Parole come "lockdown" e "distanziamento sociale" sono entrate nel nostro lessico in una maniera talmente prorompente che, quasi senza accorgercene, adesso utilizziamo in quasi ogni frase che pronunciamo. Il mondo intero ha dovuto cambiare improvvisamente le proprie abitudini: si studia e si lavora da casa, si fanno file fuori ai negozi – e questa volta non per aspettare il lancio dell'ultimo telefonino o dell'ultima playstation,– ai supermercati, alle farmacie, anche solo per comprare un pezzo di pane o una scatola di compresse. C’è da dire che questi eventi e condizioni hanno sottolineato le implicazioni del COVID-19 non solo a livello sanitario e sociale, ma anche politico, economico e finanziario e purtroppo, in questo scenario globale di crisi, il nostro Paese è tra quelli più duramente colpiti dall’emergenza.
Cosa ci insegna l’economia a proposito di ciò che è la situazione attuale che si sta vivendo? Può essere la chiave di lettura che permette di capire meglio questa tempesta perfetta? Il discorso partirà analizzando l’economia della pandemia poggiando l’attenzione su due punti molto importanti: prima di tutto si porrà l’attenzione sul concetto di esternalità, che in uno scenario simile la fa da padrona portando al cosiddetto fallimento del mercato e alla necessità di un intervento da parte dello stato. L’altro punto fondamentale è che questa pandemia a differenza delle altre crisi economiche passate ha la peculiarità di aver generato contemporaneamente due diversi shock, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta.
Uno dei concetti che assume particolare importanza nel mondo dell’economia e di cui si sente spesso parlare in vari corsi di macro e microeconomia sicuramente è quello di esternalità. Ma cos’è questa esternalità? Cosa indica? Sostanzialmente è una situazione in cui la produzione o il consumo di un individuo influisce sul benessere di altri individui senza che questi siano compensati del danno subito in caso di esternalità negativa o paghino per il beneficio ottenuto in caso di esternalità positiva. La politica economica, e in particolare il teorema dell’economia del benessere indica la presenza di esternalità come una delle 4 cause del fallimento del mercato. Il mercato fallisce quindi un equilibrio concorrenziale non può sussistere e allora, affinché possa aumentare il benessere sociale si rende necessaria una soluzione di second best, l’intervento dello Stato. Per spiegare meglio il concetto si immagini di essere nel periodo di inizio anno quando c’era il virus ma ancora era permesso circolare liberamente e i vari « restate a casa» erano solo annunci precauzionali, e si ipotizzi che una persona sia libera di andare in giro per strada, a prendere un aperitivo al bar. Sicuramente questo individuo ne trae un beneficio ma può correre il rischio di contrarre il virus e infettare le persone attorno a lui o magari i suoi cari tornando a casa senza che paghi loro alcun compenso. Se lo stato allora interviene con il lockdown forzato elimina questa esternalità.
Quindi in conclusione possiamo affermare che la pandemia aprirà ad un nuovo scenario, ad una situazione in cui il mercato tenderà a farsi indietro rispetto allo stato. Stato che occupa e occuperà sempre maggiore spazio nella vita sociale della cittadinanza non solo fino a quando si supererà la crisi, ma anche in futuro più lontano perché in genere questi fenomeni presentano sempre un grosso grado di persistenza. Non a caso infatti i paesi che stanno reagendo meglio alla crisi sono quelli in cui lo stato svolge già un ruolo centrale e quelli che sono connotati da una ben radicata disciplina sociale. Si prendano in considerazione la Cina e gli Stati Uniti, che rappresentano gli estremi opposti dell’economia. Il primo è un paese fortemente comunista e quindi basato su un forte controllo statale, il secondo, sappiamo bene, rappresenta una delle economie di mercato più libere al mondo. Esaminando quindi le due facce della medaglia si osserva che la diversità di reazione alla pandemia, anche nel tipo di interventi attuati, riflette il diverso ruolo dello stato. Tutto ciò potrebbe portare a delle conseguenze anche da un punto di vista prettamente politico con un rovesciamento degli equilibri di potere.
Esistono due punti di vista fondamentalmente diversi su come le politiche e la regolamentazione del settore finanziario si sviluppano nei diversi paesi e nel tempo. Da un lato, vi sono coloro che sostengono una visione tradizionale dei policy makers. Affermano cioè che la visione i governi agiscono nel migliore interesse della società, massimizzando in ultima analisi il benessere pubblico.
Gli errori politici sono causati da informazioni limitate e nelle difficoltà caratterizzanti il processo di definizione delle politiche. Dall’altro lato invece ci sono coloro che sostengono una visione più moderna di policy makers. Si sostiene che i responsabili delle politiche, compresi i regolatori, agiscono nel proprio interesse, massimizzando il benessere privato piuttosto che pubblico. I politici quindi non intervengono nel sistema finanziario per promuovere il benessere pubblico ma nel proprio interesse. La visione dell'interesse privato cioè, è al centro dell'approccio dell'economia politica alla finanza. Non a caso infatti molti sono gli esempi storici e le evidenze che mostrano come la crisi socioeconomica è stata molto spesso inquadrata come causa sprigionante, ad esempio dell’affermazione di partiti politici di estrema destra. Famosa è la crisi bancaria del 1931 in Germania dove il fallimento di due grandi banche tedesche, la Danatbank e Dresdner Bank portò all'ascesa elettorale del partito nazista. Ancora più antico ma di grande aiuto può essere il caso di Sparta e Atene . Sparta, grazie alla sua ferrea disciplina, seppe sfruttare al meglio l’epidemia di peste scoppiata ad Atene per diventare una potenza dominante. Quindi in conclusione è molto alta la possibilità che da questa pandemia si possa affermare qualche nuovo vincitore sullo scenario politico mondiale.
Un altro concetto molto importante in economia, e che può essere considerato come una delle basi del pensiero economico, è senza dubbio il modello di domanda e offerta. La legge della domanda e dell'offerta è una legge economia che pone in relazione la quantità domandata e la quantità offerta di un bene economico con le variazioni del suo prezzo. Secondo la legge, la quantità domandata di un bene (domanda) è inversamente proporzionale al prezzo del bene stesso. Quanto più è alto il prezzo del bene, tanto più è bassa la quantità domandata dello stesso, e viceversa (legge della domanda). La quantità offerta di un bene (offerta) è, invece, in relazione diretta con le variazioni di prezzo. Quanto più aumenta il prezzo di un bene, tanto più aumenta la quantità offerta del bene stesso, e viceversa. L'equilibrio di mercato si verifica quando il prezzo eguaglia la quantità domandata e la quantità offerta del bene. In tale caso il prezzo è detto prezzo di mercato o prezzo di equilibrio. Questo è ciò che avviene nella normalità.
In un contesto del genere caratterizzato dalla pandemia si verifica invece una situazione molto rara. Si immagini un semplice asse cartesiano con il prezzo sull’asse y e la quantità sull’asse x. Sia la curva di domanda che la curva di offerta subiscono lo stesso shock negativo, tendono a spostarsi verso sinistra, verso l’origine degli assi. Si ha uno shock negativo dal lato della domanda perché innanzitutto c’è un fattore tecnologico: sono diminuite le persone che lavorano, diminuite le persone che viaggiano, sono calati in generale i consumi. Le imprese in lockdown hanno registrato perdite cospicue e prevedono ulteriori perdite per il futuro. Tutto ciò si traduce in minori ricavi e minori soldi da investire, per cui anche gli investimenti diminuiscono. Di fronte a questo scenario di caduta della domanda aggregata lo Stato può intervenire in qualche modo compensando la situazione attraverso un aumento di spesa pubblica e dei trasferimenti. Degno di nota è stato il provvedimento emanato durante il lockdown in Italia dove l’INPS ha erogato soldi sotto forma di cassa integrazione a tutti i lavoratori dipendenti.
Come già accennato però, non è solo la domanda a tenere preoccupati gli economisti ma anche l’offerta: perché si produce di meno? Perché si sono spezzate le catene con cui le imprese di solito si approvvigionano di materie prime e semilavorati. Importare è più difficile perché il commercio internazionale si sta riducendo. Molti lavoratori hanno perso il lavoro e molte imprese ancora non hanno ripreso a pieno ritmo l’attività. Tutto ciò ci porta ad una duplice conclusione: con certezza c’è una recessione, ossia una riduzione del PIL. Ciò che è ignoto è se i prezzi aumenteranno o si ridurranno. Da un lato, osservando il calo della domanda, si potrebbe ipotizzare che questi scenderanno. Classico esempio è stato il petrolio, il cui prezzo sui mercati internazionali è letteralmente crollato nei primi mesi del 2020 arrivando fino al livello di 26$ al barile in Marzo per poi aumentare e attestarsi al giorno d’oggi sui 40$ secondo le ultime stime. Una buona ripresa, anche se comunque al di sotto dei risultati registrati nel periodo ante crisi (2018 - 2019) dove ha toccato quota 60 – 70 $ al barile. Quindi, osservando, questi dati uno potrebbe pensare che si è spostata maggiormente la curva di domanda. Ma non è così perché tale ragionamento non vale per ogni bene; nello stesso periodo sono risultate introvabili le mascherine, alcuni beni alimentari di prima necessità, per i quali si è assistito ad aumenti di prezzi. Ecco perché è difficile dire a priori quale effetto prevarrà. Anche se molti economisti sono in disaccordo sulla questione, molto probabilmente tenderà a prevalere il calo della domanda e quindi, almeno nel breve periodo, non avremo fenomeni inflazionistici.
Al momento è difficile prevedere la durata dello shock, quando riapriranno le scuole, quando gli uffici e le fabbriche torneranno a lavorare a pieno regime, e tutto ciò rende la sfida per la politica economica molto difficile perché servirebbe sapere appunto già ora quando questo shock terminerà per capire i reali effetti sull’economia e per poter adattare e modellare gli interventi. È molto difficile adottare degli interventi che sopperiscano al reddito delle persone per 2-3 mesi o nei casi più gravi anche 7-8 mesi o un anno. Questo perché il COVID 19 è totalmente diverso rispetto a quello che più tipicamente è definito disastro naturale (terremoto, tsunami) il quale ha un orizzonte temporale finito, quindi terminato il fenomeno si può andare sul posto, valutare i danni e adottare i giusti provvedimenti. In questa situazione ciò ancora non è possibile perché non si sa con certezza cosa accadrà nei prossimi mesi e quindi sono 2 sostanzialmente i rischi in cui il policy maker può incappare:
1. Spendere troppo poco, e se si spende poco non si riesce a contrastare la recessione;
2. Spendere troppo, vincere una battaglia non vuol dire vincere la guerra, se si spende troppo c’è il rischio poi di trovarsi privi di risorse di fronte ad altri shock.
Bisogna
stare attenti quindi e tenere conto del fatto che oggi chi prende decisioni di
politica economica si sta muovendo su un campo minato perché ancora non ha
un’immagine chiara e definitiva dei danni che sta subendo l’economia.
Articolo di Marco Buonomo
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