Chi sta scrivendo questo articolo non è particolarmente interessata a seguire la moda o le nuove tendenze, al contrario: si veste letteralmente come vuole e cambia stile a seconda della stagione della propria vita.
Così non si trova a passare ore a studiare i look delle celebrities, anche se ammette di farlo solo ed esclusivamente con gli appartenenti alle famiglie reali, per lo più inglese e spagnole.
Insomma, le sue guide da cui prendere spunto appartengono all’aristocrazia, ma questo è valido fino a un certo punto, perché c’è solo un marchio degno di catturare la sua attenzione: Luisa Spagnoli.
Oggi parliamo della donna icona della moda italiana, forse spiegando perché Frè è solita dire: “Sono tanti i marchi degni di apprezzamento, ma nessuno di loro è Luisa Spagnoli”.
Al solito, utilizzeremo i verbi al presente.
Luisa Sargentini nasce a Perugia il 30 ottobre 1877 da una famiglia di umili origini: il padre Pasquale è pescivendolo, mentre la madre Maria è una casalinga.
Pasquale muore quando Luisa ha solo pochi mesi e con altri tre figli più grandi a carico (Secondo e Armando), più un’altra più piccola nata da un padre rimasto sconosciuto (Gemma), Maria è costretta ad andare a lavorare per guadagnare giusto quanto basta per non far morire di fame i figli.
Come possiamo ben pensare sia per l’epoca che per le sue origini, Luisa abbandona l’istruzione a tredici anni per aiutare la famiglia: comincia a lavorare e fin da subito in lei si vedono le ottime capacità gestionali e commerciali.
Nel 1898, ad appena ventuno anni, si sposa con Annibale Spagnoli, dal quale decide di prendere il cognome. Pochi anni dopo, nel 1901, i due coniugi rilevano una drogheria, dove lavorano entrambi. Luisa si dimostra più che capace, tanto da diventare una vera e propria imprenditrice. L’attività funziona, ha molto personale e in brevissimo tempo amplia la produzione andando a unire ai classici prodotti di drogheria anche quelli dolciari; nel loro negozio si possono quindi trovare anche: confetture, confetti, caramelle e cioccolato.
Nel frattempo ha avuto quattro figli: Mario (1900), Armando (1901), Maria (1903) e Aldo (1906). Maria, però, muore presto e Luisa cade in una spirale di dolore che trova pace solo nel lavoro. Ci si dedica notte e giorno, per arrivare al 1907 quando assieme al marito, si uniscono in un’attività al socio Francesco Buitoni – sì, quel Buitoni – formando così l’azienda Perugina, alla quale faranno capo loro e il figlio di Francesco, Giovanni Buitoni, il quale salva per un pelo il tutto dalla bancarotta.
Gli anni di pace sono necessari per ampliare l’attività, ma non solo. Luisa si prende fin da subito cura dei propri dipendenti: dà loro i mezzi per sostenere le visite mediche, riempie di regali le famiglie e dà inizio a quello ha un qualcosa di straordinario, cioè i viaggi aziendali, grazie ai quali molti operai possono vedere per la prima volta cosa ci sta oltre a Perugia.
Purtroppo altri lutti accompagnano la meravigliosa Luisa: nel 1912 la madre muore improvvisamente, e questo porta alla disperazione Gemma, di carattere già abbastanza cupo. È il 1913 quando non reggendo la tristezza, la sorella si suicida. Luisa, al solito, reagisce dedicandosi al lavoro.
Quando la Prima Guerra Mondiale costringe gli uomini alla partenza per il fronte, però, Luisa rimane totalmente da sola, a fare da capo a una classe di operai tutta al femminile. Ora, consideriamo anche il fatto che le donne non sono solo lavoratrici, ma anche madri, con pochissimi aiuti da parte dello stato ed è solo l’inizio del Novecento. Ad aggravare su questa situazione molto delicata, ci si mettono le nuove leggi commerciali che impongono il divieto di ricorrere ai prodotti considerati “beni superflui”, come lo zucchero, più che necessario nell’industria dolciaria.
Luisa non demorde: introduce nella sua azienda scuole e asili nido, in modo che le donne possano continuare a lavorare senza alcun problema. A questo, proprio durante gli anni della guerra (1915-1918) dà loro due diritti fondamentali e ancora oggi spesso non riconosciuti – anche dalle imprenditrici donne – quello per l’allattamento e il congedo retribuito di maternità. Essendo anche lei madre, sa quanto sia fondamentale per le donne avere la sicurezza di potersi mantenere un lavoro, soprattutto quando i mariti non ci sono. I suoi anni passati a lavorare, poi, le hanno fatto comprendere fin da subito che i soldi sono l’unica e vera via per l’indipendenza e l’emancipazione femminile.
A tutto questo, già fondamentale per eleggerla nell’Olimpo degli imprenditori italiani (e non solo) si aggiunge la ricetta nata da una costrizione, ma poi rimasta nostro orgoglio nazionale. Con il 51% di cacao, Luisa dà il via alla commercializzazione del cioccolato fondente che, senza il tanto agognato zucchero, non è più considerato un prodotto di lusso, ma anzi, ha prezzi accessibili a tutti.
La lavorazione del cioccolato le fa avere in breve tempo il brevetto che ancora oggi è alla base del cioccolato Perugina.
Il lavoro aumenta, ma se Luisa si trova a suo agio, Annibale ne rimane distrutto e cade in uno stato di insofferenza profondissimo dal quale niente e nessuno sembra farlo uscire. I due coniugi si allontanano, ma non potendo divorziare (la legge sul divorzio arriva in Italia nel 1970) decidono semplicemente di continuare su due vie separate.
La vera svolta per tutti noi, però, avviene nel 1922: Luisa osserva da tempo gli scarti aziendali e nota con dispiacere che a ogni fine giornata il cioccolato e la granella di nocciole non utilizzati vengono buttati senza troppo clamore. Essendo di quantità moderati, Luisa pensa alla creazione di un piccolo cioccolatino, con dentro proprio un cuore di gianduia e granella di nocciole. La forma che ne uscirà le ricorda la nocca di una mano, ecco perché decide di chiamarlo “Cazzotto”. Il saggio Giovanni Buitoni, però, le consiglia un nome più dolce, romantico, come quello di: Bacio Perugina. La pubblicità del nascente cioccolatino è affidata all’art director Federico Seneca, lo stesso che ne decide di impacchettarlo in un cielo stellato di blu. A questo, in pochi anni, si aggiungono le caramelle Rossana, il cioccolatino Banana e la caramella Mariella.
Nel 1923 Annibale, stremato dalla forza lavoro e notando quanto Giovanni Buitone stesse acquisendo all’interno dell’azienda – e non solo – decide di ritirarsi ad Assisi, lasciando il posto al figlio Mario.
Chiudiamo un attimo gli occhi e andiamo indietro nel tempo: siamo all’inizio degli anni Venti, Luisa è a capo di un’azienda con altri due uomini, ma sono di lei tutte le idee più innovative.
Cominciano a girare voci su una relazione tra lei e il socio più giovane e, come se non bastasse una relazione clandestina di una moglie e madre, i due si passano quattordici anni di differenza, dove è lei a essere la più grande, con i suoi quarantasei anni contro gli appena trentadue di lui.
Il ritiro di Annibale e la nuova idea per i Baci Perugina danno la conferma di quanto tutti sospettano, ma a Luisa sembra non importare: dotata di animo nobile, non perde tempo ed energie a cercare di giustificarsi con sconosciuti. Continua senza troppi problemi la relazione con Giovanni, pur rimanendo nell’eleganza del riservato: non andranno mai a convivere e manterranno pubblicamente il giusto decoro, tanto che solo gli amici e i collaboratori più stretti sono a conoscenza di quanto sta accadendo. Tra questi il già citato Seneca che, trovatosi ispirato dallo scambio segreto di bigliettini romantici tra i due, decide di fare lo stesso per i cioccolatini e quindi si inizia ad accompagnarli con una frase tenera ma appassionata presa dagli autori classici del passato. Al romanticismo si alternano anche frasi scherzose come: “Meglio un Bacio oggi che una gallina domani”.
Parallelamente alla creazione dei Baci Perugina, Luisa continua a rimanere vicino alla gente del popolo: gli asili e i sussidi per le donne non cessano a conflitto finito, anzi. Apre un piccolo spaccio all’interno degli stabilimenti, affinché le donne possano fare la spesa prima di tornare a casa e ottimizzare i tempi. Si preoccupa delle famiglie meno abbienti ed è lei a pagare gli studi ai ragazzi che non possono permetterseli, oltre al fatto che mantiene personalmente quelli rimasti orfani.
Siamo nel 1929, Luisa lascia la gestione della Perugina al figlio Mario e alla moglie Eugenia per studiare al meglio l’allevamento di conigli d’Angora iniziato circa una decina d’anni addietro per volere dei figli.
Facendo la spola con la Francia, Luisa si era già imbattuta in capi d’Angora – dove il pelo dei conigli è ricavato solo pettinando l’animale – e le balena l’idea di iniziare una produzione per capi d’abbigliamento indirizzata a donne e neonati.
Alcune operaie della fabbrica cominciano a filare e lavorare il pelo, creando così: mantelline, cuffiette, scialli e boleri. Da qui ha il via ufficialmente il ramo d’abbigliamento “Angora Spagnoli”, ritenuto fin da subito di ottima qualità ma dobbiamo aspettare ancora del tempo per il giusto prestigio, almeno fino a quando saranno proprio nomi comeSofia Loren e Anna Magnani a indossarlo.
La genialità della Spagnoli sta anche nel fatto che alcuni capi vengono venduti come sorprese contenute nelle uova di Pasqua Perugina.
Purtroppo Luisa Spagnoli si ammala gravemente di tumore alla gola e muore a Parigi il 21 settembre 1935, nonostante le varie operazioni cui si è sottoposta. Il suo corpo riposa ancora oggi in una cripta vicina agli stabilimenti Luisa Spagnoli Angora a Perugia.
A continuare l’opera di famiglia sono stati i figli e oggi i pronipoti.
Nei primi anni Quaranta Mario, per omaggiare la madre, cambia il nome del marchio d’abbigliamento in “Luisa Spagnoli”, che ben conosciamo.
Sulla scia della madre, i tre figli non voltano le spalle ai loro dipendenti, al contrario. Durante la Seconda Guerra Mondiale donano maglie, calze e lana del marchio, che di certo un operaio qualsiasi non può permettersi. Lo stabilimento si attrezza di una piscina, per fare in modo che i bambini, continuando a rimanere lì durante le ore di lavoro dei genitori, possano divertirsi e in più vengono costruite case a schiera per ogni dipendente. Tra lavoro e casa il tutto diventa una vera e propria piccola comunità attrezzata veramente di tutto.
Dal 1986 l’azienda Luisa Spagnoli è sotto la guida della pronipote Nicoletta Spagnoli, con un personale composto al 90% da donne.
Ancora oggi l’azienda si preoccupa per la vita dei suoi dipendenti. Ognuno dei quali può ottenere il rimborso delle spese sostenute per il nido, fino ai venti mesi del bambino, più un’ora di permesso per le madri che allattano, sempre fino ai venti mesi. La mensa aziendale è gratuita, con una scelta di un menù wellness tra quattro primi e quattro secondi.
La Perugina, invece, dal 1988 è un marchio Nestlé, ma un’altra pronipote, questa volta omonima, quindi Luisa Spagnoli, guida con successo la cioccolateria “Spagnoli Confesserie du chocolat”, sempre a Perugia.
Dopo quattro generazioni l’anima di Luisa Spagnoli rimane giustamente più che appagata: il successo rimane intatto, così come la sua nobiltà d’animo.
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