La mitologia greca è ricca di storie che possono darci spunti di riflessione sul nostro operato. A volte ci ammoniscono, facendoci vedere i nostri errori e il rischio che corriamo nel perseverarli; altre volte ci danno una speranza, come a ricordarci che in fin dei conti ognuno ha quel che si merita.
È il caso del mito di Ippolito e Fedra: esempio perfetto di come le accuse e le maldicenze, soprattutto se false, possono ritorcersi contro chi le diffonde.
Ma non solo: questo mito di Euripide ci dice di stare attenti a tutte quelle persone che amano sputare veleno sugli altri, perché dimostrano solo il terribile animo che hanno.
Figlio di Teseo e di un’amazzone, Ippolito è molto devoto alla dea Artemide e di conseguenza alla vita casta. Disprezza i piaceri carnali e allo stesso modo disprezza la dea Afrodite che, come ben sappiamo, li incarna tutti. Risentita da questa grave offesa al suo ego, la dea decide di vendicarsi del ragazzo.
Fa così innamorare di lui Fedra, la nuova moglie di Teseo e quindi matrigna del giovane. La giovane, ben consapevole che il suo è un amore impossibile, cerca di resistere il più a lungo possibile finché non riesce più e si confida con la nutrice. Questa corre da Ippolito per rivelargli tutto e lui, disgustato, respinge Fedra con durezza.
A questo punto Fedra, per salvarsi la reputazione, può solo mentire. Scrive una lettera a Teseo dove accusa il figlio Ippolito di aver tentato di sedurla, arrivando addirittura alla violenza fisica, ed è per questo che lei si toglie la vita. Teseo, accecato dal dolore e dalla rabbia per la perdita della moglie, non ascolta neanche la versione del figlio che infatti maledice invocando il dio Poseidone che accetta la sua preghiera. Ippolito viene così travolto dai suoi stessi cavalli, spaventati da un mostro marino. Solo in punto di monte del ragazzo, che ancora si proclama innocente, Artemide rivela al padre di lui, Teseo, la verità.
È vero che il tutto è partito dall’ira vendicativa di Afrodite, ma è anche vero che Fedra avrebbe potuto ammettere la verità fin da subito, pagandone le conseguenze invece di inventarsi qualcosa solo per uscirne illesa, almeno nell’orgoglio, visto che si è comunque suicidata.
Questo suo gesto ha portato alla morte di un innocente e al gravoso senso di colpa di Teseo, che, noncurante delle giustificazioni del figlio, ha voluto comunque condannarlo.
Anche qui: è altamente pericoloso credere ciecamente alle parole altrui senza conoscere l’altra versione della campana.
Quante volte giudichiamo gli altri solo perché qualcuno ci ha detto qualcosa su di loro? Quante volte continuiamo a mandare in giro false voci, senza accettarci prima che siano fondate? O senza conoscere tutti i fatti?
Grazie al mito di Ippolito e Fedra ci dovremmo ricordare che la verità verrà sempre a galla e chi punge con il suo veleno, prima o poi morirà dello stesso.
È il caso del mito di Ippolito e Fedra: esempio perfetto di come le accuse e le maldicenze, soprattutto se false, possono ritorcersi contro chi le diffonde.
Ma non solo: questo mito di Euripide ci dice di stare attenti a tutte quelle persone che amano sputare veleno sugli altri, perché dimostrano solo il terribile animo che hanno.
Figlio di Teseo e di un’amazzone, Ippolito è molto devoto alla dea Artemide e di conseguenza alla vita casta. Disprezza i piaceri carnali e allo stesso modo disprezza la dea Afrodite che, come ben sappiamo, li incarna tutti. Risentita da questa grave offesa al suo ego, la dea decide di vendicarsi del ragazzo.
Fa così innamorare di lui Fedra, la nuova moglie di Teseo e quindi matrigna del giovane. La giovane, ben consapevole che il suo è un amore impossibile, cerca di resistere il più a lungo possibile finché non riesce più e si confida con la nutrice. Questa corre da Ippolito per rivelargli tutto e lui, disgustato, respinge Fedra con durezza.
A questo punto Fedra, per salvarsi la reputazione, può solo mentire. Scrive una lettera a Teseo dove accusa il figlio Ippolito di aver tentato di sedurla, arrivando addirittura alla violenza fisica, ed è per questo che lei si toglie la vita. Teseo, accecato dal dolore e dalla rabbia per la perdita della moglie, non ascolta neanche la versione del figlio che infatti maledice invocando il dio Poseidone che accetta la sua preghiera. Ippolito viene così travolto dai suoi stessi cavalli, spaventati da un mostro marino. Solo in punto di monte del ragazzo, che ancora si proclama innocente, Artemide rivela al padre di lui, Teseo, la verità.
È vero che il tutto è partito dall’ira vendicativa di Afrodite, ma è anche vero che Fedra avrebbe potuto ammettere la verità fin da subito, pagandone le conseguenze invece di inventarsi qualcosa solo per uscirne illesa, almeno nell’orgoglio, visto che si è comunque suicidata.
Questo suo gesto ha portato alla morte di un innocente e al gravoso senso di colpa di Teseo, che, noncurante delle giustificazioni del figlio, ha voluto comunque condannarlo.
Anche qui: è altamente pericoloso credere ciecamente alle parole altrui senza conoscere l’altra versione della campana.
Quante volte giudichiamo gli altri solo perché qualcuno ci ha detto qualcosa su di loro? Quante volte continuiamo a mandare in giro false voci, senza accettarci prima che siano fondate? O senza conoscere tutti i fatti?
Grazie al mito di Ippolito e Fedra ci dovremmo ricordare che la verità verrà sempre a galla e chi punge con il suo veleno, prima o poi morirà dello stesso.
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