Ho conosciuto la favola de: "la rana e lo scorpione", attribuita a Esopo, nel 1999, grazie alla musicassetta degli 883 “Grazie mille”. Da bambina mi piaceva tantissimo, tanto che il nastro era quasi rovinato nella parte in cui si narra la storia. Crescendo mi è rimasta sempre impressa la frase: “Perché sono uno scorpione, è la mia natura”. E ora che sono ormai donna, mi rendo conto di quanto le persone non cambino realmente. Possono limare i propri difetti, possono evitare certi comportamenti, ma finché agiscono a seconda della propria natura umana (l’Ego), non cambieranno mai del tutto.
"Lo scorpione doveva attraversare il fiume, così non sapendo nuotare, chiese aiuto alla rana. «Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda». La rana rispose: «Fossi matta! così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi». «Per quale motivo dovrei farlo?», incalzò lo scorpione. «Se ti pungo, tu muori e io annego»."
Da bambina di dieci anni non potevo certo capire le dinamiche dietro questa prima parte. L’adolescenza e l’affacciarmi al mondo, mi hanno aperto il varco luminoso che ha portato poi alla comprensione di certi tipi di legami. Avevo ascoltato a ripetizione quella canzone, dentro già avevo appreso l’insegnamento, serviva solo proiettarlo nella mia realtà per includerlo pienamente.
Lo scorpione e la rana si incontrano. Il primo sa che la rana potrà aiutarlo ad arrivare dall’altra parte, la seconda è titubante. Conosce la natura dello scorpione, sa che fidandosi di lui potrebbe morire.
"La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua."
Ma la rana, ascoltando i suoi pensieri dettati da un Ego forse troppo sentimentalista, o buonista, decide di fidarsi comunque perché il discorso dello scorpione non fa una piega: entrambi devono arrivare dall’altra parte, non avrebbe senso per lo scorpione pungere. Lo scopo è comune, se fallisce uno, falliscono tutti. Allora la rana nuota, e lo scorpione se ne sta buono sulla sua schiena, in attesa di arrivare.
"A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire, la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. «Perché sono uno scorpione», rispose lui «è la mia natura»."
Ecco, tutti riconoscono la morale della favola come: non ti fidare dello scorpione. Ma io ci vedo qualcosa di più profondo: il nostro volere farci male a tutti i costi. Lo scorpione sa che pungerà, la rana sa che lo scorpione la pungerà, eppure entrambi, spinti dalla grande voglia e necessità di fare del bene, alla fine muoiono.
Con lo studio della Metafisica, mi sorge spontanea una domanda: quanto sarebbe costato allo scorpione reprimere la propria natura? E quanto, di riflesso, costa a tutti noi? Se lo scorpione avesse abbandonato l’identificazione con l’animale scorpione, non avrebbe punto la rana. E se la rana avesse captato la minaccia reale nello scorpione, e non avesse ceduto all’Ego sentimentalista, non avrebbe mai accettato di farsene carico.
Anche se siamo spinti dalle migliori intenzioni, dobbiamo fermarci e ragionare: ciò che sto dicendo, ciò che sto facendo, sta comunque ferendo qualcuno, e di conseguenza me stesso? Da bambini ci insegnano a contare fino a dieci prima di parlare. Ecco, con la Coscienza e la Consapevolezza vi assicuro che spesso ci si ritrova a scegliere il silenzio.
Scorpione e rana sono le due facce della stessa medaglia: nel primo c’è l’egoismo, nella seconda l’altruismo. E non a caso vanno entrambi verso la morte. Uno degli insegnamenti più importanti che ho ricevuto è stato: “qualsiasi cosa finisca con ismo è sbagliata”.
Credo sia giunto il momento di una maggiore riflessione da parte di tutti. Cercate di non rimanere mai nella superficie della materia, avventuratevi nella sua profondità.
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