Quando ho intervistato Consuelo Chinè mi sono resa conto che il nostro modo di vestirci è la copertina che mostriamo al mondo. Ma anche se questo è vero, non per questo dobbiamo giudicare gli altri in base a come si vestono, quanto piuttosto possiamo capire un po’ del loro carattere.
Chi, per esempio, è una persona nostalgica, attaccata ai ricordi, semplice, e sempre più lontana dalla brama di consumismo come la sottoscritta, tende ad avere nel proprio armadio capi che ha comprato più di dieci anni fa, con una resistenza non da poco dal buttarli via, se non quando sono completamente distrutti.
Vediamo oggi come personaggi noti al mondo dell’arte hanno detto molto di sé solo dal proprio modo di vestirsi.
Frida Kahlo era solita scegliere abiti tradizionali messicani non tanto per folklore o per tradizione, ma per affermare a gran voce la sua identità d’origine. Virginia Woolf, quando scriveva nella “stanza tutta per sé” lo faceva indossando abiti per lo più maschili, come per voler diventare un’altra persona, per identificarsi in quello che doveva essere il suo lavoro e basta. Se loro lo facevano più nella vita privata, un genio della musica – e della moda – come David Bowie ha saputo trasformarsi dando origine a un intero universo d’identità: Ziggy Stardust, Aladdin Sane, il Duca Bianco… in ogni cambio d’abito c’è stata una metamorfosi e nella metamorfosi un messaggio da lanciare al mondo, con il proprio simbolismo.
E che dire dei personaggi della letteratura? Anche se non esistono nel mondo reale, non vuol dire che non abbiano saputo lanciare dei messaggi. Holly Golightly (Colazione da Tiffany, 1958) è iconica per il suo tubino nero con il filo di perle: la fragilità del personaggio che si nasconde in una maschera di sicurezza fatta di glamour. O ancora, Jay Gatsby (Il grande Gatsby, 1925) che con i suoi completi color crema ci parla con naturalezza e fiducia del sogno americano e della sua illusione. Elizabeth Bennet (Orgoglio e pregiudizio, 1813) si mostra la ribelle dell’epoca già per il suo modo di vestire semplice e pratico.
Anche se non ce ne accorgiamo, noi come tutti loro, con il nostro modo di vestire lanciamo un messaggio al mondo e se volete storcere la bocca pensando che tanto vi vestite con la prima cosa che prendete dall’armadio, pensateci bene un attimo: quante volte, quando cambiamo radicalmente, decidiamo anche di farlo con lo stile?
Quando vogliamo nasconderci o sentire il bisogno di uscire per forza tendiamo a vestirci larghi; quando siamo più sicuri di noi stessi, osiamo indossare colori accesi, anche quelli che mai avremmo pensato di indossare. E quante volte guardiamo un maglione, un pantalone o un vestito chiedendoci: “Ma come facevo a indossare questa roba?”?
Insomma, che ne vogliamo essere consapevoli o no, la vera moda, quella personale, non è seguire le tendenze, ma piuttosto il nostro modo di essere. È un mix tra le nostre passioni, affetti, consapevolezze e anche dolori. Il nostro armadio rispecchia ciò che siamo, l’identità che ci riconosciamo e che vogliamo far vedere al mondo.
È il nostro modo di mostrarci ancora prima di parlare, per questo dovremmo abbandonare l’idea di vestirci a caso, o con marchi di serie, e trovare quell’unicità che contraddistingue tutti noi.
Chi, per esempio, è una persona nostalgica, attaccata ai ricordi, semplice, e sempre più lontana dalla brama di consumismo come la sottoscritta, tende ad avere nel proprio armadio capi che ha comprato più di dieci anni fa, con una resistenza non da poco dal buttarli via, se non quando sono completamente distrutti.
Vediamo oggi come personaggi noti al mondo dell’arte hanno detto molto di sé solo dal proprio modo di vestirsi.
Frida Kahlo era solita scegliere abiti tradizionali messicani non tanto per folklore o per tradizione, ma per affermare a gran voce la sua identità d’origine. Virginia Woolf, quando scriveva nella “stanza tutta per sé” lo faceva indossando abiti per lo più maschili, come per voler diventare un’altra persona, per identificarsi in quello che doveva essere il suo lavoro e basta. Se loro lo facevano più nella vita privata, un genio della musica – e della moda – come David Bowie ha saputo trasformarsi dando origine a un intero universo d’identità: Ziggy Stardust, Aladdin Sane, il Duca Bianco… in ogni cambio d’abito c’è stata una metamorfosi e nella metamorfosi un messaggio da lanciare al mondo, con il proprio simbolismo.
E che dire dei personaggi della letteratura? Anche se non esistono nel mondo reale, non vuol dire che non abbiano saputo lanciare dei messaggi. Holly Golightly (Colazione da Tiffany, 1958) è iconica per il suo tubino nero con il filo di perle: la fragilità del personaggio che si nasconde in una maschera di sicurezza fatta di glamour. O ancora, Jay Gatsby (Il grande Gatsby, 1925) che con i suoi completi color crema ci parla con naturalezza e fiducia del sogno americano e della sua illusione. Elizabeth Bennet (Orgoglio e pregiudizio, 1813) si mostra la ribelle dell’epoca già per il suo modo di vestire semplice e pratico.
Anche se non ce ne accorgiamo, noi come tutti loro, con il nostro modo di vestire lanciamo un messaggio al mondo e se volete storcere la bocca pensando che tanto vi vestite con la prima cosa che prendete dall’armadio, pensateci bene un attimo: quante volte, quando cambiamo radicalmente, decidiamo anche di farlo con lo stile?
Quando vogliamo nasconderci o sentire il bisogno di uscire per forza tendiamo a vestirci larghi; quando siamo più sicuri di noi stessi, osiamo indossare colori accesi, anche quelli che mai avremmo pensato di indossare. E quante volte guardiamo un maglione, un pantalone o un vestito chiedendoci: “Ma come facevo a indossare questa roba?”?
Insomma, che ne vogliamo essere consapevoli o no, la vera moda, quella personale, non è seguire le tendenze, ma piuttosto il nostro modo di essere. È un mix tra le nostre passioni, affetti, consapevolezze e anche dolori. Il nostro armadio rispecchia ciò che siamo, l’identità che ci riconosciamo e che vogliamo far vedere al mondo.
È il nostro modo di mostrarci ancora prima di parlare, per questo dovremmo abbandonare l’idea di vestirci a caso, o con marchi di serie, e trovare quell’unicità che contraddistingue tutti noi.


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