Arriva quel momento del presente in cui ci si sente soffocare nonostante vada tutto bene. Tutto, in un certo senso, è come lo vogliamo. Però non ci va ancora bene. Che parola strana il “volere”, soprattutto per una creatura volubile come l’essere umano. È che sentimento strano l’insoddisfazione, specialmente se questa è totalmente accerchiata dalla soddisfazione. Eppure qualcosa non quadra.
Allora arriva l’asfissia di un pensiero travolgente, perverso e spaventoso. Arriva il momento di rinunciare a noi stessi, o quantomeno ad alcune matrici comportamentali a cui siamo gelosamente ancorati.
E badate bene che di per sé non è qualcosa di negativo. Semmai è negativo nei riguardi di una struttura d’integrità individuale che fittizia si è imposta costruendo le nostre identità.
Qualcuno identifica tutto ciò con la parola “ego”.