Sarà che sono cresciuta con i film
del pomeriggio di Italia Uno, in cui la maggior parte delle trame erano tutte
molto uguali e non facevano altro che cercare di condire un po’ di formazione
e crescita con della musica ritmata e delle coreografie sincopate.
Ma non riesco a resistere al ritmo di un buon musical, vecchio stampo o moderno
che sia; è più forte di me, ma mi chiamano il play facile.
In questo caso vi voglio parlare di
Pitch Perfect I, non perché gli altri non li ami, ma semplicemente perché l’inizio
di una storia è sempre la parte migliore di essa.
La trama è delle più semplici,
forse tra le più scontate, ma è la realizzazione di questo film ha renderlo
divertente e interessante. In genere, infatti, quando si tratta di film
commedie studentesche – high school come university – il concetto principale è
lo stesso: la protagonista che per un motivo o per un altro entra a far parte
di un gruppo e quel gruppo in automatico si deve scontrare con un rivale per poter
cercare di vincere regionali e poi nazionali. In questo caso, però, abbiamo lo
scontro tra due gruppi – Le Bellas e I Ritmonelli – che non è effettivamente
loro nemico, ma loro compagno di college. Uno scontro che, dunque, si muove quasi
tra la differenza di genere che però viene messa a tacere davanti l’attrazione
reciproca che regna tra di loro. Un maschi vs femmine che viene comunque dissipato
dalle loro esibizioni e dalle caratterizzazioni dei personaggi.
Si, le Bellas
sono femminili e sensuali, ma allo stesso tempo forti e uniche.
Si, i Ritmonelli sono forti e
sfrontati, ma anche sensibili e in grado di avere della magia dentro di loro.
Il giusto equilibrio insomma.
Quell'equilibrio che è in grado di
formare la nostra protagonista e che le fa comprendere che si, avere un sogno è
importante, ma conta anche il percorso che tu fai per poter cercare di
raggiungerlo. E se nel mentre ti fai qualche amica, di certo la cosa male non
ti può fare.
Pitch Perfect ha, in questo modo,
lo scopo di formare il suo pubblico usando l’ironia e il sarcasmo, elementi
quanto mai fondamentali per poter cercare di far passare un messaggio ad un
pubblico sempre più vasto.
Ovviamente non è tutt’oro quel che luccica
e i suoi difetti ci sono e vanno evidenziati per poter fare un’analisi completa
della pellicola. Il primo è sicuramente costituito dal ruolo di Ciccia Amy
(Rebel Wilson), un personaggio apparentemente positivo per quanto riguarda la body
positive, ma che in realtà ha cristallizzato per un lungo periodo l’attrice che
lo interpretava in una serie di ruoli fotocopia. Rebel è stata finora – basti pensare
anche a Cats – usata come espediente narrativo per far comicità. Lei è una
bravissima cantante, una brava ballerina e spacca la scena, ma per moltissime
scene costituisce l’espediente buffo che quasi fa da tiro al bersaglio per
gli insulti degli altri personaggi o, peggio, inciampa nei suoi stessi passi. Questa
cosa un po’ viene superata nel terzo film; in quella pellicola lei diviene
centrale per lo svolgimento della trama.
In sostanza, se cercate un film
leggero con cui passare una serata in famiglia e se volete avere una colonna
sonora fatta di mashup da cantare anche su Spotify, è il film che fa per voi.
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