Se amate leggere non potete non conoscere questo libro
pubblicato per la prima volta nel 1999 e scritto da Tracy Chevalier e dal quale
è stato tratto un film dallo stesso titolo nel 2003.
Come tutti i libri estremamente famosi e chiacchierati anche
"la ragazza con l'orecchino di perla" è vittima di chi decide di
snobbarlo a prescindere, solo per la sua fama e vi diremo la verità: noi di 4Muses per un periodo siamo state quel tipo di persone, prima di deciderci a leggere questo libro e di superare quelli che possono essere dei paletti mentali (sciocchi) che noi stesse ci imponevamo.
Tutto gira intorno a uno dei quadri più celebri del pittore
seicentesco Johannes Vermeer, nonché uno dei quadri più celebri della storia
dell'arte.
In questo romanzo la Chevalier si diverte ad immaginarsi la
storia che si nasconde dietro al quadro, di cui si sa ben poco nella vita
reale.
Ci troviamo a Delft, in Olanda e la protagonista è la
sedicenne Griet che ci viene presentata da subito come una ragazza attenta e
meticolosa. Sta sistemando le verdure che utilizzerà di lì a poco per cucinare,
e le sta sistemando in ordine di colore e di gradazione.
Capisce nell'istante in cui sente il padre parlare con due
persone con la voce a lei sconosciuta che c'è qualcosa di strano, qualcosa di
fuori posto. Infatti il padre, rimasto cieco a causa di un incidente avvenuto
nella fabbrica di piastrelle in cui lavorava, sta conversando con il signore e
la signora Vermeer, e Grier ci metterà ben poco a capire che sono lì per un
motivo ben preciso: farla lavorare a casa loro come domestica, ma non come una
qualunque.
Oltre ai soliti lavori da domestica Griet avrà il ruolo di
pulire l'atelier del pittore, e sarà l'unica oltre a lui a poter mettere piede
lì dentro.
La ragazza effettivamente è perfetta per questo ruolo; è in
grado di pulire una stanza rimettendo poi gli oggetti esattamente nella loro
posizione originaria, cosa che ha imparato per aiutare il padre cieco nella
quotidianità.
Leggendo del primo incontro tra Griet e Vermeer (o
"lui", come verrà chiamato dalla ragazza per tutto il libro) si
percepisce all'istante l'interesse e la curiosità che l'artista prova nei suoi
confronti.
Le fa domande, soprattutto sulla disposizione delle verdure;
sul perché le avesse disposte in quel modo, sul perché il violetto delle rape
fosse lontano dall'arancione delle carote ("quei colori fanno a pugni
quando sono vicini, signore"), sul perché le rape e le cipolle, entrambe bianche, fossero separate e su quanto tempo lei ci mettesse effettivamente
a disporre in quel modo le verdure.
"Mi rovinerete, pensai io. Ma anche questa volta non riuscii a pronunciare quelle parole. [...] Fu come se lui fosse stato nel vicolo insieme a Pieter e me.
mi avete rovinato, pensai"
Il suo interesse diverrà durante il corso del libro quasi
una ossessione, e Griet inizierà ad essere sempre meno intimidita dal pittore,
arrivando a conversare con Vermeer in modo completamente disinvolto, e ad avere l'audacia di dispensare consigli per quanto riguarda
la disposizione degli oggetti dipinti nel quadro, o sui colori.
Prima che voi ve ne accorgiate (e in realtà prima che se
accorga anche la protagonista stessa), la vita di Griet prima dei Vermeer sarà
così lontana da non sembrare neanche più la sua. Non si riconosce più in niente:
le abitudini, le persone, i modi di pensare, gli odori, i suoni e i sapori che
conosceva prima di partire per il Quartiere dei Papisti (il quartiere cattolico
dove vive la famiglia Vermeer) piano piano iniziano a non fare più parte di
lei.
Per quanto ovviamente le ambientazioni siano completamente
diverse da quelle che viviamo noi oggi, “La ragazza con l’orecchino di perla”
riesce ad entrarti dentro all’anima come pochi libri sanno fare.
Lo sappiamo molto bene che in molti potrebbero dire che tantissimi libri possono toccarti l'anima in modo speciale e noi siamo perfettamente d'accordo, ma leggendo questo (così come tantissimi libri della Chevalier) è impossibile non rimanere letteralmente sbalorditi di fronte al modo in cui vengono descritti personaggi, luoghi, situazioni e dinamiche ed è impossibile non ritrovare in Griet, una semplicissima ragazza di famiglia umilissima, quello che siamo stati anche noi almeno una volta nella nostra vita: bugiardi per la prima volta con i nostri genitori, dei pesci fuor d'acqua in determinate situazioni, terrorizzati per aver fatto delle cose che sapevamo bene non avremmo dovuto fare, in attesa di conseguenze disastrose, in pena per delle persone a cui vogliamo bene, o semplicemente innamorati.
A Griet vorrete bene proprio per questo motivo, e per molti dei suoi piccoli comportamenti che la rendono incredibilmente umana: fa errori, è impacciata nelle relazioni (soprattutto in quella con Pieter, il ragazzo che si invaghirà di lei), non è una figlia modello e tantomeno una sorella modello, ha rimpianti, ha le sue paranoie, le sue stranezze (è maniaca delle pulizie e talvolta quasi ossessiva), ma soprattutto, ed è questo che la rende incredibilmente umana, ha l'istinto di scappare da molte situazioni, e ci saranno situazioni in cui lo farà.
"Scesi in strada e cominciai a correre. Di corsa feci tutta la Oude Langendijck e attraversai il ponte per andare nella piazza del Mercato.
Solo i ladri e i bambini corrono."
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