Quante volte abbiamo detto o sentito qualcuno dire “Io non so ballare”? Bene, è una delle più grandi menzogne di sempre. Il ballo fa parte del nostro patrimonio culturale da secoli, dalla nascita delle prime comunità. Nasce con noi, con i primi ominidi, con lo scopo di comunicare e per rafforzare il lavoro di gruppo. Addirittura lo psicologo dell’evoluzione Robin Dunbar sosteneva che il primo ballo fosse nato come conseguenza di uno “spidocchiamento”.
Noi sappiamo ballare, perché la capacità di seguire un ritmo nasce insieme a noi. Gli esseri umani e poche specie di uccelli hanno il senso del ritmo. Siamo in grado di distinguere quello regolare da uno irregolare, perché il secondo psicologicamente tende a sorprenderci.
Ballare è quanto mai salutare. Fa bene al metabolismo, alla muscolatura e secondo molti studi anche alla nostra mente. Pensate solo a quante parti del cervello siano interessate nel momento in cui iniziamo a muoverci seguendo un qualche tipo di ritmo: c’è da tener conto dello spazio e dell’orientamento, la rappresentazione neuronale delle nostri parti del corpo che devono muoversi, i ricordi per riportare alla mente i passi conosciuti e quelle parti del cervello legate all’apprendimento per impararne di nuovi. La sequenza del ritmo va compresa, dobbiamo muoverci secondo quel ritmo, dobbiamo collegare musica e passi, inoltre dobbiamo avere i riflessi pronti per non cadere e, se facciamo una giravolta, dobbiamo essere sicuri di tornare poi al punto di partenza. Sembra faticoso, vero? Eppure niente può farci sentire meglio di un ballo. A lungo andare può diventare una vera e propria dipendenza e non molti sanno che la danzaterapia viene usata per ridurre i sintomi della depressione, dell’ansia, dello stress e, in alcuni casi, anche della demenza e del Parkinson. A lungo andare, il ballo protegge il cervello. Migliora il nostro umore e rafforza il sistema immunitario. In alcune parti del mondo, addirittura, è lo stesso medico di base a prescrivere il ballo: nel Regno Unito, infatti, esistono le “prescrizioni sociali” come il ballo appunto, e i suoi costi vengono o del tutto, o in parte rimborsati dallo Stato.
Il ritmo ci rende felici. Il nostro corpo è fatto per amare la regolarità, perché senza avrebbe paura di perdere il controllo. Eppure è radicata in noi la credenza che ballare non sia nelle nostre corde. Se cresciamo in una comunità in cui ci viene ripetuto che ballare è imbarazzante, avremo dei neuroni che attiveranno l’imbarazzo nel momento in cui ci sarà da muoversi. Ricordate, però, che ballare è un atto innato, quindi non serve essere imbarazzati. Fate solo che ballare vi diverta sempre. È stato studiato, infatti, che spesso il ballo di chi non è professionista, di chi lo fa come hobby, sia più salutare: regolarizzazione del battito cardiaco, distensione dei muscoli e riduzione del cortisolo. Per i ballerini di professione, invece, interviene quest’ultimo, l’ormone dello stress, per il dover mantenere un certo livello. Se percepito come reale, poi, il ballo dei dilettanti viene apprezzato di più di una coreografia perfetta.
Seguire il ritmo, inoltre, può diventare anche una sorta di meditazione cosciente. Il chiudere il occhi, escludere il mondo esterno fatto di caos, concentrarci solo sulla respirazione, sul nostro battito cardiaco e sulla musica è una ricerca del Se interiore. La concentrazione è sul qui e ora, sulla musica e sul nostro muoverci all’interno di un ambiente (ritorniamo alla percezione dello spazio). La concentrazione fatta a lungo su noi stessi, soprattutto quando facciamo qualcosa che ci piace, ci porta in una sorta di trance. Addirittura lo studioso ungherese Mihàly Csìkszentmihàlyi, che ha introdotto il concetto di flusso nel cervello e che ha studiato la felicità e la creatività, suggerisce a tutti di “cadere “ in questa sorta di trance ogni volta che possiamo.
Ballare è espressione del sé, stimola la fantasia e l’immaginazione, cosa che soprattutto in età adulta si tende ad emarginare. I bambini sono solitamente più portati, anche perché basta l’osservazione per imparare. Ovviamente non ci sarà la stessa fluidità del ballerino professionista, perché lì c’è un problema di muscolatura, ma è stato studiato che addirittura che se osserviamo qualcuno muoversi in un ballo che conosciamo, avremo un’attività celebrale come se a ballare fossimo noi. Non basta però, quindi, lasciamo che sia la musica a guidarci e… diamo il via alle danze!
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