“Kill A Miracle” è il nuovo album della band bresciana Antonio’s Revenge, uscito il 25 ottobre 2024. L’album è stato mixato e masterizzato da Dan Konopka, batterista degli Ok Go.
Antonio’s Revenge è una band bresciana fondata da Alessandro Razzi alla voce e chitarra e Giovanni Boscaini al basso, con l’intento di fondere il brit-pop con il rock americano, ispirandosi alla scena rock italiana.
Influenzati da gruppi come Travis, Stereophonics, Foo Fighters e Pearl Jam, creano brani come “Lies No Longer”, “Better Than Myself” e “Little Heaven’s Hell”.
Nel corso degli anni, la formazione si evolve e, attualmente, include anche Pedro Perini alla batteria e Nicola Zavanella alla chitarra.
La band si esibisce in numerosi concerti dal vivo, acquisendo maggiore consapevolezza e impatto sonoro, anche grazie alla collaborazione con Fausto Zanardelli, noto come “Edipo” (oggi ComaCose), alle tastiere e alle percussioni.
Nel 2011 pubblicano il loro primo EP acustico, “Times Square Lights”, registrato presso gli studi Produzioni Dada di Salò (Bs).
Il brano “Better Than Myself” viene incluso nella compilation “Riot on Sunset vol.26” dell’etichetta californiana 272 Records.
Nel 2013 esce la prima versione del singolo autoprodotto “The Kids!”, utilizzato come sigla per una trasmissione radio locale. Successivamente, tornano in studio per lavorare al loro primo album elettrico: “All Under Control”, pubblicato nel 2016, insieme al singolo “Better Than Myself”.
Nel 2023, gli Antonio’s Revenge iniziano le registrazioni di un nuovo album, caratterizzato da una nuova direzione musicale pur mantenendo il loro stile distintivo. Dopo un lungo stop a causa della pandemia, nel 2024 tornano con il singolo “Fear Year”, seguito a ottobre dal nuovo singolo “Times Square Lights” e dal secondo album “Kill A Miracle”.
Gli Antonio’s Revenge continuano a evolversi, confermando il loro stile unico che mescola energia rock e testi profondi, mentre la loro nuova musica si prepara a lasciare un’impronta indelebile sulla scena musicale.
Ciao ragazzi, grazie mille per la vostra disponibilità. La prima domanda la dedico sempre allo scoprire come vi siete avvicinati alla musica e come avete capito che questa sarebbe stata la vostra strada…
Ciao Francesca, grazie a te per l’invito e dell’opportunità! È davvero un piacere. La nostra storia con la musica è iniziata tanti anni fa, diciamo ai tempi delle medie e poi del liceo. Siamo cresciuti in pieno periodo rock anni '90, con le sue sfumature grunge, alternative e le influenze che lo avevano reso così unico. È stato un colpo di fulmine: ci siamo trovati immersi in un mondo che ci permetteva di esprimerci davvero. All’inizio erano solo jam session in solitaria, chiusi nelle nostre stanze con una chitarra o un basso, ma poi è diventata una passione che ci ha spinto a condividerla con altri come noi. Così, tra compagni di scuola, sono nate le prime prove insieme, le prime vere band. Quel desiderio di fare musica ci ha portati a formare un gruppo, poi un altro, ad affinarci e a capire che questa era davvero la nostra strada… e come si dice, da lì in poi, il resto è storia!
Ho ascoltato più volte “Times Square Lights” e le emozioni sono state sempre diverse, eppure quella rimasta fissa è stata la sensazione di galleggiare facendosi guidare dalla corrente tra un osare e un rimanere nella comfort zone. La musicalità, le parole, mi hanno come portata in punti diversi del mio essere, per poi tornare “cosciente”. Non sono mai stata a New York, credete che sia più o meno questa la sensazione di ritrovarsi nella città un po’ desiderata da tutti?
È davvero affascinante come hai colto queste emozioni, e ci fa piacere sapere che Times Square Lights ti abbia trasmesso queste sensazioni. La canzone nasce proprio dalle emozioni della mia prima volta a New York. È una città che ti fa sentire piccolo e quasi sperduto all’inizio, con quei grattacieli che sembrano guardarti dall’alto. Appena arrivi, hai la sensazione di essere un estraneo in un posto immenso e quasi travolgente. Ma poi, inaspettatamente, la città comincia a trasformarti. Basta camminare per le strade per sentirti parte di qualcosa di più grande, come se stessi galleggiando in una corrente di energia che ti porta da un’emozione all’altra, tra il desiderio di scoprirla e una sorta di “comfort zone” che si crea passo dopo passo. Dopo qualche giorno, New York ti ha già conquistato, al punto che, quando è il momento di partire, ti rendi conto di aver lasciato lì una parte di cuore. Ci piace pensare che la nostra canzone riesca a ricreare quel viaggio interiore e quell’altalena di emozioni che la città trasmette, facendoti sentire dapprima un osservatore e poi, pian piano, parte di lei.
Vorrei sapeste che quando ho ascoltato “Times Square Lights” per la prima volta mi sono innamorata. Ho proprio avvertito come un pugno tra stomaco e cuore, sensazione che io traduco con l’amore (infatti ho fatto pure un sogno bellissimo la notte stessa, quindi grazie). Voi, invece, che emozioni associate a questo brano? Da quando è stato concepito, poi quando ci avete lavorato e infine quando l’avete ascoltato per la prima volta post produzione.
Wow, le tue parole ci toccano davvero. È incredibile sapere che Times Square Lights ti abbia colpito così profondamente, quasi come un pugno tra stomaco e cuore! Sapere che una nostra canzone ti abbia ispirato persino un sogno è un’emozione indescrivibile per noi. Per quanto riguarda le emozioni che associamo noi al brano, beh, sono tante e stratificate. Anche dopo anni, ogni volta che canto il ritornello mi sale la pelle d’oca. C’è sempre quel misto di nostalgia e orgoglio che si rinnova. La sensazione più intensa l’abbiamo provata quando, la prima volta, abbiamo riascoltato il provino registrato solo chitarra acustica e voce. In quella versione c’era già l’anima della canzone, sebbene fosse ancora grezza e non del tutto “completa”. Era come un primo passo in un lungo cammino. Poi, il brano ha preso vita grazie al contributo di ciascuno di noi; ognuno ha messo un pezzo di sé, arricchendolo fino a farlo diventare quello che è oggi. Abbiamo deciso di reinterpretarlo in chiave elettrica per questo album, ma Times Square Lights esiste già in una versione acustica nel nostro primo EP, di cui portava il titolo. Quell’EP fu registrato e prodotto insieme a Fausto Zanardelli, che oggi conosciamo come parte dei “Coma Cose”; Fausto all’epoca suonava con noi e ha contribuito moltissimo a dare forma a quella prima versione. Questa canzone rappresenta per noi una parte importante del nostro viaggio musicale: l’eccitazione delle prime note, la sensazione di sentirsi a casa tra le melodie, e allo stesso tempo quell’agrodolce che accompagna ogni “arrivederci.” È un po’ come affrontare tutte le difficoltà del percorso, le porte chiuse in faccia, ma trovare sempre la forza di continuare a suonare e credere in quello che facciamo.
Pensando ai vostri artisti (o band) preferiti c’è un filo comune che vi lega, oltre il genere rock, o li vedete lontani da voi come modo di essere?
Certo, ci lega la musica, ma tra noi e i nostri artisti preferiti c’è un abisso. Non ha senso girarci attorno: la realtà è che, sebbene li consideriamo come vecchi amici e sentiamo una connessione profonda con le loro opere, ci troviamo su pianeti diversi. Purtroppo, questo è ciò che la musica riserva ai nuovi emergenti: un muro alto e insuperabile. Il panorama musicale è in continuo fermento, ma è bloccato dal mainstream e dalle limitate opportunità di visibilità. Non sto dicendo che debba essere facile emergere, ma oggi è diventato particolarmente ostico. Le major, spesso, pensano solo in termini economici e non vogliono prendersi rischi. Forse guardiamo a tutto questo con una certa maturità, e le questioni che ci riguardano ci appaiono crude e spietate. C’è un modo per uscirne? Certo! Dobbiamo smettere di cercare a tutti i costi la fama e tornare a suonare per noi stessi e per chi avrà voglia di ascoltarci. La vera essenza della musica è connettersi, condividere emozioni e vivere il momento, indipendentemente dal successo commerciale.
Il rock è il mio genere preferito, perché credo si presti meglio alle sperimentazioni. Quanto vi entusiasma lavorare sui nuovi suoni?
Il nostro entusiasmo per i nuovi suoni è aumentato enormemente da quando Nicola è entrato a far parte del gruppo. Questo ha segnato l’inizio di una nuova era per noi in termini di sonorità. Nicola ha un’attenzione particolare per il gusto e per la “pasta” di ogni suono, e sa esattamente quale timbro scegliere per ogni parte della canzone. Grazie a questo approccio, ci siamo ritrovati in New Life, essenzialmente una ninna nanna, con un fuzz da paura che si staglia come un muro proprio nel bel mezzo della canzone o in Indian Rose con quel “coccodè” impastato e stridulo del riff iniziale che cattura immediatamente l’attenzione. Questa nuova attenzione ai dettagli sonori non era così presente in passato; ci ha proiettati in un’avventura musicale ricca di nuove possibilità. Siamo costantemente alla ricerca di quella pelle d’oca, di quelle emozioni che solo la musica può dare. È proprio vero, questo è il rock!
Qual è la sfida più grande qui in Italia per una band che fa rock e canta in inglese?
La sfida più grande per una band rock che canta in inglese in Italia è sicuramente quella di farsi ascoltare e apprezzare. Fin dall’inizio del nostro progetto musicale, eravamo consapevoli che sarebbe stata una grande soddisfazione riuscire a esprimere i nostri suoni nella loro lingua d’origine. Tuttavia, sapevamo anche che la nostra musica avrebbe avuto difficoltà a emergere in un contesto prevalentemente italiano. Oggi, il panorama culturale e musicale si sta avvicinando all’inglese senza timori, ma per gli artisti italiani sembra esserci ancora una sorta di veto, un divieto non scritto ma che tutti osservano riguardo all’uso della lingua inglese per attirare il pubblico. Questo ha reso la nostra vita più difficile, non solo in termini di visibilità, ma anche in termini di proposta e vendibilità delle date live. Forse è proprio questo che ci piace fare: affrontare le sfide. Ricordo che molti ci hanno chiesto perché non cantassimo in italiano; addirittura, la prima domanda che mi ha posto Red Ronnie più di dieci anni fa durante il nostro concerto al Live Mi! è stata proprio questa. A quella domanda ho risposto: “Perché non in inglese?” Per noi, l’inglese rappresenta un modo per comunicare le nostre emozioni e il messaggio degli Antonio’s Revenge in modo autentico e puro.
“Times Square Lights” è il singolo estratto, in rotazione radiofonica dallo stesso giorno di pubblicazione dell’album.
“Kill A Miracle” è un progetto che accompagna l’ascoltatore in un viaggio di emozioni e speranza. L’opera racchiude nove diapositive che raccontano momenti di vita vissuta, viaggi, amicizie, perdite e paure, tutte culminanti nella speranza di tornare a desiderare le stelle.
Il disco, registrato interamente negli studi degli Antonio’s Revenge e mixato e masterizzato da Dan Konopka presso il Siren Sound Recorders and Mixers di Los Angeles, si presenta come una scatola dei ricordi, che riporta alla luce piccole parti di noi dimenticate nel tempo.
Il singolo “Times Square Lights” cattura le emozioni della prima volta a New York. Ritrovarsi nel traffico tra i grattacieli, percorrere le sue strade e diventare parte del flusso di vita della città è un’esperienza inebriante, che suscita un insieme di stupore e un sorprendente senso di protezione. Il brano riflette questa sensazione di essere accolti in un luogo caotico ma allo stesso tempo familiare, dove luci e suoni riempiono l’anima.
“Kill A Miracle” è un progetto che accompagna l’ascoltatore in un viaggio di emozioni e speranza. L’opera racchiude nove diapositive che raccontano momenti di vita vissuta, viaggi, amicizie, perdite e paure, tutte culminanti nella speranza di tornare a desiderare le stelle.
Il disco, registrato interamente negli studi degli Antonio’s Revenge e mixato e masterizzato da Dan Konopka presso il Siren Sound Recorders and Mixers di Los Angeles, si presenta come una scatola dei ricordi, che riporta alla luce piccole parti di noi dimenticate nel tempo.
Il singolo “Times Square Lights” cattura le emozioni della prima volta a New York. Ritrovarsi nel traffico tra i grattacieli, percorrere le sue strade e diventare parte del flusso di vita della città è un’esperienza inebriante, che suscita un insieme di stupore e un sorprendente senso di protezione. Il brano riflette questa sensazione di essere accolti in un luogo caotico ma allo stesso tempo familiare, dove luci e suoni riempiono l’anima.
«Dopo otto anni dal nostro precedente album “All Under Control”, ci siamo sentiti pronti a condividere queste nuove sonorità che rappresentano una crescita personale e musicale per noi “Kill A Miracle” non è solo un disco, ma un viaggio che esplora la vulnerabilità umana e la bellezza della vita, nonostante le sue sfide. Vorremmo che i nostri ascoltatori si sentissero accompagnati in questo percorso, ritrovando lungo la strada anche pezzi di sé.»
- Antonio’s Revenge
Antonio’s Revenge è una band bresciana fondata da Alessandro Razzi alla voce e chitarra e Giovanni Boscaini al basso, con l’intento di fondere il brit-pop con il rock americano, ispirandosi alla scena rock italiana.
Influenzati da gruppi come Travis, Stereophonics, Foo Fighters e Pearl Jam, creano brani come “Lies No Longer”, “Better Than Myself” e “Little Heaven’s Hell”.
Nel corso degli anni, la formazione si evolve e, attualmente, include anche Pedro Perini alla batteria e Nicola Zavanella alla chitarra.
La band si esibisce in numerosi concerti dal vivo, acquisendo maggiore consapevolezza e impatto sonoro, anche grazie alla collaborazione con Fausto Zanardelli, noto come “Edipo” (oggi ComaCose), alle tastiere e alle percussioni.
Nel 2011 pubblicano il loro primo EP acustico, “Times Square Lights”, registrato presso gli studi Produzioni Dada di Salò (Bs).
Il brano “Better Than Myself” viene incluso nella compilation “Riot on Sunset vol.26” dell’etichetta californiana 272 Records.
Nel 2013 esce la prima versione del singolo autoprodotto “The Kids!”, utilizzato come sigla per una trasmissione radio locale. Successivamente, tornano in studio per lavorare al loro primo album elettrico: “All Under Control”, pubblicato nel 2016, insieme al singolo “Better Than Myself”.
Nel 2023, gli Antonio’s Revenge iniziano le registrazioni di un nuovo album, caratterizzato da una nuova direzione musicale pur mantenendo il loro stile distintivo. Dopo un lungo stop a causa della pandemia, nel 2024 tornano con il singolo “Fear Year”, seguito a ottobre dal nuovo singolo “Times Square Lights” e dal secondo album “Kill A Miracle”.
Gli Antonio’s Revenge continuano a evolversi, confermando il loro stile unico che mescola energia rock e testi profondi, mentre la loro nuova musica si prepara a lasciare un’impronta indelebile sulla scena musicale.
Ciao ragazzi, grazie mille per la vostra disponibilità. La prima domanda la dedico sempre allo scoprire come vi siete avvicinati alla musica e come avete capito che questa sarebbe stata la vostra strada…
Ciao Francesca, grazie a te per l’invito e dell’opportunità! È davvero un piacere. La nostra storia con la musica è iniziata tanti anni fa, diciamo ai tempi delle medie e poi del liceo. Siamo cresciuti in pieno periodo rock anni '90, con le sue sfumature grunge, alternative e le influenze che lo avevano reso così unico. È stato un colpo di fulmine: ci siamo trovati immersi in un mondo che ci permetteva di esprimerci davvero. All’inizio erano solo jam session in solitaria, chiusi nelle nostre stanze con una chitarra o un basso, ma poi è diventata una passione che ci ha spinto a condividerla con altri come noi. Così, tra compagni di scuola, sono nate le prime prove insieme, le prime vere band. Quel desiderio di fare musica ci ha portati a formare un gruppo, poi un altro, ad affinarci e a capire che questa era davvero la nostra strada… e come si dice, da lì in poi, il resto è storia!
Ho ascoltato più volte “Times Square Lights” e le emozioni sono state sempre diverse, eppure quella rimasta fissa è stata la sensazione di galleggiare facendosi guidare dalla corrente tra un osare e un rimanere nella comfort zone. La musicalità, le parole, mi hanno come portata in punti diversi del mio essere, per poi tornare “cosciente”. Non sono mai stata a New York, credete che sia più o meno questa la sensazione di ritrovarsi nella città un po’ desiderata da tutti?
È davvero affascinante come hai colto queste emozioni, e ci fa piacere sapere che Times Square Lights ti abbia trasmesso queste sensazioni. La canzone nasce proprio dalle emozioni della mia prima volta a New York. È una città che ti fa sentire piccolo e quasi sperduto all’inizio, con quei grattacieli che sembrano guardarti dall’alto. Appena arrivi, hai la sensazione di essere un estraneo in un posto immenso e quasi travolgente. Ma poi, inaspettatamente, la città comincia a trasformarti. Basta camminare per le strade per sentirti parte di qualcosa di più grande, come se stessi galleggiando in una corrente di energia che ti porta da un’emozione all’altra, tra il desiderio di scoprirla e una sorta di “comfort zone” che si crea passo dopo passo. Dopo qualche giorno, New York ti ha già conquistato, al punto che, quando è il momento di partire, ti rendi conto di aver lasciato lì una parte di cuore. Ci piace pensare che la nostra canzone riesca a ricreare quel viaggio interiore e quell’altalena di emozioni che la città trasmette, facendoti sentire dapprima un osservatore e poi, pian piano, parte di lei.
Vorrei sapeste che quando ho ascoltato “Times Square Lights” per la prima volta mi sono innamorata. Ho proprio avvertito come un pugno tra stomaco e cuore, sensazione che io traduco con l’amore (infatti ho fatto pure un sogno bellissimo la notte stessa, quindi grazie). Voi, invece, che emozioni associate a questo brano? Da quando è stato concepito, poi quando ci avete lavorato e infine quando l’avete ascoltato per la prima volta post produzione.
Wow, le tue parole ci toccano davvero. È incredibile sapere che Times Square Lights ti abbia colpito così profondamente, quasi come un pugno tra stomaco e cuore! Sapere che una nostra canzone ti abbia ispirato persino un sogno è un’emozione indescrivibile per noi. Per quanto riguarda le emozioni che associamo noi al brano, beh, sono tante e stratificate. Anche dopo anni, ogni volta che canto il ritornello mi sale la pelle d’oca. C’è sempre quel misto di nostalgia e orgoglio che si rinnova. La sensazione più intensa l’abbiamo provata quando, la prima volta, abbiamo riascoltato il provino registrato solo chitarra acustica e voce. In quella versione c’era già l’anima della canzone, sebbene fosse ancora grezza e non del tutto “completa”. Era come un primo passo in un lungo cammino. Poi, il brano ha preso vita grazie al contributo di ciascuno di noi; ognuno ha messo un pezzo di sé, arricchendolo fino a farlo diventare quello che è oggi. Abbiamo deciso di reinterpretarlo in chiave elettrica per questo album, ma Times Square Lights esiste già in una versione acustica nel nostro primo EP, di cui portava il titolo. Quell’EP fu registrato e prodotto insieme a Fausto Zanardelli, che oggi conosciamo come parte dei “Coma Cose”; Fausto all’epoca suonava con noi e ha contribuito moltissimo a dare forma a quella prima versione. Questa canzone rappresenta per noi una parte importante del nostro viaggio musicale: l’eccitazione delle prime note, la sensazione di sentirsi a casa tra le melodie, e allo stesso tempo quell’agrodolce che accompagna ogni “arrivederci.” È un po’ come affrontare tutte le difficoltà del percorso, le porte chiuse in faccia, ma trovare sempre la forza di continuare a suonare e credere in quello che facciamo.
Pensando ai vostri artisti (o band) preferiti c’è un filo comune che vi lega, oltre il genere rock, o li vedete lontani da voi come modo di essere?
Certo, ci lega la musica, ma tra noi e i nostri artisti preferiti c’è un abisso. Non ha senso girarci attorno: la realtà è che, sebbene li consideriamo come vecchi amici e sentiamo una connessione profonda con le loro opere, ci troviamo su pianeti diversi. Purtroppo, questo è ciò che la musica riserva ai nuovi emergenti: un muro alto e insuperabile. Il panorama musicale è in continuo fermento, ma è bloccato dal mainstream e dalle limitate opportunità di visibilità. Non sto dicendo che debba essere facile emergere, ma oggi è diventato particolarmente ostico. Le major, spesso, pensano solo in termini economici e non vogliono prendersi rischi. Forse guardiamo a tutto questo con una certa maturità, e le questioni che ci riguardano ci appaiono crude e spietate. C’è un modo per uscirne? Certo! Dobbiamo smettere di cercare a tutti i costi la fama e tornare a suonare per noi stessi e per chi avrà voglia di ascoltarci. La vera essenza della musica è connettersi, condividere emozioni e vivere il momento, indipendentemente dal successo commerciale.
Il rock è il mio genere preferito, perché credo si presti meglio alle sperimentazioni. Quanto vi entusiasma lavorare sui nuovi suoni?
Il nostro entusiasmo per i nuovi suoni è aumentato enormemente da quando Nicola è entrato a far parte del gruppo. Questo ha segnato l’inizio di una nuova era per noi in termini di sonorità. Nicola ha un’attenzione particolare per il gusto e per la “pasta” di ogni suono, e sa esattamente quale timbro scegliere per ogni parte della canzone. Grazie a questo approccio, ci siamo ritrovati in New Life, essenzialmente una ninna nanna, con un fuzz da paura che si staglia come un muro proprio nel bel mezzo della canzone o in Indian Rose con quel “coccodè” impastato e stridulo del riff iniziale che cattura immediatamente l’attenzione. Questa nuova attenzione ai dettagli sonori non era così presente in passato; ci ha proiettati in un’avventura musicale ricca di nuove possibilità. Siamo costantemente alla ricerca di quella pelle d’oca, di quelle emozioni che solo la musica può dare. È proprio vero, questo è il rock!
Qual è la sfida più grande qui in Italia per una band che fa rock e canta in inglese?
La sfida più grande per una band rock che canta in inglese in Italia è sicuramente quella di farsi ascoltare e apprezzare. Fin dall’inizio del nostro progetto musicale, eravamo consapevoli che sarebbe stata una grande soddisfazione riuscire a esprimere i nostri suoni nella loro lingua d’origine. Tuttavia, sapevamo anche che la nostra musica avrebbe avuto difficoltà a emergere in un contesto prevalentemente italiano. Oggi, il panorama culturale e musicale si sta avvicinando all’inglese senza timori, ma per gli artisti italiani sembra esserci ancora una sorta di veto, un divieto non scritto ma che tutti osservano riguardo all’uso della lingua inglese per attirare il pubblico. Questo ha reso la nostra vita più difficile, non solo in termini di visibilità, ma anche in termini di proposta e vendibilità delle date live. Forse è proprio questo che ci piace fare: affrontare le sfide. Ricordo che molti ci hanno chiesto perché non cantassimo in italiano; addirittura, la prima domanda che mi ha posto Red Ronnie più di dieci anni fa durante il nostro concerto al Live Mi! è stata proprio questa. A quella domanda ho risposto: “Perché non in inglese?” Per noi, l’inglese rappresenta un modo per comunicare le nostre emozioni e il messaggio degli Antonio’s Revenge in modo autentico e puro.
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