I vichinghi furono un popolo che visse neanche tre secoli (di loro si parla dal 792 al 1066), eppure le loro gesta sono arrivate fino a noi, eterne e immutabili. Dalla Svezia, giunsero sulle coste del mar Baltico, muovendosi fino alla Russia, per poi navigare fino a Costantinopoli, Baghdad e ancora in Islanda, Groenlandia, Grecia e arrivarono nel Nuovo Continente cinque secoli prima di Cristoforo Colombo (venne, infatti, ritrovato un insediamento vichingo sull’isola di Terranova nell’odierno Canada). Le loro gesta eroiche, di grandi marinai e conquistatori, sono state per decenni ignorate e tutt’ora trovare un libro che ne riporti le saghe è un’impresa non poco ardua. Tra le proposte natalizie della Fanucci editore, però, abbiamo trovato un romanzo che ha attirato la nostra attenzione: “Styrbjörn – Il Grande Vichingo”, scritto da Eric Rücker Eddison nel 1926 e tradotto solo di recente.
La storia racconta la vita di Styrbjörn Olafsson, erede al trono svedese, famoso per la sua forza e il suo carattere. Principe dal temperamento bellicoso e aggressivo, venne affidato alla morte del padre allo zio, re di Svezia, re Eric, detentore del trono, ma poi venne allontanato per tre anni con la promessa che, al suo ritorno, avrebbe ereditato il trono a lui spettante. Promesse vane, così nei suoi viaggi, Styrbjörn divenne il capo dei vichinghi di Jomsborg e con le sue conquiste partì alla volta della Svezia, pronto a reclamare quanto suo per diritto di nascita.Nell’opera di Eddison, ci troviamo davanti ad un revival delle grandi gesta eroiche del popolo vichingo, senza alcun abbellimento, senza nessuna scena di romanticismo forzata che di solito accompagnano opere di questo tipo. L’intento dello scrittore era quello di trasmettere al lettore non una saga “migliorata”, quanto un tener vivo lo spirito delle saghe norrene, raccontando la storia a modo suo. Nonostante fosse un’impresa ardua, Eddison c’è riuscito. Il libro si appoggia a fonti storiche, infatti lo stesso protagonista è presente della "Eyrbyggja Saga" (Saga degli uomini di Eyr) del XIII secolo con il nome di “Styrbjörn il Forte”.
La scrittura, accuratamente ricercata, permette al lettore di essere davvero lì davanti al conquistatore, al suo fianco, pronti a impugnare uno scudo e la spada. Si sente l’odore della terra insanguinata e della brezza dell’oceano che si staglia contro le coste della Svezia, ci si raccoglie al fianco dei personaggi quando venivano offerti sacrifici agli dèi per essere accompagnati sul campo di battaglia. Con Eddison si rivive il romanzo storico delle saghe, dove guerra, sangue, eroi e conquiste erano il fulcro delle storie. Il potere narrativo e lo stile “musicale” usato dall’autore fanno sì che la storia di Styrbjörn non venga dimenticata, che si rifletta sulla decandenza dell’essere umano e su quanto un singolo gesto possa dar via a un conflitto sanguinoso, esattamente come fu per la bella Elena dell’Iliade.
La letteratura nordica classica non è molto conosciuta al giorno d’oggi, eppure Eddison si rivolge allo spirito nordico come qualcosa di tangibile, che lo ha convinto a scrivere questo romanzo, riportando anche versi poetici della pietra miliare nordica, l’"Edda Poetica”, traducendola quasi parola per parola, addossandosi solo le colpe e non i pregi che un’opera così ricercata richiede. Lo stesso C.S. Lewis parlò dell’opera di Eddison come una forma d’arte, perché la si può accostare a essa. Più recentemente possiamo legare Styrbjörn ai grandi personaggi dei videogiochi ad ambientazione storica, infatti nella versione "Assassin's Creed Valhalla" c'è proprio il personaggio di re Styrbjörn o possiamo paragonarlo a Kratos di "God of War" per stazza e abilità bellica.
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