L’estate sta finendo, e come ogni anno lettini, ombrelloni e infradito piene di sabbia lasciano il posto a zaini, quaderni, diari a farci credere che la sua vera fine è quando inizia la scuola… E in effetti ho sempre vissuto settembre con piena euforia, per me è un mese che ha del potenziale: lo associo all’inizio del nuovo anno, al ritorno alla normalità, al lavorare su nuovi progetti. Eppure da ormai quasi vent’anni, lo vivo anche con una sorta di nostalgia.
Quando entro nei negozi e mi ritrovo immersa tra zaini, astucci e materiale scolastico bello sfolgorante, con bambini e ragazzi che insieme ai genitori scelgono l’accessorio perfetto per il nuovo anno scolastico, mi si stringe il cuore e non posso non chiedermi: quanto di quel passato che anch’io ho vissuto risuona ancora dentro di me?
Sì, perché la scuola non è solo il luogo in cui impariamo nozioni di cultura generale. È anche il primo grande palcoscenico sociale dove costruiamo, più o meno inconsapevolmente, il nostro essere. Da Millennial cresciuta nel boom del consumismo, con pubblicità sparate ogni venti minuti nelle reti private, mi sono chiesta: quella che in teoria è solo una moda, quanto sta incidendo su cultura, status e senso di appartenenza?
Fin dalla terza elementare (1998-1999) lo zaino Invicta ha preso il posto di quelli di Barbie e Sailor Moon. Averlo era un simbolo di crescita, mi sentivo grande, proprio come quei ragazzi alti due metri – per lo meno dal mio punto di vista di bambina – che vedevo uscire dalle scuole medie o dai licei. Sono cresciuta in un quartiere medio-alto, quindi possederlo era la pura normalità, ma trovavo comunque il compagno da ammirare: quello che era riuscito ad accaparrarsi le edizioni limitate. Tutti, insomma, ne avevano uno, eppure non ci sentivamo omologati, chissà perché.
Nato in Inghilterra all’inizi del Novecento, inizialmente Invicta (che prende il nome dall’aggettivo latino “invictus” nella desinenza plurale neutra, così da diventare “invincibili”) produceva sacchi e borse di juta per la marina militare. Qualche decennio più tardi passa a un artigiano torinese, fino ad arrivare ai fratelli Giovanni, Mario e Vincenzo Garrino che lo fanno diventare un marchio per alpinisti. La qualità davvero indistruttibile diventa presto pratica anche nell’ambiente scolastico, mercato che per l’Invicta prende piede negli anni ’80, quando gli studenti non si accontentano più delle solite cartelle, ma vogliono qualcosa di più di loro gusto, qualcosa che riesca a farli distinguere, e Invicta ci riesce fin da subito, con il suo modello “Jolly”.
Negli anni ’80 e poi ’90 arriva una svolta non da poco, forse mai accettata dalle nostre nonne: le scarpe da ginnastica diventano un accessorio per tutti i giorni. Pensate solo per l’attività sportiva, grazie alla loro comodità scoperta proprio tra le aule e i giardini scolastici, nessun Millennial, soprattutto tra le donne, riesce a farne davvero a meno. E sia chiaro: io in realtà le odio, ma ammetto di possederne almeno quattro paia.
Nike Air Max, Adidas, Superstar, Reebok… ogni marchio segnava una tribù di appartenenza: dallo stile hip-hop, al casual, persino ai più eleganti. Lo stile che mostravi a scuola segnava anche quello urbano.
Anche se da noi in Italia non si usa molto l’uniforme, va detto che nel mondo anglosassone queste sono parti integranti dell’identità visiva degli studenti. Si vedono passeggiare per strada e dai colori si capisce subito a quale scuola appartengono. È certamente un concetto di omologazione, con poco spazio per la personalizzazione (se non con spille, colletti ricamati o alcune toppe) ma non possiamo negare che Tommy Hilfiger o Ralph Lauren si siano ispirati tanto a loro, pensando proprio allo stile “preppy”.
Ma se è vero che la perfezione si nota dai dettagli, erano gli accessori i veri e propri protagonisti delle nostre giornate: scrutavamo la gomma da cancellare o le penne dei nostri compagni ma soprattutto i diari. Smemoranda, Comix, quello della propria squadra del cuore. Era il diario a indicare chi davvero eri, soprattutto quando i messaggi al cellulare ancora costavano e questi si riempivano più di frasi dedica che di compiti…
Ma se è vero che la moda torna, lo stile scolastico vintage sta prendendo sempre più piede, anche grazie alla cultura pop e ai social che romanticizzano, chissà perché, gli anni ’90 e gli inizi del 2000. Gonne a pieghe, cardigan, le Mary Jane, insomma… i look “academia aesthetic” popolano i social facendoci così vedere che la moda passa soprattutto tra i banchi di scuola, proprio come in ogni puntata di Gossip Girl.
Quando entro nei negozi e mi ritrovo immersa tra zaini, astucci e materiale scolastico bello sfolgorante, con bambini e ragazzi che insieme ai genitori scelgono l’accessorio perfetto per il nuovo anno scolastico, mi si stringe il cuore e non posso non chiedermi: quanto di quel passato che anch’io ho vissuto risuona ancora dentro di me?
Sì, perché la scuola non è solo il luogo in cui impariamo nozioni di cultura generale. È anche il primo grande palcoscenico sociale dove costruiamo, più o meno inconsapevolmente, il nostro essere. Da Millennial cresciuta nel boom del consumismo, con pubblicità sparate ogni venti minuti nelle reti private, mi sono chiesta: quella che in teoria è solo una moda, quanto sta incidendo su cultura, status e senso di appartenenza?
Fin dalla terza elementare (1998-1999) lo zaino Invicta ha preso il posto di quelli di Barbie e Sailor Moon. Averlo era un simbolo di crescita, mi sentivo grande, proprio come quei ragazzi alti due metri – per lo meno dal mio punto di vista di bambina – che vedevo uscire dalle scuole medie o dai licei. Sono cresciuta in un quartiere medio-alto, quindi possederlo era la pura normalità, ma trovavo comunque il compagno da ammirare: quello che era riuscito ad accaparrarsi le edizioni limitate. Tutti, insomma, ne avevano uno, eppure non ci sentivamo omologati, chissà perché.
Nato in Inghilterra all’inizi del Novecento, inizialmente Invicta (che prende il nome dall’aggettivo latino “invictus” nella desinenza plurale neutra, così da diventare “invincibili”) produceva sacchi e borse di juta per la marina militare. Qualche decennio più tardi passa a un artigiano torinese, fino ad arrivare ai fratelli Giovanni, Mario e Vincenzo Garrino che lo fanno diventare un marchio per alpinisti. La qualità davvero indistruttibile diventa presto pratica anche nell’ambiente scolastico, mercato che per l’Invicta prende piede negli anni ’80, quando gli studenti non si accontentano più delle solite cartelle, ma vogliono qualcosa di più di loro gusto, qualcosa che riesca a farli distinguere, e Invicta ci riesce fin da subito, con il suo modello “Jolly”.
Negli anni ’80 e poi ’90 arriva una svolta non da poco, forse mai accettata dalle nostre nonne: le scarpe da ginnastica diventano un accessorio per tutti i giorni. Pensate solo per l’attività sportiva, grazie alla loro comodità scoperta proprio tra le aule e i giardini scolastici, nessun Millennial, soprattutto tra le donne, riesce a farne davvero a meno. E sia chiaro: io in realtà le odio, ma ammetto di possederne almeno quattro paia.
Nike Air Max, Adidas, Superstar, Reebok… ogni marchio segnava una tribù di appartenenza: dallo stile hip-hop, al casual, persino ai più eleganti. Lo stile che mostravi a scuola segnava anche quello urbano.
Anche se da noi in Italia non si usa molto l’uniforme, va detto che nel mondo anglosassone queste sono parti integranti dell’identità visiva degli studenti. Si vedono passeggiare per strada e dai colori si capisce subito a quale scuola appartengono. È certamente un concetto di omologazione, con poco spazio per la personalizzazione (se non con spille, colletti ricamati o alcune toppe) ma non possiamo negare che Tommy Hilfiger o Ralph Lauren si siano ispirati tanto a loro, pensando proprio allo stile “preppy”.
Ma se è vero che la perfezione si nota dai dettagli, erano gli accessori i veri e propri protagonisti delle nostre giornate: scrutavamo la gomma da cancellare o le penne dei nostri compagni ma soprattutto i diari. Smemoranda, Comix, quello della propria squadra del cuore. Era il diario a indicare chi davvero eri, soprattutto quando i messaggi al cellulare ancora costavano e questi si riempivano più di frasi dedica che di compiti…
Ma se è vero che la moda torna, lo stile scolastico vintage sta prendendo sempre più piede, anche grazie alla cultura pop e ai social che romanticizzano, chissà perché, gli anni ’90 e gli inizi del 2000. Gonne a pieghe, cardigan, le Mary Jane, insomma… i look “academia aesthetic” popolano i social facendoci così vedere che la moda passa soprattutto tra i banchi di scuola, proprio come in ogni puntata di Gossip Girl.
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