lunedì 7 febbraio 2022

#Musica: Dove si balla

“Fottitene e balla
tra i rottami
balla per restare a galla
negli incubi mediterranei”
Dove si balla, Dargen D’Amico  

Qualche anno fa non avremmo mai pensato di vedere una scena simile.
Dargen si è esibito sul palco di Sanremo, illuminato dai riflettori dell’Ariston e accompagnato da un’orchestra, cantando il suo inedito dal titolo “Dove si balla”. Ma ciò che lascia piacevolmente sorpresi è vedere che anche dopo anni, Dargen porta ancora con sé la stessa aura che lo ha caratterizzato durante la sua esperienza artistica.
Il brano presentato al festival si intitola “Dove si balla”, un connubio fra lo sperimentale e il “radio friendly”.

La canzone presenta molte affinità con la musica dance, ma non si esaurisce in essa nella sua tipizzazione. È presente l’eco della lunga esperienza da rapper dell’artista, nonché lo stilema della sua scrittura.
Nelle sonorità inoltre, si rintracciano le caratteristiche della musica sanremese, che mescolate alla dance e alla voce di Dargen, determinano un effetto estetico più profondo, andando oltre la semplice somma delle singole parti.

La maestosità dello sfarzo tipico del festival, unita al candore dell’esecuzione dell’artista, creano l’inaspettato, una sensazione di sorpresa e meraviglia accompagnata da un testo apparentemente semplice. Ma il testo costituisce proprio una parte integrante del brano, costruito per arrivare a tutti e smuovere l’anima e le coscienze oltre questo stadio della storia.
Nel testo la musica dance diviene mezzo escatologico o metafora per il superamento dell’immobilismo esistenziale.

L’atto di ballare viene descritto come liberatorio e catartico, si trasforma in una filosofia di vita attraverso la quale affrontare la realtà. Questo concetto può essere veicolato dai versi citati all’inizio di questo articolo. La bellezza degli stessi è data dall’incredibile profondità che nascondono, dall’invito implicito a una leggerezza capace di sfidare e sopraffare le intemperie dell’esistenza.
Il ritornello, che normalmente dovrebbe mantenersi inalterato, subisce delle variazioni in un punto particolare: il verso “che brutta fine le cartoline” diventa “che brutta fine fermi al confine” e poi ancora “che brutta fine le mascherine”.
Ma la cosa davvero sorprendente è che attraverso queste piccole trasformazioni viene trasmesso un senso di progressione: queste leggere alterazioni agiscono sul tempo e sullo spazio, delineando una sorta di cammino all’interno di una storia travagliata.

Anche nelle strofe è presente la sensazione di un movimento che sviluppa dall’immobilità. Il senso stasi presente all’inizio del brano viene progressivamente abbandonato, anche attraverso alcuni voli pindarici il cui uso non è nuovo all’artista.
Di particolare importanza simbolica è la frase “ogni tanto in lontananza sento ancora una musica che fa…”, rimandando a un desiderio di libertà sedimentato nell’animo umano, consacrando l’esistenza con quel barlume di speranza presente in ognuno di noi.

Perché, se il testo può essere semplicemente interpretato nel suo significato letterale, a nostro parere può anche essere letto in chiave metaforica. “Ballare” significa vivere la vita a pieno e gustare il momento, seguendo ciò che si ama. La musica “in lontananza” possiamo sentirla tutti, perché in realtà proviene da noi stessi. Ognuno di noi può sentire la propria melodia, che ci ispira e che ci permette di dirigere le azioni nel presente.

“E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”
- Friedrich Nietzsche



[Info]
Il racconto è stato scritto da Gianluca Boncaldo!
Se siete interessati a conoscerlo, ci lasciamo i suoi contatti: 
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