Esiste una famosa leggenda romana degna di un romanzo con tutti i dettagli tipici dei fantasy e dei thriller: quella di Campo Marzio. In questo rione di Roma vi era un tempo una statua di metallo, forse raffigurante Giulio Cesare o Ottaviano Augusto, con un dito puntato, la cui scritta ai piedi recitava “hic percute” (percuoti qui).
Molti pellegrini veniva a Roma armati di pale e mazze, con l’intento di colpire la statua ed aprire un passaggio verso quella che, secondo la leggenda, era una porta verso gli immensi tesori dei due imperatori romani. Nessuno, però, sembrò risolvere l’enigma della statua, finché non arrivò lui: Silvestro II.
Fu abbastanza abile nel capire quale fosse il passaggio e ad avere accesso alla magica sala.
Si trattava del primo papa di origine francese, il cui nome vero era Gerberto d'Aurillac (Saint Simon 946 - Roma 1003). Avendo ricevuto una educazione spagnola, era stato additato come mago, perché dei cronisti medievali affermarono che era stato scacciato dal monastero che aveva frequentato in gioventù per alcuni giochi di prestigio, per poi diventare in Spagna un negromante. Le voci erano da attribuire ad un’opera che lo raffigurava come il capostipite dei pontefici diabolici e magici. Le voci sul suo conto crebbero, una raccontava la sua relazione con una donna musulmana, figlia di un mago, e il furto di un libro. Scoperto, il mago sentenziò che lo avrebbe cercato per terra e per mari per vendicarsi ma, grazie ad uno stratagemma degno di Hudinì, Gerberto riuscì ad evitare di morire, legandosi ad un ponte e restandoci appeso, in mondo da non essere “né in terra, né in mare”.
Come dicevo, Silvestro II scoprì il mistero della statua: essa aveva l'indice puntato e per risolvere l'enigma, andava raggiunto il punto al calare della sera. Attraversando dei cunicoli sotto Roma, giunse all’immane tesoro. Tutto era d’oro, dalle pareti ai tanti gioielli, tranne un carbonchio (un rubino) che splendeva al centro della sala. Nella parte opposta, vi era la statua di un giovane che tendeva l’arco con una freccia. Ogni volta, però, che provava ad avvicinarsi al tesoro, questo sembrava sfuggirgli. Da qui si diramano due storie: la prima che vede la freccia colpire il rubino e gettare il posto nel buio più totale, obbligando il papa a scappare; la seconda, invece, che ricevette dalla statua un libro, da cui fuoriuscì un demone, legato a lui da una maschera d’oro presente nella sala delle ricchezze. Il demone, o golem, predisse la sua dipartita: Silvestro II sarebbe morto officiando la messa a Gerusalemme. Sfuggire ad una temibile sorte sarebbe stato facile, pensò il papa: bastava non recarsi in Terra Santa. Un malore, però, lo colse durante una cerimonia religiosa presso la Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme.
Sepolto nella Chiesa di San Giovanni in Laterano, nel 1648 papa Innocenzo X decise di porre fine alle dicerie su Silvestro II e fece aprire la sua tomba: dopo quasi sei secoli, il corpo era completamente intatto e a contatto con l’aria si dissolse, lasciando nella tomba l’anello papale e la croce d’argento.
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