratteriale: Sewashi è responsabile, ottimista, divertente e premuroso. Si rende conto che tocca a lui trovare la chiave di volta che aiuterà la famiglia a elevarsi e per farlo dovrà andare indietro nel tempo per migliorare il suo antenato. Non potendo rimanerci a lungo, però, gli affida il suo gatto robot Doraemon, dotato di una speciale tasca quadri-dimensionale dalla quale può tirare fuori diversi gadget – chiamati chiusky – in grado di aiutare il ragazzo, trasformando del tutto la sua vita e di conseguenza quelle di chi verrà.
Chi lo sa come fa a cambiare realtà
va qua e là quando e come gli va.
Da quaggiù vola su, là nel cielo più blu
col suo copter di bambù.
va qua e là quando e come gli va.
Da quaggiù vola su, là nel cielo più blu
col suo copter di bambù.
Eh sì, non è un cocktail di bambù, ma un copter. E comunque lo sapevamo già. Andiamo avanti.
Nobita non perde la sua natura e darà molto filo da torcere a Doraemon che, poverino, pazienta nel suo incarico dovendo fare come una sorta di baby-sitter e allo stesso tempo salvarsi la sua stessa vita e reputazione, visto che il ragazzino spesso si ribella alla sua stessa guida, se così vogliamo definirla.
Nonostante l’impulsività e la voglia di affrontare il tutto il meno faticosamente possibile, però, Nobita si rende presto conto dei suoi errori e in ogni puntata impara qualcosa in più. La sua legge morale si perfeziona e molto (ma molto) lentamente si mette in moto qualcosa dentro di lui, qualcosa che probabilmente lo porterà a cavarsela nella vita e a sposare la tanto amata Shizuka.
Infatti, anche se attratta da Dekisugi, la ragazzina è segretamente innamorata di Nobita, ma il suo animo sa che non può essere alla sua altezza. Il carattere di Shizuka è gentile, premuroso, dolce, romantico, volto ad avere qualcuno del suo stesso livello accanto. Uno come Nobita la farebbe appassire nell’arco di qualche anno e non è questo ciò che merita. Ecco perché Doraemon non si perde d’animo e cerca in tutti i modi di rendere il suo padrone degno dell’amore che è destinato ad avere.
Doraemon, Doraemon che gatto spaziale
solo tu ci regali
dei gadget speciali
ma chissà come mai
quando poi ce li dai
siamo sempre in mezzo a mille guai.
solo tu ci regali
dei gadget speciali
ma chissà come mai
quando poi ce li dai
siamo sempre in mezzo a mille guai.
Non sarà facile per Nobita andare oltre alla sua routine fatta di giochi e… tante ore di sonno, ma l’impulsività e l’arroganza di Takeshi e Suneo (che incarnano rispettivamente la classe medio-bassa e quella medio-alta) daranno l’input giusto al ragazzo per svegliarsi e farsi valere.
Anche se li abbiamo descritti come antagonisti, in realtà i due ragazzini sono del tutto ambivalenti: da un lato fanno di Nobita il loro più acerrimo nemico, dall’altro non esitano a supportarlo quando ce ne è davvero bisogno.
Effettivamente non è un caso che nella guerra tra poveri la classe a farne le spese è sempre la media, accusata da una parte di non essere abbastanza, dall’altra di essere troppo. Bisogna sempre ricordare, però, che è proprio la classe media a mandare avanti baracca e burattini.
Doraemon, Doraemon sei il gatto ideale
ma il tuo mini padrone
è un vero pigrone
sai già che dormirà
niente lo sveglierà
e perciò in ritardo arriverà.
ma il tuo mini padrone
è un vero pigrone
sai già che dormirà
niente lo sveglierà
e perciò in ritardo arriverà.
Se si parla di presente e futuro non possono mancare le puntate dedicate all’ambientalismo, con i suoi primi sentori di vero e proprio allarme (che continua a non essere ascoltato, anzi, ora stiamo nella fase in cui è persino deriso. Sempre grazie, boomer!) e anche puntate dedicate all’incredibile forza che hanno i giovani, gli unici a poter sul serio cambiare le sorti della comunità.
Ma andiamo al sodo: come finisce Doraemon?
Il manga si conclude nel 1996, ma solo per la morte del suo autore. Va da sé, quindi, che la storia non abbia un suo vero e proprio finale. Gli stessi Ryūichi Yagi e Takashi Yamazaki, registi del film di Doraemon, hanno dichiarato che: “Di Doraemon esiste un unico episodio iniziale, mentre il finale è stato più volte riscritto e modificato”.
A rispondere in modo definitivo alla domanda è la casa editrice dell’opera, la Shōgakukan che nel suo epilogo ufficiale fa vedere Nobita e Shizuka che convolano a nozze. Doraemon, compiuto il suo dovere, torna nel futuro pur rimanendo molto amico del ragazzo.
Vai dietro al tuo padrone
vai e così lo aiuterai.
vai e così lo aiuterai.
Di Doraemon a noi è rimasto un ricordo molto vivido, anche perché ammettiamo che continuiamo a guardare le puntate quando le trasmettono. Abbiamo sempre amato la semplicità con cui venivano affrontati i temi più importanti, così come l’ironia dietro ogni aspetto negativo della vita.
Osservare il comportamento di Nobita, poi, ci ha fatto capire quanto la pigrizia sia deleteria quando le diamo il potere di decidere della nostra vita.
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