venerdì 24 settembre 2021

#Arte: La Notte Stellata

Quando pensate che sia troppo tardi per fare qualcosa, non scoraggiatevi mai e pensate semplicemente a Van Gogh. Tutti conoscono il suo talento, tutti sanno quanto a oggi valga un suo quadro. Tutto questo potrebbe farvi pensare che il pittore olandese nella sua breve vita abbia vissuto nel lusso, mentre appoggiava il pennello sulle tele e dando libero sfogo alla sua immaginazione, a ciò che il suo sguardo catturava.

Ebbene, non è andata propriamente così: Van Gogh è morto all’età di 37 anni senza un soldo. Le sue opere hanno acquistato valore post mortem. Realizzò più di novecento dipinti, influenzò tutta l’arte del secolo scorso, iniziando a dipingere all’età di 27 anni. Insomma, come abbiamo detto spesso nei nostri articoli e più volte a Radio Sapienza, non è mai tardi per cominciare.

Uno dei quadri più celebri del pittore olandese è sicuramente la “Notte Stellata”, un olio su tela realizzato nel 1889 e a oggi conservato nel Museum of Modern Art di New York.

Van Gogh (nato a Zundert nel 1853 e morto a Auvers-sur-Oise nel 1890) era un artista tormentato, non stabile a livello mentale, di cui è famosa l’automutilazione dell’orecchio. Dopo vari episodi psicotici, decise di farsi internare al Saint-Rémy de Provence – internare in manicomio, perché non si può parlare di cura, dato che essa consisteva in due bagni settimanali-. Nella sua stanza, poco prima dell’alba dipinse il suo famoso quadro, la “Notte stellata” appunto. Viene rappresentata la scena che lui vedeva dalla sua finestra e la data potrebbe essere indicativamente il 19 giugno 1889, anche se potrebbe trattarsi altresì degli ultimi giorni di maggio, da quanto è possibile dedurre da una delle numerose lettere che inviava al fratello Theo. In una missiva, scriveva infatti la descrizione di una fase lunare riconducibile al 23 maggio.

Nel quadro viene rappresentata una campagna di notte, qualche ora prima del sorgere del sole. Un cipresso si staglia in primo piano, quasi a celare parti delle colline alle sue spalle, ma alle cui pendici sorge un paesino, le cui luci domestiche sembrano far riferimento a un focolare che l’artista si è lasciato sfuggire. I colori sono cupi e le pennellate seguono le sagome delle figure stesse: circolari per il cielo, ondulate per le montagne e i rami del cipresso ricordano lingue di fuoco.

Il villaggio emana una strana quiete, la calma notturna, una placidità che entra fortemente in contrasto con il cielo che lo sovrasta. Le stelle, la luna e il pianeta Venere, distinguibile per la sua forte luminosità nelle date sopracitate, assumono la forma di giganteschi vortici che, cambiando continuamente la direzione, rimandano ad un senso di inquietudine, un turbinio che non può essere né gestito, né capito dall’essere umano. Calma e frenesia sembrano dividere a metà il quadro.

Smarrito e in preda alle allucinazioni che più volte avevano intralciato la vita dell’autore, Van Gogh rappresenta così il suo malessere interiore, la sua aggressività in contrasto con un animo fragile e malato, con gli astri che emanano una energia che il mondo terreno, fatto dalle Alpilles e dal villaggio, non sono in grado di cogliere, incapaci di condividere.

L’intima solitudine dell’artista, che non si è mai sentito del tutto capito dalla società del suo tempo, si sprigiona dalle varie gradazioni del blu che si dispiegano per tutto il quadro. Sempre denigrato in vita come artista, considerava questo capolavoro come un suo grande fallimento, nonostante fosse riuscito a rappresentare un contrasto di energie in una notte mentre fissava lo scorrere della vita fuori dal manicomio.

Osservo negli altri che anch'essi durante le crisi percepiscono suoni e voci strane come me e vedono le cose trasformate. E questo mitiga l'orrore che conservavo delle crisi che ho avuto [...] oso credere che una volta che si sa quello che si è, una volta che si ha coscienza del proprio stato e di poter essere soggetti a delle crisi, allora si può fare qualcosa per non essere sorpresi dall'angoscia e dal terrore.”

Della sua morte da suicida, che alcuni addirittura sostengono si sia trattato di un omincidio ma che scelse di tacere per non mandare nei guai due ragazzini, suo fratello Theo e il medico che provò a medicare la ferita riportano il suo desiderio di morire, di porre fine a una vita che non riusciva più a gestire. Nonostante tutto, sembra che le sue ultime parole furono “ora vorrei ritornare”. Che possa aver voluto intendere un ritorno nell’energia cosmica di cui è composto il mondo? Nessuno lo sa, si tratta di un segreto che Van Gogh si è portato nella tomba. Profondamente legato al fratello, anche Theo non riuscì a sopravvivergli e, dopo un breve periodo di internamento, lo seguì nella morte sei mesi dopo.

La "Notte stellata" è un capolavoro dell’Ottocento, che ha posto le basi perché nascesse pochi anni dopo il movimento espressionista, in cui gli autori esprimevano la propria anima nella realtà, senza mediazione alcuna, perché l’arte tornasse a comunicare ciò che l’artista portava dentro. L'animo tormentato di Van Gogh è sempre stato l'intimo protagonista del suo percorso artistico.

 

Nessun commento:

Posta un commento