venerdì 7 giugno 2024

#Racconti: 1960 - Seconda Parte

Anche se il secolo non è l’Ottocento, questo tipo di racconti fa parte della raccolta psichedelica di milleottocentoottantaequalcosa.

Sono racconti che all’apparenza possono sembrare insensati, ma in realtà portano nel mondo un profondo significato, basta solo saperlo cercare bene.

I fatti narrati sono autobiografici, ma per questioni di privacy abbiamo cambiato nomi, fatti e luoghi, così nessuno può lamentarsi.

Le immagini sono state create con l’intelligenza artificiale.

Potete recuperare la prima parte qui.


LucaGian si arresta appena messo piede al locale. Il forte odore di fumo, alcol, sudore è sgradevole al punto di provocargli una forte nausea. Se è così adesso che è ancora vuoto, chissà come diventerà dopo, si chiede. Fa per andarsene, ma Erf è già seduta al primo tavolino sotto al palchetto, lo guarda con disprezzo e giudizio. Si fa coraggio e la raggiunge.
«Non vi sentite bene?»
«C’è un odore terribile, come fate a non sentirlo?»
«Oh, lo sento bene. Mi ricorda la mia infanzia.»
LucaGian non infierisce perché è distratto dall’arrivo di un cameriere. Entrambi ordinano del prelibato vino bianco, il che manda in crisi la gestione del locale, visto che non ne hanno.
«Una semplice birra andrà bene lo stesso» fa accondiscendente Erf. Ancora, LucaGian non ha il coraggio di dire quello che pensa, ma quando il cameriere torna effettivamente con dei boccali di birra, guarda affranto la compagna d’avventure.
«Erf, non credete di esagerare?» le si avvicina per sussurrare quanto dirà, anche se parlando in italiano nessuno li capirebbe. «Già stiamo in una terra barbara, vogliamo davvero bere questa bevanda incivile?»
Erf tira fuori dalla sua borsetta una boccetta di liquido viola.
«Non dite assurdità. Aggiungiamo questo liquido e la birra diverrà il miglior vino italiano mai prodotto. Deve essere tremendo vivere in posti senza vigne. Poveri britannici.»

Il locale comincia a riempirsi, e a un tratto appare Brian Epstein assieme a un suo amico. Erf gli sorride da lontano, e lui ricambia con un cenno d’assenso. Il pubblico applaude e fischia entusiasta quando i quattro ragazzi appaiono sul palchetto. Erf sente il cuore battere all’impazzata e li osserva, totalmente ipnotizzata. LucaGian, invece, non cambia il suo umore. Potevano esibirsi anche i Cugini di Campagna, lui sarebbe rimasto lo stesso impassibile. Che si tratti di troppo orgoglio o di totale apatia, nessuno lo saprà mai.
A fine concerto, vede Brian avvicinarsi velocemente ai quattro, che si chiudono in camerino.
«Bene, è fatta.» Fa con orgoglio Erf. «Possiamo andare.»
«Possiamo rimanere un altro po’? Questo vino è spettacolare.»
«E sia, ordiniamo pure un ultimo giro».

Dopo una ventina di minuti, dove Erf e LucaGian hanno disquisito sul pensiero di Giordano Bruno e di come questo ha avuto un impatto fondamentale sulla loro vita, il leader del gruppo di prima si avvicina al tavolo dei due, accendendosi una sigaretta e offrendone una a Erf.
«Grazie, ma non fumo.»
«Audace.»
LucaGian sa già come andrà il tutto, ma vuole vederlo attentamente con i suoi occhi.
«Hai mandato tu Brian Epstein da noi.» quel tu così disinibito ha un effetto eccitante sulla splendente donna che semplicemente sorride, sa che con quel ragazzo deve rimanere il più misteriosa possibile.
«Non credo tu ci abbia sentiti ad Amburgo.»
«Cosa le dà tutta questa sicurezza?»
«Ti avrei ricordata.»
Erf si inumidisce le labbra, conoscendo bene la memoria di ferro di chi ha davanti.
«Sono rimasta in disparte, non mi fido degli inglesi.»
«Eppure vi abbiamo salvati dalla guerra.»
«Quelli sono stati gli americani.»
LucaGian spalanca gli occhi, non è possibile che Erf abbia dato il merito della Liberazione proprio a degli yankees, ma solo guardando la reazione del giovane John Lennon capisce che lo ha fatto per stuzzicarlo.
«E perché non ti fidi degli inglesi?»
«Sono italiana, sono abituata a chi dice le cose come stanno, a chi non ha paura di esprimere le emozioni e a chi non nasconde le proprie passioni.»
John spegne la sigaretta sul posacenere lì fisso ma pulito e si alza, invitandola ad andare in camerino con lui. Erf lancia un’occhiata agli altri tre membri, occupati a sistemare il palco.
«Solo se porti anche lui.» fa rivolgendosi al bassista. A John si illuminano gli occhi.

Mezz’ora dopo i tre escono dal camerino, Erf si sistema l’acconciatura e la gonna, LucaGian è nella stessa posizione apatica di prima.
«Ora possiamo andare.»
«Ti sei divertita?» le chiede stizzito.
«Abbastanza.»
«Hey, aspetta!» il bassista, che si è presentato a Erf come Paul, la raggiunge con occhi sognanti, seguito dal suo amico. «Non ci hai detto il tuo nome.»
Erf sorride. «Potete chiamarmi Penny Lane.»
«Ti dedicheremo una canzone, Penny Lane» urla John.
«Oh, lo so.»
Erf riprende la borsetta lasciata sul tavolo e si mette sotto il braccio di LucaGian.
«Non c’è proprio niente che voi non possiate fare, dolce Erf.»
«Già. Il mondo è proprio un pianeta appagante».

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