Per quanto riguarda la rubrica “Must To Watch”, noi di 4Muses ci siamo sempre concentrate sulle fiction o sui film esteri, mai sul made in Italy. Certo, le produzioni italiane non hanno lo stesso peso rispetto alle straniere, nonostante le serie tv cult italiane siano comunque approdate e state largamente apprezzate all’estero, come "Gomorra" o "Suburra".
Oggi vorrei parlare di una serie tv disponibile su Netflix che molti conoscono, almeno per sentito dire: sto parlando di Boris.
La serie racconta i fatti di uno stagista alla produzione, Alessandro, che inizia a lavorare per la produzione di una serie tv, chiamata “Gli occhi del cuore 2”. Con ironia e "frizzantezza", veniamo a conoscenza di Renè Ferretti, il regista e di tutti i suoi collaboratori.
Per la prima volta, il mondo dello spettacolo nostrano non viene dipinto come un Paradiso, ma tutte le sue sfaccettature lo fanno apparire più come un Inferno.
Non è un mondo dorato quello del piccolo schermo, ma più che altro una giungla. All’inizio della sua messa in onda italiana, il pubblico era per lo più risicato, eppure è riuscito ad imporsi come una serie cult. Merito del passaparola e della pirateria, Boris ha saputo catturare il suo pubblico sin dalla prima puntata. I termini utilizzati nelle puntate sono diventati quasi dei tormentoni, come “Genio!”, “F4 basito” o anche “cagna maledetta”.ù
Il successo di Boris sta nel fatto che non esiste nulla di simile nel panorama italiano, nulla che possa competere con questa fiction/non fiction. Attraverso un mix di ironia e sarcasmo, ci affacciamo dietro le quinte delle riprese di una serie tv. La forza di Boris sta anche nell’autoironia, perché lo stesso regista nella serie, Renè, parla del suo prodotto come una “schifezza”. Forse è proprio questo che piace di Boris: l’amara verità e la schiettezza.
Vediamo tutte le figure che partecipano alla realizzazione di un prodotto d’intrattenimento: c’è Renè, appunto, che da regista di fiction aspira ai film d’autore, combattuto tra il riprendere un prodotto scadente e uno da oscar, ma anche l’attore vanesio, mediocre e dallo spirito hollywoodiano, Stannis, che detesta tutto ciò che potrebbe collocarlo nel panorama italiano “è troppo italiano!" è una sua citazione ricorrente.
Ci sono gli addetti alla fotografia e alle luci con la voglia di lavorare sotto le scarpe, lo stagista “schiavo” e sottopagato, l’aiuto-regista con lo spirito dittatoriale, il direttore alla produzione losco, il delegato della rete temuto, ma che fa da lacchè al padrone della rete, il Dr. Cane e così via. Nonostante la serie faccia parecchia ironia, strizzando l’occhio anche alla satira, mostra un’Italia corrotta, con nepotismi che si sprecano, cocainomani e stagisti sul baratro della disperazione. Boris fa ridere, sì, ma in maniera amara.
Nella serie è possibile vedere la vita di ciascuno di noi, tra debolezze, sogni e, perché no, anche svogliatezza. Boris racconta l’Italia, con parallelismi delle serie tv più famose al mondo. La critica sta anche in Boris stesso. Ma chi è? Un pesce rosso in una boccia che osserva il mondo intorno a sé cadere a pezzi in silenzio.
Nessun commento:
Posta un commento