Capita, quando dico che sono una scrittrice, che mi venga chiesto: “Ah, ma qual è la tua mania nella scrittura?”. Le prime volte rimanevo perplessa, pensando non ne avessi, ma con uno studio più approfondito sulla mia persona, mi duole ammettere che sono come tutti gli altri scrittori: le ho, eccome.
Per esempio: non riesco a scrivere se non ho casa totalmente pulita; a costo di dormire due ore devo assolutamente vedere l’alba ogni giorno; se non sono concentrata abbastanza vado di musica classica e se scrivo un libro devo prima farlo a mano, poi passare tutto al pc.
Così ho fatto qualche ricerca a riguardo e ho trovato le manie di altri scrittori prima di me. Vediamole insieme...
Virginia Woolf e la scrittura in piedi
Inizio con lei, perché è forse quella a cui mi sento più vicina. Ebbene, lei amava scrivere in piedi. Forse per distinguersi dagli uomini che lavoravano seduti alla scrivania, forse per mantenersi concentrata in posizione eretta, fatto sta che le fu progettato un tavolo appositamente alto per rendere più comode le sue lunghe sessioni di scrittura.
Honoré de Balzac e le 50 tazze di caffè al giorno
Che Balzac avesse un ritmo di lavoro frenetico è cosa risaputa, e forse è risaputo anche come riuscisse a sostenerlo: con il caffè. Cinquanta tazze – almeno secondo la leggenda – al giorno come minimo, così da poter scrivere per ore, ore e ore senza mai fermarsi.
Franz Kafka e la scrittura notturna
La notte è fatta per gli artisti, e nel caso di Kafka è vero anche perché di giorno lavorava come impiegato Generali di Praga. Un po’ perché costretto, un po’ perché nel silenzio e in quello stato di annichilimento tra stanchezza e insonnia, lui riusciva a immergersi completamente nel suo mondo interiore e scrivere in stato quasi ipnotico fino alle prime ore del mattino.
Truman Capote e il bisogno di scrivere sdraiato
Se la Woolf amava scrivere in piedi, Capote amava rimanere completamente orizzontale. Che fosse sul divano o sul letto, poco importava, bastava avesse con sé il suo “kit creativo” – come lo chiamava – che comprendeva: sigarette, caffè, brandy, fogli di carta specifici e matite affilate... ma solo in un certo modo.
Friedrich Schiller e l’odore di mele marce
Per Schiller era necessario scrivere con l’odore di mele marce, così riempiva i cassetti della sua scrivania nello studio di questo frutto in decomposizione. L’odore pungente lo concentrava, stimolando la sua creatività. Non ho proprio idea di come facesse...
Agatha Christie e la vasca da bagno
Anche Agatha Christie aveva un legame profondo con le mele, ma almeno lei le sgranocchiava a mollo nell’acqua calda mentre scriveva. O meglio: mentre dettava i suoi racconti a un’assistente. La scrittrice regina dei gialli, infatti, era affetta da disgrafia, per questo poteva passare le sue lunghe giornate nella vasca da bagno… a creare.
Haruki Murakami e la disciplina da maratoneta
Mens sana in corpore sano… adiuvat quoque creativitatem. Questo potrebbe essere il motto di Murakami che si avvale di un livello disciplina tipico dei giapponesi. Si sveglia alle quattro del mattino, scrive per cinque o sei ore consecutive e poi si dedica all’attività fisica correndo per dieci chilometri o nuotando per millecinquecento metri. La disciplina, secondo lui, mantiene la mente lucida e pronta per la scrittura. Sono d’accordo, anche io mi alleno un’ora e mezza al giorno, prima di mettermi a scrivere...
Marcel Proust e la scrittura in una stanza foderata di sughero
Anche Proust scriveva da sdraiato, avvolto nelle coperte e con una pila di libri accanto a sé. Ma quello che rimane curioso era la sua estrema sensibilità ai rumori, tanto che aveva fatto foderare le pareti della sua camera da letto con pannelli di sughero, in modo da farla divenire una stanza quasi ermetica.
Maya Angelou e la stanza d’albergo spoglia
Maya Angelou amava scrivere in albergo… ma in una stanza rigorosamente spoglia, dotata solo di una scrivania e una sedia. Si recava al lavoro con un dizionario, un blocco note, una bottiglia di sherry e… la Bibbia. Non le serviva altro.
Edgar Allan Poe e il gatto sulla spalla
Poe uno di noi: amanti dei gatti. Il suo amico peloso, dal nome Catterina, si accoccolava sulla sua spalla mentre scriveva. Questo lo aiutava, soprattutto nel calmare l’ansia e mantenere la concentrazione. Chissà, forse anche la dolce vibrazione delle fusa feline riuscivano a portarlo nel suo inconscio per tirare fuori i suoi capolavori.
Per esempio: non riesco a scrivere se non ho casa totalmente pulita; a costo di dormire due ore devo assolutamente vedere l’alba ogni giorno; se non sono concentrata abbastanza vado di musica classica e se scrivo un libro devo prima farlo a mano, poi passare tutto al pc.
Così ho fatto qualche ricerca a riguardo e ho trovato le manie di altri scrittori prima di me. Vediamole insieme...
Virginia Woolf e la scrittura in piedi
Inizio con lei, perché è forse quella a cui mi sento più vicina. Ebbene, lei amava scrivere in piedi. Forse per distinguersi dagli uomini che lavoravano seduti alla scrivania, forse per mantenersi concentrata in posizione eretta, fatto sta che le fu progettato un tavolo appositamente alto per rendere più comode le sue lunghe sessioni di scrittura.
Honoré de Balzac e le 50 tazze di caffè al giorno
Che Balzac avesse un ritmo di lavoro frenetico è cosa risaputa, e forse è risaputo anche come riuscisse a sostenerlo: con il caffè. Cinquanta tazze – almeno secondo la leggenda – al giorno come minimo, così da poter scrivere per ore, ore e ore senza mai fermarsi.
Franz Kafka e la scrittura notturna
La notte è fatta per gli artisti, e nel caso di Kafka è vero anche perché di giorno lavorava come impiegato Generali di Praga. Un po’ perché costretto, un po’ perché nel silenzio e in quello stato di annichilimento tra stanchezza e insonnia, lui riusciva a immergersi completamente nel suo mondo interiore e scrivere in stato quasi ipnotico fino alle prime ore del mattino.
Truman Capote e il bisogno di scrivere sdraiato
Se la Woolf amava scrivere in piedi, Capote amava rimanere completamente orizzontale. Che fosse sul divano o sul letto, poco importava, bastava avesse con sé il suo “kit creativo” – come lo chiamava – che comprendeva: sigarette, caffè, brandy, fogli di carta specifici e matite affilate... ma solo in un certo modo.
Friedrich Schiller e l’odore di mele marce
Per Schiller era necessario scrivere con l’odore di mele marce, così riempiva i cassetti della sua scrivania nello studio di questo frutto in decomposizione. L’odore pungente lo concentrava, stimolando la sua creatività. Non ho proprio idea di come facesse...
Agatha Christie e la vasca da bagno
Anche Agatha Christie aveva un legame profondo con le mele, ma almeno lei le sgranocchiava a mollo nell’acqua calda mentre scriveva. O meglio: mentre dettava i suoi racconti a un’assistente. La scrittrice regina dei gialli, infatti, era affetta da disgrafia, per questo poteva passare le sue lunghe giornate nella vasca da bagno… a creare.
Haruki Murakami e la disciplina da maratoneta
Mens sana in corpore sano… adiuvat quoque creativitatem. Questo potrebbe essere il motto di Murakami che si avvale di un livello disciplina tipico dei giapponesi. Si sveglia alle quattro del mattino, scrive per cinque o sei ore consecutive e poi si dedica all’attività fisica correndo per dieci chilometri o nuotando per millecinquecento metri. La disciplina, secondo lui, mantiene la mente lucida e pronta per la scrittura. Sono d’accordo, anche io mi alleno un’ora e mezza al giorno, prima di mettermi a scrivere...
Marcel Proust e la scrittura in una stanza foderata di sughero
Anche Proust scriveva da sdraiato, avvolto nelle coperte e con una pila di libri accanto a sé. Ma quello che rimane curioso era la sua estrema sensibilità ai rumori, tanto che aveva fatto foderare le pareti della sua camera da letto con pannelli di sughero, in modo da farla divenire una stanza quasi ermetica.
Maya Angelou e la stanza d’albergo spoglia
Maya Angelou amava scrivere in albergo… ma in una stanza rigorosamente spoglia, dotata solo di una scrivania e una sedia. Si recava al lavoro con un dizionario, un blocco note, una bottiglia di sherry e… la Bibbia. Non le serviva altro.
Edgar Allan Poe e il gatto sulla spalla
Poe uno di noi: amanti dei gatti. Il suo amico peloso, dal nome Catterina, si accoccolava sulla sua spalla mentre scriveva. Questo lo aiutava, soprattutto nel calmare l’ansia e mantenere la concentrazione. Chissà, forse anche la dolce vibrazione delle fusa feline riuscivano a portarlo nel suo inconscio per tirare fuori i suoi capolavori.
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