Dopo “Aladdin”, “La bella addormentata nel bosco”, “Peter Pan”, “Luca”, “Soul” e “Over The Moon”, abbiamo deciso di esaminare “La Sirenetta”, classico uscito nelle sale nel 1989. Ovviamente è basato sull’opera omonima di Christian Andersen, ma ormai sapete quanto la Disney metta della metafisica in ogni cosa che fa, quindi concentriamoci solamente sul film d’animazione.
Piccola nota: c’è da dire che La Sirenetta ha dato l’inizio al sorgere di una nuova era Disney, che dagli anni Cinquanta e per tutti i Settanta, ha subito una decadenza. Ok, dopo l’angolo saccente possiamo iniziare. Ricordiamo che parliamo solo ed esclusivamente dal punto di vista metafisico/esoterico.
Conscio e inconscio sembrano destinati a non incontrarsi mai, eppure l’uno è sempre attratto dall’altro. Chi è il primo ad accorgersi di tale attrazione? Il secondo, ovviamente. Ecco perché Ariel sfugge alle sue responsabilità come figlia del re Tritone per andare in superficie, da sempre vietata, ed ecco perché nasconde in una grotta segreta tutto ciò che ha a che fare con gli umani. Ricorda un po’ Luca, vero? (Eviteremo i vari parallelismi solo perché non tutti hanno ancora visto l’ultimo film Disney. Strano, lo sappiamo).
Ho le cose più strane e curiose/Non ho nulla da desiderar/Vuoi un comesichiama? Io ne ho venti/Ma lassù, cosa mai ci sarà?/Imparerei tutto, già lo so/Vorrei provar anche a ballare/E camminar su quei... come si chiamano? Ah, piedi/Con le mie pinne non si può far/Vorrei le gambe per saltare e andare a spasso per la... come si dice? Strada/Vedrei anch'io la gente che/Al sole sempre sta, come vorrei/Essere lì, senza un perché/In libertà
Ariel (l’inconscio) vuole andare nel mondo degli umani (conscio) per apprendere cose che sotto la superficie dell’acqua non potrebbe mai capire. L’incontro con Eric non è, quindi, il semplice e banale: “Alla donna serve l’uomo per essere felice”, ma il ricongiungimento di due parti di noi che assieme possono prendere le redini di ciò che è la vita.
“Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua via e tu lo chiamerai destino.”
-Jung
Ed è per questo che Ariel è la figlia di Tritone: perché se non avesse voluto con tutta se stessa andare verso il conscio, sarebbe stata costretta a seguire il destino da “figlia di…” un percorso non suo, una vita passata a seguire le aspettative di altri.
Ariel invece è ribelle, salta lo spettacolo di presentazione al popolo, non le interessa di chi la sgrida. Il padre che in questo caso è ovviamente l’Ego. Quella vocina che dobbiamo sì ascoltare, ma non per questo dobbiamo crederle. L’Ego vuole che conscio e inconscio restino divisi, perché solo così può avere pieno potere.
Solo così può nutrirsi di dolore, piacere, desiderio, staticità, possessione, avidità, ricchezza, povertà… l’Ego ama tutto ciò che è passeggero, e ama questa lotta di emozioni senza fine. Ama passare da uno stato all’altro, ama rendere reale ciò che è irreale. Crede che un qualsiasi attaccamento sia stabile e va in crisi quando l’anima bussa forte, perché sa che aprendole la porta, lui morirà.
E lui non vuole morire. Tritone quindi impedisce a chiunque di andare nel conscio. L’essere ribelle è un requisito fondamentale per chi vuole affrontare l’esoterismo. Non è per chi rispetta gli schemi, per chi vuole prove, per chi vuole capire. È un percorso per chi è capace di affidarsi solo al flusso della vita, senza capire il perché e per come.
“Se lo capisci, non è Dio”
-Sant’Agostino
Lasciare andare è difficile, si sa, ma ciò che si trova è almeno il triplo rispetto a ciò che si è lasciato alle spalle. Ariel si “butta” all’avventura, scardina i no che le sono stati ripetuti fin da bambina, non ascolta nessuno, tanto da perdere la voce. Perdere la voce esotericamente vuol dire proprio rimanere nel Silenzio, senza proferire il minimo dubbio; vi ricordiamo che questa parola deriva dal sanscrito che vuol dire due. Il dubbio è tutto ciò che ha a che fare con la dualità.
Ariel non crede, quindi, alla dualità. Al giusto e sbagliato, al: “Questo si può fare e questo no”. Va e si unisce al conscio, al maschile, al suo Eric. E alla fine l’Ego, sicuramente rassegnato, non può che lanciare la sua benedizione e fare in modo che inconscio e conscio si trovino e vivano la vita che realmente vogliono.
Ariel non porta rancore al padre, perché l’Ego non va odiato, bensì accolto. Va abbracciato, inteso, come se fosse un bambino capriccioso.
Il pesce è triste assai/Rinchiuso in una boccia/Che brutto destino avrà/Se all'uomo verrà un po' fame/Il pesce si papperà
Vi invitiamo a meditare anche sulle parole della canzone: “In fondo al mar”. L’inconscio, infatti, è pieno di nostre “creature” che hanno paura di venire alla luce perché se lo facessero noi le giudicheremmo, le sminuiremmo, le faremmo sentire indegne di esistere. Ecco, questo è un errore molto comune per tutte quelle persone che credono che esista un bene e un male.
Va accolto tutto: dalla pulsione più benevola a quella più malevola. Solo chi conosce il proprio Inferno, con tutti i suoi peccati commessi e non, può aspirare alla luce del Paradiso.
Se vi è piaciuto questo articolo, non esitate a farcelo sapere. Così come vi saremmo grate se ci indicaste un classico Disney da analizzare dal punto di vista esoterico.
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