venerdì 7 maggio 2021

#Pensieri: Bella come casa mia

“Giuri che tra un po’ te ne andrai, alla fine però non lo fai mai.”
- Pinguini Tattici Nucleari in "Antartide" (dall'album "Fuori dall'Hype", 2019).

Non lo so se questo articolo (se articolo si può chiamare) sia una sorta di ode alla mia città – Roma - o uno dei tanti momenti della mia vita in cui due pezzi del mio cuore si separano per discutere e iniziare un dibattito su cosa sia meglio e cosa no per la mia vita e per il mio benessere psico-fisico.

Quello che so è che sicuramente è uno di quei momenti in cui mi ritrovo un po' a maledire il 2019, o in generale il giorno in cui ho deciso che sarebbe stata una buona idea provare a vivere in un posto diverso dalla città che mi ha vista nascere e crescere.

Quindi, forse, dovrei maledire la Silvia di sei anni che ha deciso apparentemente dal nulla che un giorno avrebbe vissuto a Londra.
E alla fine sono rimasta salda sulla mia decisione, eh. Per la prima e forse ultima volta in vita mia ho preso una decisione e quella è rimasta, io che cambio idea minuto dopo minuto. Anzi, secondo dopo secondo.
Io che dico di voler fare una cosa, e a malapena faccio in tempo a pensare di volerla fare che ho già cambiato idea, per tredici anni ho ripetuto di volermi trasferire a Londra e alla fine l'ho fatto.

Mai decisione fu più giusta e sbagliata allo stesso tempo.

Per non rendere questo discorso un discorso completamente sconclusionato, forse è meglio partire dalle basi: sono cresciuta con in me la sicurezza inscalfibile e indiscutibile che Roma era e sarebbe rimasta casa mia per sempre, non sono mai stata una di quelle persone che sognava di andarsene dalla sua città, non mi sono mai lamentata degli autobus che non passavano, delle metro che ritardavano, delle buche per strada che sembrano crateri lunari, dei turisti che - in tempi normali - non ti permettono nemmeno di camminare, né tantomeno dei romani stessi che ogni tanto pare che si impuntino per essere delle teste di cavolo in piena regola.
Non mi sono mai lamentata perché alla fine Roma se le fa perdonare sempre tutte. Tutte.
Potranno anche dirle che è sporca, tutta rotta, malfunzionante e che non viene mai veramente valorizzata e per certi versi tutto ciò potrà anche avere un fondo di verità, ma camminando per l’EUR, che è casa mia, o per Via dei Fori Imperiali, per Ostia, per i quartieri della Roma Bene, o addirittura anche per le estreme periferie di questa città, in un modo o nell’altro Roma la si perdona sempre.

Non so perché le persone di media amino viaggiare, ma posso dire perché io ho sempre viaggiato e continuerò a farlo: la consapevolezza che nessuna città è come Roma. In rarissimi casi belle tanto quanto, ma mai con la stessa magia che esce fuori da ogni singolo sampietrino della città, e a Roma di sampietrini ce ne stanno tanti.
Non posso di certo dire di aver girato il mondo; prima di diventare HumanSafari ce ne vorrà di tempo, ma so anche che ho la fortuna di essermi vista i miei bei posti, per i miei vent’anni di vita.
E se da una parte faccio questo discorso, so anche che dall'altra parte è vero il messaggio che Frè (uno dei quattro volti principali di 4Muses) mi ha inviato l'altro giorno: "A me non serve viaggiare per sapere cose di altre realtà, o sapere che Roma rimane la migliore. La prima parte è molto alla George Harrison, lo so: <<viaggiare non mi serve, ho tutto il mondo dentro di me>>".
È un discorso verissimo, ma so di aver sempre avuto un ego da viaggiatrice. Ego che, da dopo il 2019 si è placato parecchio.
Non si è placato perché dal nulla ha deciso che gli andava bene così, o perché era soddisfatto; l'ego non è mai soddisfatto e lo so bene, vuole sempre di più, un po' come un ragazzino viziato che vuole sempre qualcosa, che trova sempre scuse per non placarsi semplicemente "perché sì", ma si è un po' placato perché ho capito il motivo di questo mio passato voler viaggiare sempre in modo spasmodico: dentro di me sapevo che da qualche parte nel mondo avrei trovato un altro posto che, insieme a Roma, si sarebbe fatto perdonare sempre e comunque, nonostante tutti i suoi difetti.
Londra.
Ci potevo arrivare pure prima, lo so. D'altronde se è sempre stato il mio pallino fisso un motivo ci sarà stato, ma ho sempre avuto i miei tempi per capire le cose.
Di solito sono tempi lunghi, non sono sempre la persona più sveglia sulla faccia di questa Terra.

Londra è poco più grande di Roma, ma ha quasi sette volte più abitanti di quest'ultima.
A Londra non ti senti a casa, sei uno dei quasi nove milioni di abitanti e vieni trattato come un numero, la città è sporca - sporca sul serio, mica come Roma che ha un po' di rifiuti qua e là -, i mezzi, al contrario di quel che si crede, funzionano uno schifo, costa tutto decisamente troppo, i londinesi sono falsi e freddi e il sole? Scordatevelo completamente, perché il grigio è il colore predominante della città.
A Londra il grigio è ovunque: in cielo, per terra, nei palazzi e nei volti delle persone, che sono perlopiù grigie come il 90% della città.
Eppure, ho notato, riesco a perdonarla esattamente come riesco a perdonare Roma. Anzi, forse anche peggio, la amo proprio per questo, e fa paura.
Fa paura perché ora mi sento come una di quelle persone che si sono sempre viste e sentite monogame e innamorate di una sola persona, improvvisamente si rendono conto di amarne due o più di due e non sanno più come comportarsi.

E così quella parte inscalfibile di me si è scalfita (mai avere l'arroganza di essere troppo sicuri di qualcosa!), e improvvisamente avevo due case, in due città diametralmente opposte: a Londra mi mancava terribilmente casa mia e una volta tornata a Roma, mi mancava comunque terribilmente casa mia, e dato che so di non essere l'unica pazza a sentirsi così, cari lettori, si accettano consigli.



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