Quando ho deciso di parlare delle donne dei Beatles sapevo sarebbe arrivato anche il momento di scrivere su Yoko Ono.
Yoko Ono nasce a Tokyo il 18 febbraio 1933 ed è la figlia maggiore di Eisuke Gue Ono e Isoko Ono.
Il padre appartiene a una delle famiglie più importanti nell’ambito bancario giapponesi, mentre la madre è una pianista classica.
A lei si aggiungeranno il fratello Keisuke (1936) e la sorella Setsuko (1941).
Dato lo status sociale i bambini vengono cresciuti solamente da bambinaie e istitutrici, difficilmente riescono a restare con i genitori, infatti il rapporto è piuttosto freddo, potremmo dire che gli uni per gli altri sono dei veri e propri sconosciuti.
A causa degli impegni dei genitori era normale per gli Ono fare avanti e indietro tra gli Stati Uniti e il Giappone (infatti Keisuke è nato a San Francisco), per questo Yoko – e i fratelli – crescono parlando fluentemente sia il giapponese che l’inglese.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Eisuke sparisce – la famiglia scoprirà solo dopo che fu internato in un campo di prigionia in Cina – e la famiglia cade in povertà. Chi conosce un minimo la cultura giapponese sa quanto possa significare questo mentalmente: i bambini Ono, abituati alle buone maniere dell’alta società, venivano costantemente presi di mira e Yoko, in qualità di sorella maggiore, è quella che si sente in dovere di proteggere i più piccoli ed è qui che comincia a sviluppare un lato del carattere molto aggressivo, vendicativo, totalmente oscuro.
La guerra continua con tutti i suoi bombardamenti a Tokyo dove comunque gli Ono sopravvivono perdendo del tutto quel poco che era rimasto loro. Così si trasferiscono definitivamente negli Stati Uniti, a Scarsdale, nello Stato di New York.
Crescendo Yoko sviluppa una vera e propria passione per l’arte: ama partecipare a tutti gli eventi artistici, concentrandosi più sulla pittura e la musica. Decide quindi di iscriversi al Sarah Lawrence College con l’approvazione dei genitori. Quando, però, Yoko inizia a fare la vita dell’artista bohémienne ne sono assolutamente contrari e la puniscono gravemente sia dal punto di vista psicologico e fisico: la picchiano, la chiudono a chiave nella sua stanza e, ovviamente, tutto questo peggiora la sua condizione psicologica che la rende sempre più ribelle.
È, forse, proprio per andare via da quell’ambiente che nel 1956 si sposa con il compositore e pianista giapponese Toshi Ichiyanagi (1933-2022), dal quale divorzia nel 1962 per poi sposarsi – solo qualche mese dopo – con il produttore statunitense Anthony Cox. I due annullano il matrimonio quattro mesi dopo, per poi risposarsi il 6 giugno 1963 e… separarsi ancora il 2 febbraio 1964. In tutto questo prendi e lascia, l’8 agosto 1963 nasce Kyoko Chan Cox che è affidata alla tutela della madre, pur continuando a vedere il padre.
In questo stesso periodo prende parte alla Fluxus: un’associazione libera di artisti internazionali d’avanguardia, nata proprio in quegli anni. Si avvicina all’arte concettuale e alle performance artistiche, anche a costo di creare scandalo, come nel caso della sua “Cut Piece”. In questa performance, infatti, Yoko rimaneva seduta su un palco e il pubblico poteva (anzi, doveva) tagliare con le forbici i suoi vestiti, fino a rimanere totalmente nuda.
Nel 1964 pubblica un libro: Grapefruit, il cui contenuto sono delle istruzioni che il lettore deve completare nella sua mente da sé. Non sono, quindi, inviti da prendere dalla lettera (anche perché alcuni sono proprio impossibili da fare letteralmente, tipo srotolare una nuvola come fosse carta igienica e rimetterla poi in cielo) quanto concetti che portano il lettore a percepire la realtà da un altro punto di vista.
Nello stesso anno comincia a dirigere alcuni film sperimentale, fino ad arrivare a un discreto successo con “No. 4”, più noto come “Bottoms” (1966) dove vediamo solo inquadrature di… glutei di persone che camminano su di una pedana. In sottofondo le interviste delle persone proprietarie di queste natiche.
Nel novembre 1966 Yoko vola a Londra per allestire una sua mostra all’Indica Gallery. John Lennon, amante dell’arte, viene invitato dalla stessa galleria per vedere la mostra in anteprima ed è così che i due si conoscono.
John rimane affascinato dall’installazione di una scala davanti una tela nera che, attraverso un gioco di specchi, fa leggere la parola “Yes”. Ma l’opera che dà inizio alla loro storia d’amore è quella di un muro nel quale i visitatori possono inserire un chiodo con un martello. John preme Yoko per provarla, ma lei glielo vieta perché la mostra dovrà aprire il giorno successivo. Con una piccola discussione alla quale partecipa anche il proprietario della galleria, Yoko si arrende e accetta purché John le dia cinque scellini. Famosa la replica di Lennon: «Ti darò cinque scellini immaginari se tu mi lasci inserire un chiodo immaginario».
Da quel momento Yoko entra nella testa di John, ma i due inizieranno ufficialmente la frequentazione solo un anno e mezzo più tardi.
Non sto qui a raccontare tutta la loro storia con i Beatles di mezzo e della carriera solista insieme a John perché è già presente negli articoli su John Lennon e Cynthia Powell, oltre su “The Ballad of John and Yoko”.
Nel 1968 rimane incinta per la prima volta di John, ma a più di sei mesi di gravidanza, Yoko abortisce spontaneamente un bambino maschio ai quali i due mettono il nome di John Ono Lennon II.
I due si sposano il 20 marzo 1969 sulla Rocca di Gibilterra e a giugno annunciano una nuova gravidanza che, però, si interrompe nuovamente quattro mesi dopo.
Nella primavera 1970, ancora, annunciano una terza gravidanza ma anche questa si interrompe in agosto.
Molto probabilmente tutti questi aborti arrivano per l’uso eccessivo di sostanze stupefacenti che i due prendevano assiduamente: come l’eroina e tutti i vari acidi.
Quando cercano di allentare il passo, il 9 ottobre 1975 – per il trentacinquesimo compleanno di John – nasce, prematuramente, Sean Taro Ono Lennon.
In tutto ciò Yoko Ono vive un’esperienza terribile: nel 1971 il suo ex marito Anthony Cox rapisce la piccola Kyoko, di otto anni. La Ono si chiude nel suo dolore, perché Cox riesce a far sparire completamente le sue tracce e nessuno riuscirà a riportare la bambina dalla madre…
Alla morte di John Lennon (1980) Yoko pubblica l’album Season of Glass, con gli occhiali rotti e insaguinati di John come copertina. Questo le fa avere tante critiche da parte del pubblico e della stampa, ma lei si difende sostenendo che tutti dovranno ricordarsi che John non è semplicemente morto, né si è suicidato: è stato ucciso.
Nel 1982 pubblica l’album “It’s Alright (I See Raimbows)” dove annuncia al mondo che si sta riprendendo dalla morte del marito, certa che John sia rimasto sempre con lei e Sean, a guardarli. “My Man” e “Never Say Goodbye” sono i brani che hanno più successo.
A metà anni Ottanta fa uscire “Starpeace”, un album carico di messaggi di pace e infatti il tour a esso dedicato la porta per lo più nei paesi che secondo lei hanno bisogno di questi tipi di messaggi.
La Ono non smette di fare musica neanche negli anni Novanta, producendo musical e collaborando con vari artisti del momento tra cui: suo figlio Sean, Pet Shop Boys, John Cage, David Tudor e tantissimi altri…
Ma l’evento più atteso di questo decennio avviene nel 1998, quando riesce finalmente a riabbracciare Kyoko, ora trentacinquenne. Si viene a scoprire che nel lontano 1971 il padre, temendo che Yoko avesse potuto portargli via per sempre Kyoko, si unì insieme alla figlia a una comunità religiosa chiamata “The Walk”.
Quando si parla di Yoko Ono, soprattutto se si è fan dei Beatles, è facile cadere nella provocazione, come accaduto nel 2004 a Liverpool, quando Yoko per la quarta edizione della Biennale di Liverpool inonda la città di poster, volantini et simili con immagini del seno e della vagina di una donna. Gli abitanti sono scioccati, trovano il tutto fuori posto; parla persino una delle sorellastre di John, dicendosi addirittura offesa perché secondo lei la Ono ha cavalcato il trauma della perdita di Julia Lennon, la madre. Dai sondaggi il 92% dei residenti a Liverpool chiede di rimuovere le immagini al più presto. La Ono si difende, sostenendo:
«Non cercavo di insultare Liverpool. In realtà, quando avevo pensato all’installazione e a questo bel seno e vulva di madre per tutta la città, avevo pensato ‘Ah, sarebbe così bello’, ed è come dar loro amore, perché siamo tutti nati dal corpo di nostra madre e la prima cosa da cui siamo nutriti è il seno materno. In qualche modo le persone cercano di inibire quel ricordo. Le donne sono messe in una condizione per cui si sentono imbarazzate dal loro corpo. È così ridicolo, ma anche così strano: dobbiamo scusarsi per aver creato la razza umana».
Ci sarebbe tanto altro da scrivere su Yoko Ono, ma come al solito lo spazio è quello che è. Qualsiasi cosa si possa pensare su di lei – secondo me – parliamo di una grande artista, una donna che purtroppo si è avvicinata al lato oscuro per sedare la sua fragilità ma che nonostante questo ha comunque dato del suo meglio.
I Beatles, per citare Lane Kim di “Una mamma per amica”, si sarebbero sciolti comunque, non era certo lei l’artefice del tutto. Forse ha solo accelerato il processo di scioglimento…
Eccoci, quindi, a parlare di lei nell’articolo dedicato proprio nel giorno del suo novantaduesimo compleanno.
Yoko Ono nasce a Tokyo il 18 febbraio 1933 ed è la figlia maggiore di Eisuke Gue Ono e Isoko Ono.
Il padre appartiene a una delle famiglie più importanti nell’ambito bancario giapponesi, mentre la madre è una pianista classica.
A lei si aggiungeranno il fratello Keisuke (1936) e la sorella Setsuko (1941).
Dato lo status sociale i bambini vengono cresciuti solamente da bambinaie e istitutrici, difficilmente riescono a restare con i genitori, infatti il rapporto è piuttosto freddo, potremmo dire che gli uni per gli altri sono dei veri e propri sconosciuti.
A causa degli impegni dei genitori era normale per gli Ono fare avanti e indietro tra gli Stati Uniti e il Giappone (infatti Keisuke è nato a San Francisco), per questo Yoko – e i fratelli – crescono parlando fluentemente sia il giapponese che l’inglese.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Eisuke sparisce – la famiglia scoprirà solo dopo che fu internato in un campo di prigionia in Cina – e la famiglia cade in povertà. Chi conosce un minimo la cultura giapponese sa quanto possa significare questo mentalmente: i bambini Ono, abituati alle buone maniere dell’alta società, venivano costantemente presi di mira e Yoko, in qualità di sorella maggiore, è quella che si sente in dovere di proteggere i più piccoli ed è qui che comincia a sviluppare un lato del carattere molto aggressivo, vendicativo, totalmente oscuro.
La guerra continua con tutti i suoi bombardamenti a Tokyo dove comunque gli Ono sopravvivono perdendo del tutto quel poco che era rimasto loro. Così si trasferiscono definitivamente negli Stati Uniti, a Scarsdale, nello Stato di New York.
Crescendo Yoko sviluppa una vera e propria passione per l’arte: ama partecipare a tutti gli eventi artistici, concentrandosi più sulla pittura e la musica. Decide quindi di iscriversi al Sarah Lawrence College con l’approvazione dei genitori. Quando, però, Yoko inizia a fare la vita dell’artista bohémienne ne sono assolutamente contrari e la puniscono gravemente sia dal punto di vista psicologico e fisico: la picchiano, la chiudono a chiave nella sua stanza e, ovviamente, tutto questo peggiora la sua condizione psicologica che la rende sempre più ribelle.
È, forse, proprio per andare via da quell’ambiente che nel 1956 si sposa con il compositore e pianista giapponese Toshi Ichiyanagi (1933-2022), dal quale divorzia nel 1962 per poi sposarsi – solo qualche mese dopo – con il produttore statunitense Anthony Cox. I due annullano il matrimonio quattro mesi dopo, per poi risposarsi il 6 giugno 1963 e… separarsi ancora il 2 febbraio 1964. In tutto questo prendi e lascia, l’8 agosto 1963 nasce Kyoko Chan Cox che è affidata alla tutela della madre, pur continuando a vedere il padre.
In questo stesso periodo prende parte alla Fluxus: un’associazione libera di artisti internazionali d’avanguardia, nata proprio in quegli anni. Si avvicina all’arte concettuale e alle performance artistiche, anche a costo di creare scandalo, come nel caso della sua “Cut Piece”. In questa performance, infatti, Yoko rimaneva seduta su un palco e il pubblico poteva (anzi, doveva) tagliare con le forbici i suoi vestiti, fino a rimanere totalmente nuda.
Nel 1964 pubblica un libro: Grapefruit, il cui contenuto sono delle istruzioni che il lettore deve completare nella sua mente da sé. Non sono, quindi, inviti da prendere dalla lettera (anche perché alcuni sono proprio impossibili da fare letteralmente, tipo srotolare una nuvola come fosse carta igienica e rimetterla poi in cielo) quanto concetti che portano il lettore a percepire la realtà da un altro punto di vista.
Nello stesso anno comincia a dirigere alcuni film sperimentale, fino ad arrivare a un discreto successo con “No. 4”, più noto come “Bottoms” (1966) dove vediamo solo inquadrature di… glutei di persone che camminano su di una pedana. In sottofondo le interviste delle persone proprietarie di queste natiche.
Nel novembre 1966 Yoko vola a Londra per allestire una sua mostra all’Indica Gallery. John Lennon, amante dell’arte, viene invitato dalla stessa galleria per vedere la mostra in anteprima ed è così che i due si conoscono.
John rimane affascinato dall’installazione di una scala davanti una tela nera che, attraverso un gioco di specchi, fa leggere la parola “Yes”. Ma l’opera che dà inizio alla loro storia d’amore è quella di un muro nel quale i visitatori possono inserire un chiodo con un martello. John preme Yoko per provarla, ma lei glielo vieta perché la mostra dovrà aprire il giorno successivo. Con una piccola discussione alla quale partecipa anche il proprietario della galleria, Yoko si arrende e accetta purché John le dia cinque scellini. Famosa la replica di Lennon: «Ti darò cinque scellini immaginari se tu mi lasci inserire un chiodo immaginario».
Da quel momento Yoko entra nella testa di John, ma i due inizieranno ufficialmente la frequentazione solo un anno e mezzo più tardi.
Non sto qui a raccontare tutta la loro storia con i Beatles di mezzo e della carriera solista insieme a John perché è già presente negli articoli su John Lennon e Cynthia Powell, oltre su “The Ballad of John and Yoko”.
Nel 1968 rimane incinta per la prima volta di John, ma a più di sei mesi di gravidanza, Yoko abortisce spontaneamente un bambino maschio ai quali i due mettono il nome di John Ono Lennon II.
I due si sposano il 20 marzo 1969 sulla Rocca di Gibilterra e a giugno annunciano una nuova gravidanza che, però, si interrompe nuovamente quattro mesi dopo.
Nella primavera 1970, ancora, annunciano una terza gravidanza ma anche questa si interrompe in agosto.
Molto probabilmente tutti questi aborti arrivano per l’uso eccessivo di sostanze stupefacenti che i due prendevano assiduamente: come l’eroina e tutti i vari acidi.
Quando cercano di allentare il passo, il 9 ottobre 1975 – per il trentacinquesimo compleanno di John – nasce, prematuramente, Sean Taro Ono Lennon.
In tutto ciò Yoko Ono vive un’esperienza terribile: nel 1971 il suo ex marito Anthony Cox rapisce la piccola Kyoko, di otto anni. La Ono si chiude nel suo dolore, perché Cox riesce a far sparire completamente le sue tracce e nessuno riuscirà a riportare la bambina dalla madre…
Alla morte di John Lennon (1980) Yoko pubblica l’album Season of Glass, con gli occhiali rotti e insaguinati di John come copertina. Questo le fa avere tante critiche da parte del pubblico e della stampa, ma lei si difende sostenendo che tutti dovranno ricordarsi che John non è semplicemente morto, né si è suicidato: è stato ucciso.
Nel 1982 pubblica l’album “It’s Alright (I See Raimbows)” dove annuncia al mondo che si sta riprendendo dalla morte del marito, certa che John sia rimasto sempre con lei e Sean, a guardarli. “My Man” e “Never Say Goodbye” sono i brani che hanno più successo.
A metà anni Ottanta fa uscire “Starpeace”, un album carico di messaggi di pace e infatti il tour a esso dedicato la porta per lo più nei paesi che secondo lei hanno bisogno di questi tipi di messaggi.
La Ono non smette di fare musica neanche negli anni Novanta, producendo musical e collaborando con vari artisti del momento tra cui: suo figlio Sean, Pet Shop Boys, John Cage, David Tudor e tantissimi altri…
Ma l’evento più atteso di questo decennio avviene nel 1998, quando riesce finalmente a riabbracciare Kyoko, ora trentacinquenne. Si viene a scoprire che nel lontano 1971 il padre, temendo che Yoko avesse potuto portargli via per sempre Kyoko, si unì insieme alla figlia a una comunità religiosa chiamata “The Walk”.
Quando si parla di Yoko Ono, soprattutto se si è fan dei Beatles, è facile cadere nella provocazione, come accaduto nel 2004 a Liverpool, quando Yoko per la quarta edizione della Biennale di Liverpool inonda la città di poster, volantini et simili con immagini del seno e della vagina di una donna. Gli abitanti sono scioccati, trovano il tutto fuori posto; parla persino una delle sorellastre di John, dicendosi addirittura offesa perché secondo lei la Ono ha cavalcato il trauma della perdita di Julia Lennon, la madre. Dai sondaggi il 92% dei residenti a Liverpool chiede di rimuovere le immagini al più presto. La Ono si difende, sostenendo:
«Non cercavo di insultare Liverpool. In realtà, quando avevo pensato all’installazione e a questo bel seno e vulva di madre per tutta la città, avevo pensato ‘Ah, sarebbe così bello’, ed è come dar loro amore, perché siamo tutti nati dal corpo di nostra madre e la prima cosa da cui siamo nutriti è il seno materno. In qualche modo le persone cercano di inibire quel ricordo. Le donne sono messe in una condizione per cui si sentono imbarazzate dal loro corpo. È così ridicolo, ma anche così strano: dobbiamo scusarsi per aver creato la razza umana».
Ci sarebbe tanto altro da scrivere su Yoko Ono, ma come al solito lo spazio è quello che è. Qualsiasi cosa si possa pensare su di lei – secondo me – parliamo di una grande artista, una donna che purtroppo si è avvicinata al lato oscuro per sedare la sua fragilità ma che nonostante questo ha comunque dato del suo meglio.
I Beatles, per citare Lane Kim di “Una mamma per amica”, si sarebbero sciolti comunque, non era certo lei l’artefice del tutto. Forse ha solo accelerato il processo di scioglimento…
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