Con innumerevoli pubblicazioni alle spalle, il 24 settembre 2024 Franco Faggiani, giornalista, fotografo e scrittore è tornato sugli scaffali delle librerie pubblicato da Fazi Editore nella collana Le strade. Il suo romanzo Basta un filo di vento è pronto a trascinare tutti nei suggestivi panorami dell’Appennino e dell’Oltrepò Pavese, nella storia di una famiglia che ancora una volta non è definita dal sangue.
La Conventina è un’immensa azienda agricola nel cuore dell’Oltrepò Pavese, da generazioni di proprietà della famiglia Bajocchi del Drago e nelle sapienti mani delle numerose famiglie che vi abitano e lavorano la terra e accudiscono gli animali degli allevamenti.
Gregorio Bajocchi del Drago è il legittimo proprietario da quando, già orfano di madre, a diciassette anni apprende del suicidio del padre. Viene affidato alle cure di una delle famiglie della Conventina, genitori del suo migliore amico, e la contabilità della tenuta rimane nelle mani di quella che da anni è la contabile.
A cinquant’anni Gregorio si ritrova a tirare le somme della sua vita: un’offerta milionaria è arrivata dalla Francia per l’acquisto della Conventina, ma la valutazione da fare non è soltanto economica, quanto del cuore.
L’equilibrio della mezza età di Gregorio viene rotto quando il figlio Johann, con cui non ha più rapporti da anni, lo chiama per rivelargli che Emma, la ex moglie e madre del ragazzo, sta molto male. Il suo ultimo desiderio espresso lucidamente è stato proprio quello di tornare nella tenuta Bajocchi, dove aveva trascorso gli anni di matrimonio.
Infarcito di espressioni dialettali tipiche della zona – piuttosto simili alle mie, tanto che la mia città, in questo romanzo, viene citata più di una volta –, ho trovato lo stile di Faggiani delicato, per quanto schietto, e davvero coinvolgente.
Durante la lettura ho davvero rivisto i paesaggi ricorrenti dei luoghi: le colline, i vitigni e soprattutto, una volta arrivati l’autunno e subito dopo l’inverno, la nebbia. Chiunque abbia mai messo piede in Pianura Padana durante le stagioni fredde ha una vaga idea di cosa voglia dire essere circondati dal bianco: Faggiani è riuscito perfettamente a ricreare l’atmosfera sinistra e innaturalmente calma che cala sul territorio assieme ai banchi di nebbia.
Ho adorato anche le relazioni e il clima famigliare del luogo che è un po’ il centro di tutto il romanzo, la Conventina. Una tenuta di migliaia di ettari in grado di accomunare tantissime persone, sempre nel rispetto del sciur padrun, ma che costituisce un cuore vero, che non è formato soltanto dal padrone ma anche e soprattutto dalle persone, dagli intricati rapporti umani che vengono intessuti.
Gregorio Bajocchi del Drago è il legittimo proprietario da quando, già orfano di madre, a diciassette anni apprende del suicidio del padre. Viene affidato alle cure di una delle famiglie della Conventina, genitori del suo migliore amico, e la contabilità della tenuta rimane nelle mani di quella che da anni è la contabile.
A cinquant’anni Gregorio si ritrova a tirare le somme della sua vita: un’offerta milionaria è arrivata dalla Francia per l’acquisto della Conventina, ma la valutazione da fare non è soltanto economica, quanto del cuore.
L’equilibrio della mezza età di Gregorio viene rotto quando il figlio Johann, con cui non ha più rapporti da anni, lo chiama per rivelargli che Emma, la ex moglie e madre del ragazzo, sta molto male. Il suo ultimo desiderio espresso lucidamente è stato proprio quello di tornare nella tenuta Bajocchi, dove aveva trascorso gli anni di matrimonio.
Infarcito di espressioni dialettali tipiche della zona – piuttosto simili alle mie, tanto che la mia città, in questo romanzo, viene citata più di una volta –, ho trovato lo stile di Faggiani delicato, per quanto schietto, e davvero coinvolgente.
Durante la lettura ho davvero rivisto i paesaggi ricorrenti dei luoghi: le colline, i vitigni e soprattutto, una volta arrivati l’autunno e subito dopo l’inverno, la nebbia. Chiunque abbia mai messo piede in Pianura Padana durante le stagioni fredde ha una vaga idea di cosa voglia dire essere circondati dal bianco: Faggiani è riuscito perfettamente a ricreare l’atmosfera sinistra e innaturalmente calma che cala sul territorio assieme ai banchi di nebbia.
Ho adorato anche le relazioni e il clima famigliare del luogo che è un po’ il centro di tutto il romanzo, la Conventina. Una tenuta di migliaia di ettari in grado di accomunare tantissime persone, sempre nel rispetto del sciur padrun, ma che costituisce un cuore vero, che non è formato soltanto dal padrone ma anche e soprattutto dalle persone, dagli intricati rapporti umani che vengono intessuti.
L’ambiente rurale e il paesaggio suggestivo sono stati lo sfondo perfetto per questa storia, concentrata su quella che è la vita di una famiglia estesa, svincolata da quello che è il concetto famigliare per i soli legami di sangue.
Ciò che ho apprezzato meno è stata la vita un po’ troppo perfetta del protagonista, una sorta di Gary Stu della bassa, come diremmo dalle mie parti, che nonostante le vicissitudini e le intemperie che la vita gli presenta nel corso del romanzo rimane comunque il personaggio, colui che sì, sbaglia, ma a cui è comunque perdonato tutto.
Oltre a ciò, Gregorio è circondato da una serie di personaggi – Cora, sposata in seconde nozze, e la di lei figlia Arya; il prezioso Massino, che si occupa delle colture della tenuta Conventina, e come loro tanti altri visi “secondari” – a loro volta impeccabili, con le parole giuste sempre nel momento giusto. L’ideale per un romanzo psicologico come questo, ma per gusto personale avrei preferito vedere più umanità proprio attraverso le imperfezioni dei personaggi.
Nonostante i dialoghi un po’ troppo romanzati e artefatti perché possano davvero passare come discorsi veri, sentiti e istintivi, e non riflettuti dall’autore dietro la propria penna, è stato un romanzo scorrevole, delicato, dolce e incredibilmente suggestivo.
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