Visto che questa è la settimana che celebra la spooky season, noi di 4Muses abbiamo pensato bene di concentrarci su uno sceneggiatore e fumettista che al genere noir ha dato molto del proprio genio. Considerato uno dei fumettisti più influenti dell’epoca contemporanea, vogliamo farvi conoscere Frank Miller.
Nasce il 27 gennaio del 1957 a Olney, nel Maryland, ma già nella sua giovinezza si trasferisce con la famiglia nel Vermont a Montpelier. Su sua stessa dichiarazione sappiamo che ha vissuto una giovinezza abbastanza spensierata e che la cosa più odiata fosse la scuola, come per ogni singolo ragazzino. Al contrario di altri, però, aveva la tendenza a starsene più isolato, cosa che gli permise di poter coltivare al meglio la sua passione per il disegno e per lo storytelling. Miller rappresenta uno di quei ragazzi che non conoscono i piani B: fin dall’adolescenza, seppur con poche tirature, ha iniziato a pubblicare le sue strisce più o meno umoristiche. Già prima dei vent’anni ha deciso che sarebbe divenuto un disegnatore di comic book o di lavorare come creativo nel campo cinematografico.
Il primo tentativo per avvicinarsi al suo sogno lo fa già nella seconda metà degli anni sessanta, dopo aver terminato il liceo, inviando il proprio portfolio a diversi editor e autori. Neal Adams fu il primo a porre attenzione alle sue opere inviandogli diverse correzioni sui disegni che aveva avuto modo di visionare. Adams fu uno degli autori più importanti per la Detective Comics perché contribuì a creare le storie di fumetti come “Lanterna Verde”, “Freccia Verde” e “Batman” nel periodo detto Silver Age (periodo che va dal 1956 al 1970).
L’inesperienza di Miller si trasformò ben presto in un vero e propri contatto con Neal Adams e questo gli permise di poter migliorare notevolmente i suoi lavori, finché non si arrivò a un vero e proprio esordio pe l’allora ventenne. Nel 1978, grazie a questo rapporto, Miller ottenne la possibilità di lavorare a una short-story su “Twilight Zone” (opera che ispirò successivamente la famosa serie di successo). Decise, così, di trasferirsi a New York: città che era divenuta il centro nevralgico per la pubblicazione fumettistica americana.
Il periodo della Bronze Age, ovvero quello che va dal 1970 al 1985, fu quello che segnò la sua ascesa. Questi quindici anni hanno segnato profondamente l’industria del fumetto: nacquero nuovi stili e nuovi formati e all’interno del settore iniziò sempre di più a imporsi la rivalità tra Marvel e DC perché la loro importanza cresceva esponenzialmente. Questi sono gli anni di affermazione dei primi blockbuster e le vignette diventano quasi più cinematografiche e affini al movimento della macchina da presa. Autori come Jack Kirby, metaforicamente uno dei padri di Spider-Man, videro ascendere e discendere il proprio successo con molta rapidità. La critica specializzata riusciva a influenzare il gusto del pubblico e a decidere della vita dei fumettisti. Fu in questi anni che Miller iniziò le sue collaborazioni con entrambe le case produttrici.
Si era fatto notare con una storia in due parti su un annual di “The Amazing Spider-Man”, scritto da Chris Claremont, ma da quel momento in poi cominciò a realizzare abitualmente le matite per Daredevil di cui gli venne affidata ben presto anche la sceneggiatura realizzando alcune delle storie più apprezzate sul personaggio. Si deve proprio a Miller la paternità del personaggio di Elektra: una ninja assassina che segue le avventure dell’avvocato di Hell’s Kitchen. L’adattamento cinematografico di questi due eroi, del 2003, riprendeva molte delle scelte compiute fumettisticamente dall’autore.
La versione più iconica e riconoscibile di Batman la si deve proprio al suo talento. Venne, infatti, chiamato dalla DC per poter dare nuova linfa all’eroe ed è così che nacquero le run: “Batman: Anno uno” e “Batman: il Ritorno del Cavaliere Oscuro”, quest’ultimo fu colorato dalla moglie Lynn Varley.
Alcuni dei suoi lavori più importanti furono la pubblicazione di “Sin City” e quella di “300” entrambe edite dalla Dark Horse e ben presto divenute cult cinematografici. Proprio su entrambe si può intravedere la sua passione cinematografica. Quando Zack Snyder decise di lavorare sull’adattamento cinematografico di 300, non dovette far altro che seguire le stesse identiche riprese fumettistiche che Miller aveva disegnato nella sua opera. Il taglio, le luci, i contrasti tra i chiari e gli scuri e la brillantezza del sangue. Atmosfere cupe che furono in grado di adattarsi perfettamente a un altro mezzo di comunicazione.
Il suo amore per il cinema, però, si declinò anche nella scrittura di altre sceneggiature: nel 1990 e nel 1993 lavorò ai due sequel di RoboCop e nel 2005 e nel 2014 scrisse le due sceneggiature di Sin City tratte dal proprio fumetto.
Le atmosfere, così come i disegni e la scrittura, di Miller sono in grado di trasportare il lettore all’interno di un mondo oscuro in cui tutto si incentra sull’emotività umana. L’attenzione viene accentuata su una forza quasi divina e una debolezza che appartiene esclusivamente all’umanità. Le scelte compiute dai suoi personaggi fanno sì che non vi sia mai una netta distinzione tra eroe e cattivo, ma che tutti vengano un po’ contaminati costruendo perfettamente l’archetipo dell’antieroe. Luce e oscurità danzano nelle sue storie così come nelle sue matite ed è a questo che si deve il suo successo.
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