La prima commissione avvenne dal suo mecenate, Alexander Günther, ma Böcklin rimase talmente affascinato dalla sua stessa creazione da non volersene separare. Marie Berna, contessa di Oriola, gli commissionò le quattro versioni successive, in cui l’artista aggiunse e tolse dei dettagli, cambiò la luce e alcune colorazioni, ma la rappresentazione di base era sempre la stessa. Una delle ultime riproduzioni, però, andò perduta in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Due sono situate attualmente in Germania, una a New York e la prima realizzata, quella del 1880 appunto, si trova in Svizzera.
Nato
in Basilea nel 1827 e deceduto in Toscana nel 1901, viene considerato il
massimo esponente del simbolismo tedesco, i suoi dipinti sono così carichi
di elementi mistici e onirici che suscitarono l’interesse di pittori come De
Chirico.
“L’isola dei morti” interessò anche Sigmund Freud, che al riguardo disse: “L'artista sa trovare la strada di ritorno
dal mondo della fantasia alla realtà. Le sue creazioni, le opere d’arte, sono
soddisfazioni fantastiche di desideri inconsci, come i sogni.” L’artista,
dal canto suo, commentò così la sua creazione: “Un’immagine onirica: essa deve produrre un tale silenzio che il bussare
alla porta dovrebbe far paura.”
Il rematore richiama la figura di Caronte, il traghettatore d’anime che sta consegnando al regno dei morti il soggetto in bianco davanti a lui. Il colore potrebbe rimandare al semplice corpo del defunto, avvolto da bende come una mummia, o al consegnare all’isola un’anima, segnando in maniera definitiva il trapasso del soggetto. Alcuni considerano l’opera quasi un’autobiografia, perché Böcklin seppellì sei dei suoi dodici figli e lui stesso rischiò la vita diverse volte. Con le sue pennellate, l’autore riuscì a raccogliere il mistero della morte, rappresentandolo come un viaggio verso questa isola semicircolare. Le rupi scoscese sembrano richiamare all'inaccessibilità per i vivi, infatti l'entrata è possibile solo via mare. Lo scenario proposto sembra voler conferire alla morte quell’ulteriore senso di mistero, di surreale, che si accompagna a un fascino ipnotico. Non è infatti scontato, dato che provocò la Sindrome di Stendhal, svenimenti e crisi improvvise davanti ad un’opera così potente, a figure di spicco come Lenin, Dalì e D’Annunzio, che addirittura nella sua dimora sul lago di Como fece piantare dei cipressi per ricreare l’atmosfera de “L’isola dei morti”.
Nel fotogramma, alle spalle di Hilter, si può notare uno scorcio de “L’isola dei morti” di Böcklin.
A oggi questa versione è conservata nello Alte Nationalgalerie di Berlino, a duecento metri dal bunker in cui il dittatore si suicidò, ponendo fine alla sua vita nella stanza insieme al suo amato quadro.
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