Dalla penna di James McBride, uno degli autori contemporanei più celebri, è nato un altro romanzo: dal 10 settembre 2024 è disponibile in tutte le librerie e negli store online L’emporio del Cielo e della Terra, pubblicato per la collana Le strade da Fazi Editore, che come sempre si ringrazia per la copia.
Pottstown, in Pennsylvania, è una cittadina tutto sommato come le altre.
Negli anni Trenta affronta gli stessi cambiamenti che ci sono ovunque, in un mondo in cui l’odio verso le minoranze è crescente e destinato, proprio qualche anno dopo, a detonare nel secondo conflitto più grande della storia dell’uomo.
Mentre i bianchi abitano da una parte della città, un intero quartiere posto su una collina, Chicken Hill, è l’appezzamento in cui tante realtà devono convivere: neri, ebrei, italiani, ognuno di loro con le proprie sfumature e le proprie credenze. Ed è grazie a questa convivenza forzata che trovano ad aiutarsi gli uni con gli altri, a formare una squadra quando tutto il resto del mondo sembra tramare contro di loro.
Ammetto di essermi sforzata a proseguire la lettura di questo romanzo. Dopo qualche pagina è stato evidente che non fosse nelle mie corde o che, più semplicemente, non fosse il “suo momento”. Essendo una mood reader e una convinta credente della teoria che i libri trovano i lettori nel momento in cui questi hanno bisogno di loro, semplicemente L’emporio del Cielo e della Terra ed io ci siamo incontrati nel momento sbagliato.
Una parte l’ha giocata lo stile dell’autore: non l’ho trovato pesante, affatto, tuttavia molto prolisso, infarcito di dettagli a volte del tutto inutili, a volte recuperati dopo parecchie pagine per un altro espediente di trama. Per quanto quindi tutto scorresse con leggerezza, il succo della questione si raggiunge spesso dopo un sentiero tortuoso: quasi tutti i capitoli, infatti, cominciano con delle lunghe digressioni, una sorta di “introduzione” a quel che accadrà in quel capitolo.
Negli anni Trenta affronta gli stessi cambiamenti che ci sono ovunque, in un mondo in cui l’odio verso le minoranze è crescente e destinato, proprio qualche anno dopo, a detonare nel secondo conflitto più grande della storia dell’uomo.
Mentre i bianchi abitano da una parte della città, un intero quartiere posto su una collina, Chicken Hill, è l’appezzamento in cui tante realtà devono convivere: neri, ebrei, italiani, ognuno di loro con le proprie sfumature e le proprie credenze. Ed è grazie a questa convivenza forzata che trovano ad aiutarsi gli uni con gli altri, a formare una squadra quando tutto il resto del mondo sembra tramare contro di loro.
Ammetto di essermi sforzata a proseguire la lettura di questo romanzo. Dopo qualche pagina è stato evidente che non fosse nelle mie corde o che, più semplicemente, non fosse il “suo momento”. Essendo una mood reader e una convinta credente della teoria che i libri trovano i lettori nel momento in cui questi hanno bisogno di loro, semplicemente L’emporio del Cielo e della Terra ed io ci siamo incontrati nel momento sbagliato.
Una parte l’ha giocata lo stile dell’autore: non l’ho trovato pesante, affatto, tuttavia molto prolisso, infarcito di dettagli a volte del tutto inutili, a volte recuperati dopo parecchie pagine per un altro espediente di trama. Per quanto quindi tutto scorresse con leggerezza, il succo della questione si raggiunge spesso dopo un sentiero tortuoso: quasi tutti i capitoli, infatti, cominciano con delle lunghe digressioni, una sorta di “introduzione” a quel che accadrà in quel capitolo.
Ciò che invece ho apprezzato è stata la volontà dell’autore di voler inserire tante realtà diverse – le persone di colore proprio come l’autore, da sempre discriminati, con esplici richiami al Ku Klux Klan; gli ebrei, con le loro usanze particolari e le diverse necessità rispetto alle altre religioni. Seppur sia tutto un po’ troppo, quasi il desiderio dello scrittore di rappresentare tante minoranze abbia poi creato un calderone che, seppur ben amalgamato, risulta a tratti un po’ confusionario, ogni nodo è venuto al pettine.
Personalmente, l’ho trovato un peccato, perché a mio avviso il romanzo impiega parecchio a entrare nel vivo, lasciando l’impressione che non ci sia un vero e proprio accadimento dietro l’angolo – che invece c’è, eccome!
È stata proprio la parte un po’ più viva e ricca d’azione a risollevare, a mio parere, le sorti del romanzo.
Proprio per “colpa” dello stile un po’ dispersivo dell’autore si fatica, in principio, a comprendere quale sia il messaggio che vuole lasciare, la storia che vuole raccontare. L’esordio lascia un po’ confusi, con tante vite tutte insieme, e tutte così diverse, ma ogni filo ritrova il proprio capo alla fine, quando gli eventi – anche quelli più insignificanti, all’apparenza – vengono mostrati dall’alto, rappresentati in un quadro più ampio che dà la possibilità al lettore di cogliere appieno l’idea di ciò che si vuole raccontare.
Il risollevarsi del finale mi ha permesso di rivalutare alcuni aspetti del romanzo e apprezzarlo di più a dispetto dell’incerta partenza.
È in definitiva una meravigliosa storia di famiglia che va oltre il sangue, di solidarietà, di scelte che poi, si sa, formeranno le persone che saremo un domani. Un romanzo di crescita in ogni senso, anche per il lettore.
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