Anche se siamo online da pochi mesi, abbiamo già affrontato diverse volte l’argomento pandemia. Potete rileggere, o leggere per la prima volta i nostri articoli a riguardo. Tra “Tornare a vivere”, “Pandeconomia”, “Cinema post-covid”, “Paese senza cultura” e “Love is not tourism”, abbiamo cercato di darvi un sunto di quella che è la società italiana al momento e di come potrebbe cambiare nei prossimi decenni.
Viviamo certamente in un clima di tensioni, dove la fiducia nel prossimo viene a mancare giorno dopo giorno. Siamo in una sorta di post 11 settembre più amplificato, dove il sospettato non rispecchia più certi canoni estetici o culturali, ma è chiunque non siamo noi. Il nostro vicino sta invitando più di due persone a casa? Il collega di lavoro esce dopo il coprifuoco? Siamo ormai sicuri solo di noi stessi e della piccola cerchia di amici e parenti.
Anche noi ci siamo rese conto di questo, sentendo discorsi del tipo: “Eh, sai, ormai esco solo con persone strettissime a me, e sempre a distanza e con mascherina. Non mi fido degli altri”. Certo, va benissimo, il rispetto delle norme prima di tutto; ma non stiamo forse creando una società sfiduciata?
Anche noi ci siamo rese conto di questo, sentendo discorsi del tipo: “Eh, sai, ormai esco solo con persone strettissime a me, e sempre a distanza e con mascherina. Non mi fido degli altri”. Certo, va benissimo, il rispetto delle norme prima di tutto; ma non stiamo forse creando una società sfiduciata?
"Quando il popolo teme il governo c'è tirannia. Quando il governo teme il popolo c'è democrazia."
Il complottismo sta prendendo sempre più il sopravvento, ma è davvero un qualcosa da condannare? Nell’articolo “Zuckerberg vs Trump - ecco chi ha ragione” abbiamo provato a farvi capire come funziona il mondo dei social, che nonostante le apparenze è in continua evoluzione.
A noi piace tantissimo osservare ogni sfumatura dell’essere umano e non di rado ci capita di seguire discorsi di complottisti o non complottisti. A volte seguiamo con apprensione, altre sorridiamo perché le due fazioni non si accorgono di essere unite: entrambe sono sfiduciate e cercano risposte.
Quando stiamo su Facebook, Instagram, Twitter, Youtube o qualsiasi altro social o app, non stiamo in una piazza libera. È come se stessimo nella mega villa di qualcuno.
Possiamo parlare di ciò che vogliamo, ma dobbiamo sempre stare alle regole del padrone di casa, e nel corso degli anni queste regole si sono fatte sempre più severe. Se nel 2010 si veniva oscurati raramente, adesso basta una frase aggressiva.
Nel suo eccesso, questo sta ledendo anche il libero pensiero, come vi abbiamo già spiegato nell’articolo “Politically correct”, ma nel clima si diffidenza verso chi andava a dirci che sarebbe andato tutto bene, e che saremmo dovuti rimanere distanti ieri per abbracciarci oggi, queste regole vengono viste come censura.
Ogni social combatte quotidianamente le fake news. “The Social Dilemma”, disponibile su Netflix, ha già denunciato seriamente questo problema, che se ignorato potrebbe diventare sul serio dannoso per la società.
È normale per i rappresentanti politici mascherare una notizia, o raccontarla da un unico punto di vista per aggregare più persone possibili, ma un conto è se si agisce prendendo una notizia vera, un altro con una notizia totalmente inventata o una supposizione. Ci ricordiamo tutti la vicenda di un noto politico che dopo aver citofonato a casa di un cittadino, gli ha domandato: “Salve, lei spaccia?”.
Come se fosse un qualsiasi bulletto quattordicenne.
Ecco, i social cercano di tutelare, per quanto sia possibile, questo comportamento: il propagarsi di notizie false o che non hanno un fondamento. Si può dire: “Secondo me questo Governo ha fallito in…”, perché a dati alla mano, si può - e in una democrazia si deve - portare alla luce ciò che non va. Non va più bene dire e sostenere con convinzione che se un frutto risulta positivo al coronavirus, allora i test che utilizzano sono fallati. Non va bene dire che i vaccini assieme alle antenne 5G provocano chissà quali danni irreparabili.
Ecco, i social cercano di tutelare, per quanto sia possibile, questo comportamento: il propagarsi di notizie false o che non hanno un fondamento. Si può dire: “Secondo me questo Governo ha fallito in…”, perché a dati alla mano, si può - e in una democrazia si deve - portare alla luce ciò che non va. Non va più bene dire e sostenere con convinzione che se un frutto risulta positivo al coronavirus, allora i test che utilizzano sono fallati. Non va bene dire che i vaccini assieme alle antenne 5G provocano chissà quali danni irreparabili.
"Curiosamente, gli elettori non si sentono responsabili per i fallimenti del governo che hanno votato."
In un clima di fiducia queste persone non avrebbero alcun potere, perché le considereremmo dei folli, in ricerca di attenzione. Ma quando queste stesse persone parlano a chi è demoralizzato, a chi ha perso tutto, a chi sta affrontando una grave depressione, ecco, allora il problema c'è, ed è serio.
La persona scoraggiata ha bisogno di risposte, e se è sconfortata da chi la rappresenta, va a alla ricerca di altre risposte, quelle che trova più soddisfacenti. "Non è possibile che un virus faccia tutto ciò, deve essere sicuramente qualcosa di più grande contro di noi".
Chiedetevi per un secondo cosa sarebbe successo se Hitler avesse parlato all’alba degli anni ’20 a una Germania ricca e vincitrice della Prima Guerra Mondiale. Certo che nessuno gli avrebbe dato sostegno.
Con ciò non vogliamo paragonare nessuno a Hitler, ma dovremmo chiederci, i media per primi, cosa una notizia inventata o amplificata “terroristicamente”, possa creare nella mente di chi la ascolta o legge.
Dovremmo essere più responsabili, per difendere la generazione futura e tutte quelle che verranno da danni psicologici, economici e sociali irreparabili.
Nessun commento:
Posta un commento