Disponibile su Netflix, “Coco avant Chanel – L’amore prima del mito” è un film francese del 2009 diretto da Anne Fontaine che esplora la vita di Coco Chanel, basandosi sul romanzo “L’irregolare”, della giornalista Edmonde Charles-Roux.
Come si deduce dal titolo, nel film vediamo la vita di Gabrielle prima di diventare Coco: l’infanzia in orfanotrofio, la povertà, l’arrancare lavorando come sarta di giorno e come cantante e ballerina di cabaret di notte sempre accanto alla sorella, finché non arriva la svolta: Parigi…
Nel 1893 Gabrielle (Audrey Tautou) e Adrienne Chanel (Marie Gillain), già orfane di madre, vengono lasciate dal padre all’orfanotrofio dell’abbazia di Aubazine. Questo parte in cerca di fortuna per l’America e Gabrielle, fidandosi ciecamente del padre, lo attende invano per tutto il periodo che passerà in orfanotrofio.
Passano quindici anni e le due sorelle sono inseparabili: vivono insieme e sempre insieme lavorano di giorno come sarte, di notte come ballerine e cantanti in un cabaret. Il loro cavallo di battaglia è la celebre canzone dell’epoca: “Qui va vu Coco”, che attira da subito le attenzioni maschili. Adrienne è già da tempo catturata dall’amore per il barone Maurice de Nexon, così alla prima occasione questo presenta il suo amico Étienne Balsan, (Benoît Poelvoorde) anch’esso aristocratico, a Gabrielle, che la soprannomina fin da subito soprannominata Coco.
Decisa a ottenere il successo che merita, tenta la strada del successo a Parigi, sempre come cantante e ballerina, poi si insedia nella tenuta di Balsan, dove conoscerà i suoi amici, tutti appartenenti alle classi agiate francesi (e non) come l’attrice Emilienne d’Alençon (Emmanuelle Devos) per cui comincerà a creare dei cappelli e Arthur Capel (Alessandro Nivola): un ricco uomo d’affari inglese di cui Gabrielle presto si innamorerà.
Non continuo per evitare spoiler. E sì, so che sembra ridicolo, visto che si tratta della storia della celebre Coco Chanel, ma non do per scontato che tutti la conoscano…
Non ho davvero nulla da dire sulla recitazione, sulla scenografia e sui costumi: tutto è perfetto, riesce in grande stile a farci entrare nel mondo Chanel ancora prima del marchio: Gabrielle è una donna indipendente – per quanto poteva concederglielo il contesto storico in cui è vissuta – diversa dalle altre, con la voglia di prendere il comando nella vita, in una società dominata da uomini.
Gabrielle indossa i pantaloni, abiti semplici, senza inutili abbellimenti, in un’epoca dove tutte sembravano fare a gara d’eccentricità. Basta uno sguardo della Tautou a farci rendere conto della profondità di un personaggio come Coco Chanel, della sua voglia di fare, del suo carattere ambizioso e stacanovista, dell’abisso e della ricchezza d’animo di una donna che dà tutta sé stessa per chi e ciò che ama.
Ma sul contesto storico, ahimè, ho molto da dire. Tralasciando la vera storia famigliare degli Chanel, che comprendo non sia stata trattata a dovere perché ci si doveva concentrare sull’avviamento del marchio di moda, mi chiedo perché proprio questa storia sia stata quasi inventata...
Nel film Gabrielle quasi si insedia nella dimora di Balsan, comportandosi quasi come un soprammobile alle sue volontà e facendo cappellini tanto per passare il tempo. La vera Gabrielle, invece, ha sempre fatto la sarta, ha sempre voluto aprirsi un negozio tutto suo (partendo proprio da uno di riparazioni) ed è proprio Balsan a finanziarle la prima modisteria, aperta a Parigi nel 1909 che le ha dato la prima e fedele clientela.
Nel film sembra sia stato Arthur a immetterla nel cammino verso l’alta moda, ma in realtà è con lui che Chanel… semplicemente si amplia, aprendo la boutique su Rue Cambon e un negozio in Normandia, e probabilmente ispirando il noto marchio delle due C (i cognomi di entrambi) intrecciate.
Ancora, nel film Gabrielle Chanel è sì un personaggio scritto per essere all’avanguardia e talentuoso, ma allo stesso tempo sembra anche molto pilotato dalle persone che ha accanto, quando – e questo si vedrà soprattutto nella sua vita durante la Seconda Guerra Mondiale – era un tipino davvero disposto a tutto per i suoi personali scopi. Insomma: il film dovrebbe essere solo l’inizio di un avvicinamento a questa grande donna e ancora una volta preferisco le biografie scritte!
Come si deduce dal titolo, nel film vediamo la vita di Gabrielle prima di diventare Coco: l’infanzia in orfanotrofio, la povertà, l’arrancare lavorando come sarta di giorno e come cantante e ballerina di cabaret di notte sempre accanto alla sorella, finché non arriva la svolta: Parigi…
Nel 1893 Gabrielle (Audrey Tautou) e Adrienne Chanel (Marie Gillain), già orfane di madre, vengono lasciate dal padre all’orfanotrofio dell’abbazia di Aubazine. Questo parte in cerca di fortuna per l’America e Gabrielle, fidandosi ciecamente del padre, lo attende invano per tutto il periodo che passerà in orfanotrofio.
Passano quindici anni e le due sorelle sono inseparabili: vivono insieme e sempre insieme lavorano di giorno come sarte, di notte come ballerine e cantanti in un cabaret. Il loro cavallo di battaglia è la celebre canzone dell’epoca: “Qui va vu Coco”, che attira da subito le attenzioni maschili. Adrienne è già da tempo catturata dall’amore per il barone Maurice de Nexon, così alla prima occasione questo presenta il suo amico Étienne Balsan, (Benoît Poelvoorde) anch’esso aristocratico, a Gabrielle, che la soprannomina fin da subito soprannominata Coco.
Decisa a ottenere il successo che merita, tenta la strada del successo a Parigi, sempre come cantante e ballerina, poi si insedia nella tenuta di Balsan, dove conoscerà i suoi amici, tutti appartenenti alle classi agiate francesi (e non) come l’attrice Emilienne d’Alençon (Emmanuelle Devos) per cui comincerà a creare dei cappelli e Arthur Capel (Alessandro Nivola): un ricco uomo d’affari inglese di cui Gabrielle presto si innamorerà.
Non continuo per evitare spoiler. E sì, so che sembra ridicolo, visto che si tratta della storia della celebre Coco Chanel, ma non do per scontato che tutti la conoscano…
Non ho davvero nulla da dire sulla recitazione, sulla scenografia e sui costumi: tutto è perfetto, riesce in grande stile a farci entrare nel mondo Chanel ancora prima del marchio: Gabrielle è una donna indipendente – per quanto poteva concederglielo il contesto storico in cui è vissuta – diversa dalle altre, con la voglia di prendere il comando nella vita, in una società dominata da uomini.
Gabrielle indossa i pantaloni, abiti semplici, senza inutili abbellimenti, in un’epoca dove tutte sembravano fare a gara d’eccentricità. Basta uno sguardo della Tautou a farci rendere conto della profondità di un personaggio come Coco Chanel, della sua voglia di fare, del suo carattere ambizioso e stacanovista, dell’abisso e della ricchezza d’animo di una donna che dà tutta sé stessa per chi e ciò che ama.
Ma sul contesto storico, ahimè, ho molto da dire. Tralasciando la vera storia famigliare degli Chanel, che comprendo non sia stata trattata a dovere perché ci si doveva concentrare sull’avviamento del marchio di moda, mi chiedo perché proprio questa storia sia stata quasi inventata...
Nel film Gabrielle quasi si insedia nella dimora di Balsan, comportandosi quasi come un soprammobile alle sue volontà e facendo cappellini tanto per passare il tempo. La vera Gabrielle, invece, ha sempre fatto la sarta, ha sempre voluto aprirsi un negozio tutto suo (partendo proprio da uno di riparazioni) ed è proprio Balsan a finanziarle la prima modisteria, aperta a Parigi nel 1909 che le ha dato la prima e fedele clientela.
Nel film sembra sia stato Arthur a immetterla nel cammino verso l’alta moda, ma in realtà è con lui che Chanel… semplicemente si amplia, aprendo la boutique su Rue Cambon e un negozio in Normandia, e probabilmente ispirando il noto marchio delle due C (i cognomi di entrambi) intrecciate.
Ancora, nel film Gabrielle Chanel è sì un personaggio scritto per essere all’avanguardia e talentuoso, ma allo stesso tempo sembra anche molto pilotato dalle persone che ha accanto, quando – e questo si vedrà soprattutto nella sua vita durante la Seconda Guerra Mondiale – era un tipino davvero disposto a tutto per i suoi personali scopi. Insomma: il film dovrebbe essere solo l’inizio di un avvicinamento a questa grande donna e ancora una volta preferisco le biografie scritte!
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