Roma regala emozioni uniche nel suo genere anche se si visitano sempre gli stessi luoghi, figuriamoci, quindi, cosa potrebbe accadere quando ci si reca in realtà uniche, che sanno sapientemente coniugare il contemporaneo con l’antico.
Quando sono stata invitata alla presentazione della quarta stagione di FOROF – realtà fondata nel 2022 da Giovanna Caruso Fendi, che combina archeologia e arte contemporanea – non mi sarei mai davvero aspettata di vivere come in un universo parallelo, perché ciò che ho visto mi ha profondamente colpita.
Fino al 30 giugno 2025 al Palazzo Roccagiovine – Foro Traiano, 1 – è possibile immergersi nel progetto espositivo Nimbus Limbus Omnibus, dei Gelitin/Gelatin: il celebre collettivo austriaco di artisti composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban; il curatore del progetto è Bartolomeo Pietromarchi.
Antico e moderno si incontrano nel tema che da sempre ha ispirato i più grandi artisti e filosofi di tutti i tempi: il tema della libertà. È proprio in questo luogo, nell’abside orientali della Basilica Ulpia i cui resti sono oggi visibili nei sotterranei di FOROF, che vi si svolgeva la manumissio, il rito di liberazione degli schiavi dell’antica Roma.
I Gelitin/Gelatin, che ho avuto modo di conoscere proprio alla presentazione, si sono conosciuti in un campo estivo nel 1978 e dal 1993 hanno cominiciato a esporre ufficialmente le loro opere, viaggiando per tutto il mondo: hanno presenziato a numerose biennali e rassegne internazionali.
Hanno inoltre esposto in musei quali il MoMA PS1 a New York, il Musée d’Art Moderne de Paris a Parigi, il Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, il Palais de Tokyo sempre a Parigi, oltre a numerosi altri musei artistici.
I loro progetti racchiudono un’ampia gamma di mezzi espressivi: dalla performance all’installazione, alla scultura ai nuovi media. Ma qualsiasi sia l’opera vista, i Gelitin/Gelatin invitano il pubblico a essere parte attiva alle creazioni, rendendolo non semplice osservatore, quanto in co-creatori e collaboratori. Nonostante la mia innata timidezza, quindi, mi sono messa in gioco anch’io spinta anche dal tema che mi ha non poco affascinata.
Nimbus Limbus Omnibus. Tranquilli, non è una formula magica volta a evocare chissà cosa, ma un vero e proprio concetto di liberazione, come nel più classico dei viaggi dell’eroe, che però ci colpisce in prima persona e poi in risonanza all’intera società.
Dopo una cerimonia di benvenuto, durante la quale sono stati offerti dei gustosi e… intensi dolci preparati proprio dagli artisti disposti in dieci metri di tavolata, sono scesa nei sotterranei di FOROF dove ad aspettarmi c’erano venticinque anni della loro attività: oggetti, sculture, accessori di scena che ricordano certo le catacombe romane, ma che racchiudono anche il passato degli artisti, uno sguardo su quello che è stato, su chi sono stati e sui messaggi che hanno mandato al mondo e che stanno risuonando, in nuova veste, anche in questo.
Camminando in quello che ricorda un rito di passaggio, ci troviamo di fronte ad altre sculture, tutte realizzate con materiali riciclati, assemblaggi, collage, piccoli dipinti in plastilina, colonne di polistirolo, vecchi arredi smontati e riutilizzati, candelieri, specchiere, vasi in ceramica e sculture in gesso. Se di primo impatto l’esposizione assomiglia a un accumulo ben organizzato, soffermandosi e rimanendo più vicini agli oggetti, ecco che vediamo la loro unicità e li vediamo comunicare tra loro, come se ci stessero raccontando una storia e noi fossimo lì ad ascoltarla. Pensavo: “Non è forse quanto mi accade quando osservo i resti dei Fori, che fisicamente stanno proprio sopra alla mia testa?”.
Passato e presente parlano costantemente, creando quello che è il futuro. Bisogna saper ascoltare con il coraggio di non scappare o zittire la voce che urla quello che non vogliamo sentire.
Arrivando allo spazio archeologico, con quello che rimane della pavimentazione della Basilica Ulpia, ecco che ci aspettavano una serie di grandi busti, realizzati nel 2019 e presentate per la prima volta in Italia, che si riflettono l’uno nell’altro. Un ritratto dove ognuno vede la nuca di chi ha davanti, in questo connubio che ci ricorda la cultura classica: attenta osservatrice, stimolante oratrice, che ha dato voce ai più grandi pensatori dell’umanità e che ci riporta a quella attuale: con la paura di andare fuori dal coro. Perché, cos’è la libertà se non la capacità di andare oltre alle convenzioni sociali?
Come ogni forma d’arte contemporanea, il bello è che chiunque di noi, esperto e non, studioso e non, bambino, adolescente, adulto o anziano che sia, può trovarci quello che vuole, o semplicemente quello che la propria parte conscia non sa spiegarsi e può così farlo attraverso le emozioni espresse nell’arte.
Non perdere l’occasione di metterti in gioco e vedere una parte di te! Nimbus Limbus Omnibus ti aspetta alla quarta stagione di FOROF fino al 30 giugno 2025!
Per raggiungere il luogo, Palazzo Roccagiovine al Foro Traiano 1, basta scendere alla fermata metro B Colosseo e camminare per una decina di minuti.
Quando sono stata invitata alla presentazione della quarta stagione di FOROF – realtà fondata nel 2022 da Giovanna Caruso Fendi, che combina archeologia e arte contemporanea – non mi sarei mai davvero aspettata di vivere come in un universo parallelo, perché ciò che ho visto mi ha profondamente colpita.
Fino al 30 giugno 2025 al Palazzo Roccagiovine – Foro Traiano, 1 – è possibile immergersi nel progetto espositivo Nimbus Limbus Omnibus, dei Gelitin/Gelatin: il celebre collettivo austriaco di artisti composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban; il curatore del progetto è Bartolomeo Pietromarchi.
Antico e moderno si incontrano nel tema che da sempre ha ispirato i più grandi artisti e filosofi di tutti i tempi: il tema della libertà. È proprio in questo luogo, nell’abside orientali della Basilica Ulpia i cui resti sono oggi visibili nei sotterranei di FOROF, che vi si svolgeva la manumissio, il rito di liberazione degli schiavi dell’antica Roma.
“La mostra dei Gelitin/Gelatin esalta lo spirito di questo luogo: liberare, attraverso l’arte e la cultura, lo sguardo di chi ha la curiosità di vedere, insegnando a guardare il mondo con occhi nuovi, più liberi e aperti alla condivisione.”
- Giovanna Caruso Fendi
I Gelitin/Gelatin, che ho avuto modo di conoscere proprio alla presentazione, si sono conosciuti in un campo estivo nel 1978 e dal 1993 hanno cominiciato a esporre ufficialmente le loro opere, viaggiando per tutto il mondo: hanno presenziato a numerose biennali e rassegne internazionali.
Hanno inoltre esposto in musei quali il MoMA PS1 a New York, il Musée d’Art Moderne de Paris a Parigi, il Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, il Palais de Tokyo sempre a Parigi, oltre a numerosi altri musei artistici.
I loro progetti racchiudono un’ampia gamma di mezzi espressivi: dalla performance all’installazione, alla scultura ai nuovi media. Ma qualsiasi sia l’opera vista, i Gelitin/Gelatin invitano il pubblico a essere parte attiva alle creazioni, rendendolo non semplice osservatore, quanto in co-creatori e collaboratori. Nonostante la mia innata timidezza, quindi, mi sono messa in gioco anch’io spinta anche dal tema che mi ha non poco affascinata.
Nimbus Limbus Omnibus. Tranquilli, non è una formula magica volta a evocare chissà cosa, ma un vero e proprio concetto di liberazione, come nel più classico dei viaggi dell’eroe, che però ci colpisce in prima persona e poi in risonanza all’intera società.
“Il titolo può essere interpretato come il momento in cui ciascuno di noi (omnibus) si trova in uno stato di transizione, un passaggio indefinito come una nube eterea (nimbus) o un confine (limbus) che nella visione degli artisti si riferisce al potere liberatorio della loro arte dalle convenzioni, dai pregiudizi e dai tabù sia a livello individuale che collettivo. […] Gli artisti hanno creato una scultura performativa che coinvolge fisicamente lo spettatore, che viene guidato attraverso una drammaturgia di crescente intensità e che culmina in questa visione in cui le opere si presentano come apparizioni, ma che assumono, per certi versi, anche un aspetto inquietante.”
- Bartolomeo Pietromarchi
Dopo una cerimonia di benvenuto, durante la quale sono stati offerti dei gustosi e… intensi dolci preparati proprio dagli artisti disposti in dieci metri di tavolata, sono scesa nei sotterranei di FOROF dove ad aspettarmi c’erano venticinque anni della loro attività: oggetti, sculture, accessori di scena che ricordano certo le catacombe romane, ma che racchiudono anche il passato degli artisti, uno sguardo su quello che è stato, su chi sono stati e sui messaggi che hanno mandato al mondo e che stanno risuonando, in nuova veste, anche in questo.
Camminando in quello che ricorda un rito di passaggio, ci troviamo di fronte ad altre sculture, tutte realizzate con materiali riciclati, assemblaggi, collage, piccoli dipinti in plastilina, colonne di polistirolo, vecchi arredi smontati e riutilizzati, candelieri, specchiere, vasi in ceramica e sculture in gesso. Se di primo impatto l’esposizione assomiglia a un accumulo ben organizzato, soffermandosi e rimanendo più vicini agli oggetti, ecco che vediamo la loro unicità e li vediamo comunicare tra loro, come se ci stessero raccontando una storia e noi fossimo lì ad ascoltarla. Pensavo: “Non è forse quanto mi accade quando osservo i resti dei Fori, che fisicamente stanno proprio sopra alla mia testa?”.
Passato e presente parlano costantemente, creando quello che è il futuro. Bisogna saper ascoltare con il coraggio di non scappare o zittire la voce che urla quello che non vogliamo sentire.
Arrivando allo spazio archeologico, con quello che rimane della pavimentazione della Basilica Ulpia, ecco che ci aspettavano una serie di grandi busti, realizzati nel 2019 e presentate per la prima volta in Italia, che si riflettono l’uno nell’altro. Un ritratto dove ognuno vede la nuca di chi ha davanti, in questo connubio che ci ricorda la cultura classica: attenta osservatrice, stimolante oratrice, che ha dato voce ai più grandi pensatori dell’umanità e che ci riporta a quella attuale: con la paura di andare fuori dal coro. Perché, cos’è la libertà se non la capacità di andare oltre alle convenzioni sociali?
Come ogni forma d’arte contemporanea, il bello è che chiunque di noi, esperto e non, studioso e non, bambino, adolescente, adulto o anziano che sia, può trovarci quello che vuole, o semplicemente quello che la propria parte conscia non sa spiegarsi e può così farlo attraverso le emozioni espresse nell’arte.
Non perdere l’occasione di metterti in gioco e vedere una parte di te! Nimbus Limbus Omnibus ti aspetta alla quarta stagione di FOROF fino al 30 giugno 2025!
Per raggiungere il luogo, Palazzo Roccagiovine al Foro Traiano 1, basta scendere alla fermata metro B Colosseo e camminare per una decina di minuti.
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