Tutto parte da molto lontano, fin dal nostro primissimo Natale: le passeggiate per i mercatini, il caldo odore dei dolci natalizi, l’attesa di Babbo Natale, il fascino dei presepi, le luci, canti sommessi, concerti, film, cioccolata…
Che amiamo o no le feste, è impossibile non associare il Natale all’infanzia, alle tradizioni famigliari che sentiamo il bisogno di portare avanti. Perché? Non è certo solo merito della gioia nel ritrovarsi o nell’accendere un sorriso in un bambino… il vero motore portante delle Feste è proprio la nostalgia.
Il termine deriva dal greco nostos (ritorno a casa) e algos (dolore) e fu coniato per la prima volta sul finire del Seicento, dal medico svizzero Johannes Hofer per descrivere quella sensazione ancora senza nome che provavano i mercenari suoi conterranei che, costretti a servire eserciti stranieri lontani da casa, sentivano la mancanza di monti, neve, animali… esatto: come Heidi a Francoforte.
Così quest’emozione che cataloghiamo forse troppo superficialmente come “negativa” altro non è che un miscuglio tra la tristezza e la gioia. Ripensare alla famiglia al completo, ai giorni di vacanza che erano vera vacanza, al divertirsi con poco certo ci fa sorridere, ma ci provoca anche quella stretta al cuore tipica del rimpianto. “Quanto vorrei tornare a quel momento”, ecco quindi che facciamo di tutto per riviverlo: sentiamo l’impulso di tornare bambini, stupiamo per i piccoli miracoli a cui siamo più attenti durante l’Avvento, ma soprattutto sentiamo l’impulso di riunirci con le persone che amiamo.
Studi dimostrano, infatti, che la nostalgia aumenta il senso di appartenenza e il desiderio di connettersi con gli altri. Inoltre questa sensazione può essere un meccanismo di difesa: con l’ansia incombente del nuovo anno, con i propositi, la voglia di cambiare vita, i nuovi inizi… tornare per qualche giorno dove e come tutto è iniziato ci dà quella sensazione di calma e sollievo, il classico conforto che si prova quando riguardiamo per la duecentesima volta la nostra serie tv preferita.
Le tradizioni, soprattutto se ben salde, aumentano questo senso di alleggerimento dallo stress quotidiano, dandoci un senso di stabilità, sicurezza e appartenenza che inevitabilmente ci rendono più felici perché ne stimolano l’ormone: la dopamina. Così come accade per le canzoni natalizie e… il cibo!
Insomma, il Natale è la festa che ci dà sicurezza, è un punto di ristoro in questa vita troppo avara di sentimenti che ci ricorda che in fondo per star bene basta davvero poco. Anche se, come me, ogni 24 dicembre vi svegliate con 38 di febbre!
Dal primo dicembre è un crescendo di immagini evocative, di tradizioni da rispettare, di sorrisi, abbracci, e di allegria.
Ma perché, Grinch o meno, alla fine ci molto vicini al Natale?
Questo periodo dell’anno porta con sé un’antica magia: sa risvegliare ricordi e, se malinconici, riesce a saperli convertire, coinvolgendoci – che lo vogliamo o no – in quella felicità contagiosa fatta di slitte, renne, elfi e brillantini dorati che cadono a pioggia.
Ma perché, Grinch o meno, alla fine ci molto vicini al Natale?
Questo periodo dell’anno porta con sé un’antica magia: sa risvegliare ricordi e, se malinconici, riesce a saperli convertire, coinvolgendoci – che lo vogliamo o no – in quella felicità contagiosa fatta di slitte, renne, elfi e brillantini dorati che cadono a pioggia.
Che amiamo o no le feste, è impossibile non associare il Natale all’infanzia, alle tradizioni famigliari che sentiamo il bisogno di portare avanti. Perché? Non è certo solo merito della gioia nel ritrovarsi o nell’accendere un sorriso in un bambino… il vero motore portante delle Feste è proprio la nostalgia.
Il termine deriva dal greco nostos (ritorno a casa) e algos (dolore) e fu coniato per la prima volta sul finire del Seicento, dal medico svizzero Johannes Hofer per descrivere quella sensazione ancora senza nome che provavano i mercenari suoi conterranei che, costretti a servire eserciti stranieri lontani da casa, sentivano la mancanza di monti, neve, animali… esatto: come Heidi a Francoforte.
Così quest’emozione che cataloghiamo forse troppo superficialmente come “negativa” altro non è che un miscuglio tra la tristezza e la gioia. Ripensare alla famiglia al completo, ai giorni di vacanza che erano vera vacanza, al divertirsi con poco certo ci fa sorridere, ma ci provoca anche quella stretta al cuore tipica del rimpianto. “Quanto vorrei tornare a quel momento”, ecco quindi che facciamo di tutto per riviverlo: sentiamo l’impulso di tornare bambini, stupiamo per i piccoli miracoli a cui siamo più attenti durante l’Avvento, ma soprattutto sentiamo l’impulso di riunirci con le persone che amiamo.
Studi dimostrano, infatti, che la nostalgia aumenta il senso di appartenenza e il desiderio di connettersi con gli altri. Inoltre questa sensazione può essere un meccanismo di difesa: con l’ansia incombente del nuovo anno, con i propositi, la voglia di cambiare vita, i nuovi inizi… tornare per qualche giorno dove e come tutto è iniziato ci dà quella sensazione di calma e sollievo, il classico conforto che si prova quando riguardiamo per la duecentesima volta la nostra serie tv preferita.
Le tradizioni, soprattutto se ben salde, aumentano questo senso di alleggerimento dallo stress quotidiano, dandoci un senso di stabilità, sicurezza e appartenenza che inevitabilmente ci rendono più felici perché ne stimolano l’ormone: la dopamina. Così come accade per le canzoni natalizie e… il cibo!
Insomma, il Natale è la festa che ci dà sicurezza, è un punto di ristoro in questa vita troppo avara di sentimenti che ci ricorda che in fondo per star bene basta davvero poco. Anche se, come me, ogni 24 dicembre vi svegliate con 38 di febbre!
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