A volte, quando guardiamo agli eventi presenti, non ci rendiamo conto che hanno radici ben più profonde. Ilan Pappé, celebre storico israeliano, ripercorre tutte le tappe fondamentali per capire l’attuale situazione che affligge il Medioriente. Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina è in tutte le librerie dal 1° ottobre 2024, edito da Fazi Editore.
Con una modesta letteratura all’attivo relativa all’argomento, quando ho saputo che un libro di Pappé – da anni attivo partecipante al boicottaggio di Israele, costretto pertanto a emigrare in Gran Bretagna – sarebbe stato pubblicato la scelta di leggerlo è stata più che naturale.
Nonostante fossi informata per le precedenti letture e per ricerche personali, ho deciso di leggerlo per poter fare ciò che tante persone, al giorno d’oggi e su determinati argomenti, non fanno: parlare con cognizione di causa. Spesso ci si riempie la bocca di parole vuote, che hanno poco significato se si parla soltanto per il gusto di farlo e senza avere le giuste basi.
Il libro dello storico è, invece, perfetto per creare una base di solida conoscenza del conflitto israelo-palestinese e per permettere di comprendere appieno determinate situazioni che paiono di recente formazione, ma hanno al contrario radici che affondano nel terreno della Storia.
Per chiunque pensi che la questione israelo-palestinese sia detonata il 7 ottobre 2023, o che sia rimasta silente dal 1948, ovvero l’anno di proclamazione dello Stato ebraico, questo libro è la ricostruzione ideale per comprendere come tanti ingranaggi differenti in tutto il mondo si siano mossi per portare alla situazione odierna.
Nonostante fossi informata per le precedenti letture e per ricerche personali, ho deciso di leggerlo per poter fare ciò che tante persone, al giorno d’oggi e su determinati argomenti, non fanno: parlare con cognizione di causa. Spesso ci si riempie la bocca di parole vuote, che hanno poco significato se si parla soltanto per il gusto di farlo e senza avere le giuste basi.
Il libro dello storico è, invece, perfetto per creare una base di solida conoscenza del conflitto israelo-palestinese e per permettere di comprendere appieno determinate situazioni che paiono di recente formazione, ma hanno al contrario radici che affondano nel terreno della Storia.
Per chiunque pensi che la questione israelo-palestinese sia detonata il 7 ottobre 2023, o che sia rimasta silente dal 1948, ovvero l’anno di proclamazione dello Stato ebraico, questo libro è la ricostruzione ideale per comprendere come tanti ingranaggi differenti in tutto il mondo si siano mossi per portare alla situazione odierna.
“Una terra senza popolo, un popolo senza terra”.
La prima persona a pronunciare queste parole nulla aveva a che vedere con la situazione israelo-palestinese, che ancora non esisteva. Eppure negli anni questa frase è diventata lo slogan dei sionisti, coloro che con ogni mezzo e a qualsiasi costo hanno promosso la costituzione di uno stato ebraico nel territorio palestinese.
L’idea che il popolo palestinese non esista è stata condivisa, negli anni, anche dalle più alte cariche dello stato israeliano, e purtroppo quest’idea è tutt’ora condivisa da buona parte della popolazione ebraica in Palestina.
Proprio sulla base di errate convinzioni, a partire dall’apparente disponibilità di un territorio disabitato, e la diffusione delle idee sioniste, a volte persino sostenute da frange apertamente antisemite, sono state l’inizio della fine, ciò che ha portato al punto di rottura e alla Nakba, termine arabo che descrive la catastrofe.
È incredibile – nell’accezione più negativa possibile del termine – quanto le colpe siano da spartirsi per il mondo intero, e non da accollare solo ed esclusivamente alla politica colonialista insediativa dello Stato ebraico successivamente alla sua nascita nel 1948.
Ilan Pappé |
E va oltre la dichiarazione Balfour del 1917, quando il ministro del governo britannico prometteva a gran voce di fare della Palestina una “patria nazionale per il popolo ebraico”, garantendo tutti i diritti delle “comunità non ebraiche esistenti” sul territorio palestinese. Va oltre le ondate di antisemitismo insinuatesi tra le lobby sioniste dei grandi stati occidentali, a premere sull’impellente necessità di uno Stato ebraico, va oltre il senso di colpa che certi Stati possono aver provato dopo l’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale.
Le cause di ciò che ora sta accadendo sono da ritrovarsi negli ideali di Herzl, che sosteneva che la popolazione palestinese – della cui esistenza i sionisti sono sempre stati consapevoli – dovesse essere fatta sparire, in un modo o nell’altro. Nella pulizia etnica messa in atto dallo Stato ebraico, mai contento di quanto veniva concesso e avido di ottenere sempre di più. Nella cancellazione sistematica di villaggi interi, famiglie, vite spezzate dalla furia colonialista israeliana, nel modo in cui il resto del mondo ha chiuso gli occhi e si è voltato dall’altra parte.
Di come la causa palestinese sia sempre stata secondaria rispetto a molte altre, sebbene molto più grave e perpetrata allo stesso modo di ogni altra, anzi, con ancora più crudeltà.
Per quanto si cerchi di negarlo, nei fatti del passato si trova questo: l’Occidente e la sua cecità selettiva hanno avuto un ruolo chiave nella pulizia etnica tutt’ora in atto in Palestina, e ammetterlo significherebbe riconoscere di aver sbagliato lì dove già una volta l’umanità ha fallito, e permettere di far leggere, tra le righe della Storia, alcune vite sono più importanti di altre.
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