Per la collana Le strade di Fazi Editore, il 4 giugno scorso è approdato nelle librerie e negli store online Al mare di Dörte Hansen, la più recente pubblicazione dell’autrice tedesca, tradotto da Teresa Ciuffoletti.
Il romanzo narra di vicende famigliari e non solo ambientate su un’isola del Mare del Nord, dove tutta la vita sembra ruotare proprio attorno all’enorme massa di acqua salata che circonda la terraferma che ne emerge, e l’interrogativo dell’autrice è questo: perché l’uomo ama così tanto il mare?
Il romanzo narra di vicende famigliari e non solo ambientate su un’isola del Mare del Nord, dove tutta la vita sembra ruotare proprio attorno all’enorme massa di acqua salata che circonda la terraferma che ne emerge, e l’interrogativo dell’autrice è questo: perché l’uomo ama così tanto il mare?
Nonostante non sia la prima pubblicazione di Hansen, per me è il primo incontro con l’autrice ed è uno dei primi approcci più piacevoli e dolci in cui potessi sperare. Ignoro quindi se anche gli altri romanzi dell’autrice abbiano lo stesso stile di Al mare, ma di questo non posso che parlare bene.
La prosa di Hansen è dolce e dolorosa al tempo stesso, capace di addolcire con cucchiaiate di miele anche le verità più crudeli – le sottolineature sul file si sono davvero sprecate, perché ogni capitolo regala realtà quotidiane più o meno difficili da realizzare e digerire.
È soltanto un’ora di traghetto o poco più a dividere la terraferma da quest’isola del Mare del Nord, ma è lontana anni luce da tutto e segue regole tutte sue, che nessuno comprende davvero.
Dörte Hansen lo racconta attraverso la storia della famiglia Sander, che in un modo o nell’altro non riesce a liberarsi dal mare, dalla zavorra che può essere quando non è in grado di donare gioie.
Jens Sander ha capito da anni che il mare non fa per lui, non del tutto. La vita da marinaio – e i suoi aspetti negativi – non è quello che vuole, così come pensa di non essere tagliato per essere marito o padre: la soluzione è ritirarsi in una capanna a osservare le creature dell’isola che davvero apprezza, gli uccelli, e occuparsi di tassidermia.
Hanne, la moglie, ha accettato con rabbia passiva il suo abbandono accogliendo in casa i turisti per colmare il vuoto dell’assenza del marito, accudendo il figlio Ryckmer, uomo di mare fino al midollo nonostante l’alcolismo e le altre problematiche che si porta dietro.
Anche Eske, la figlia femmina, è legata all’isola: per un mese all’anno se ne va sulla terraferma da Freya, tatuatrice e amante della giovane, ma la traversata del traghetto del ritorno non è mai abbastanza veloce. Eske non vede l’ora di tornare a casa ogni volta.
Henrik, il figlio minore, pare essere l’unico davvero in pace con il mare, il solo della famiglia a sapere davvero come trattarlo, come rispondere quando s’ingrossa e spaventa. Raccoglie scarti di ogni genere dalla spiaggia dell’isola e compone delle assurde sculture che, incredibile a dirsi, l’hanno reso famoso anche al di fuori della lingua di terra in cui abita, attirando visitatori anche da chi il mare non l’ha mai capito.
La prosa di Hansen è dolce e dolorosa al tempo stesso, capace di addolcire con cucchiaiate di miele anche le verità più crudeli – le sottolineature sul file si sono davvero sprecate, perché ogni capitolo regala realtà quotidiane più o meno difficili da realizzare e digerire.
È soltanto un’ora di traghetto o poco più a dividere la terraferma da quest’isola del Mare del Nord, ma è lontana anni luce da tutto e segue regole tutte sue, che nessuno comprende davvero.
Dörte Hansen lo racconta attraverso la storia della famiglia Sander, che in un modo o nell’altro non riesce a liberarsi dal mare, dalla zavorra che può essere quando non è in grado di donare gioie.
Jens Sander ha capito da anni che il mare non fa per lui, non del tutto. La vita da marinaio – e i suoi aspetti negativi – non è quello che vuole, così come pensa di non essere tagliato per essere marito o padre: la soluzione è ritirarsi in una capanna a osservare le creature dell’isola che davvero apprezza, gli uccelli, e occuparsi di tassidermia.
Hanne, la moglie, ha accettato con rabbia passiva il suo abbandono accogliendo in casa i turisti per colmare il vuoto dell’assenza del marito, accudendo il figlio Ryckmer, uomo di mare fino al midollo nonostante l’alcolismo e le altre problematiche che si porta dietro.
Anche Eske, la figlia femmina, è legata all’isola: per un mese all’anno se ne va sulla terraferma da Freya, tatuatrice e amante della giovane, ma la traversata del traghetto del ritorno non è mai abbastanza veloce. Eske non vede l’ora di tornare a casa ogni volta.
Henrik, il figlio minore, pare essere l’unico davvero in pace con il mare, il solo della famiglia a sapere davvero come trattarlo, come rispondere quando s’ingrossa e spaventa. Raccoglie scarti di ogni genere dalla spiaggia dell’isola e compone delle assurde sculture che, incredibile a dirsi, l’hanno reso famoso anche al di fuori della lingua di terra in cui abita, attirando visitatori anche da chi il mare non l’ha mai capito.
«Ma non c’è persona né cane né luna che sia sleale quanto il mare, che non sente la mancanza di nessuno. Che si fa dare tanto amore e non lo ricambia mai.»
E cos’è, alla fine, ciò che ci chiama sempre e costantemente verso il mare, verso la distesa d’acqua salata che sembra non avere fine, contro la quale in caso di scontro non potremmo mai pensare di vincere?
Le vite dei protagonisti sono, volenti o nolenti, legate a doppio filo al flusso delle maree, agli orari dei traghetti, a ciò che l’isola lascia davvero loro. Vorrebbero scappare, non vorrebbero stare altrove: poco importa, perché il loro destino è indissolubilmente intrecciato a quello del mare che si portano dentro.
Una meravigliosa storia di una famiglia, di vita legate al mare, di scelte sbagliate lungo destini incerti, del mare che ci trascina sempre e comunque verso di sé, e a volte ci fa annegare.
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